La Congregazione delle Suore Orsoline del S. Cuore di Gesù Agonizzante

 

Le COMUNITA' in Italia        RITIRO ANNUALE 2023  Roma, 22 - 27 agosto


25 agosto

 

mattina:

5. Dio conosce i cuori: le chiamate degli apostoli

16 Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori.

17 Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini».

18 E subito lasciarono le reti e lo seguirono.

19 Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti.

20 E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e partirono dietro a lui.

2,14 Passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.

 

Immediatamente prima dei racconti della chiamata dei primi discepoli, le sommarie descrizioni dell’attività pubblica di Gesù (1,14-15 insieme a 1,16-20; 2,13 insieme a 2,14) sottolineano che l’iniziativa di chiamare queste, e non altre persone, appartiene a solo a Lui, il che è espresso direttamente dal verbo “vide”, che è preceduto dai verbi di movimento. Questi verbi di movimento indicano che i chiamati non si sono avvicinati a Gesù, ma Lui è venuto a loro. Le descrizioni della chiamata dei primi discepoli richiamano l’attenzione non sulle persone chiamate, ma sul modo della chiamata. Nelle storie della chiamata si ripetono tre atti del Signore:

a) Prima azione: Gesù non insegna, ma passa lungo il lago di Galilea. Simone e Andrea non si trovano tra gli ascoltatori della predicazione di Gesù, ma sono impegnati a svolgere il loro lavoro ordinario: alcuni gettano le reti, altri le aggiustano; Levi è seduto come banchiere. Tutti hanno quindi una loro professione, un compito da svolgere, non vagano per il mondo senza meta, non sono spiriti inquieti. La loro vicinanza a Gesù non deriva da un interesse per i suoi insegnamenti, né da una ricerca di un senso o di uno stile di vita più pieno. I discepoli si sono trovati vicini a Gesù perché Lui per primo si è avvicinato a loro.

b) Seconda azione: si distinguono perché Gesù li ha visti. Il significato di questa attività va oltre il reperimento o l’osservazione del materiale. Lo dimostra il racconto del battesimo di Gesù nel Giordano, narrato solo pochi versetti prima. Solo Gesù vede “i cieli squarciati e lo Spirito discendere come una colomba su di lui” (1,10). Questa visione non è l’osservazione di un fenomeno atmosferico. L’oggetto soprannaturale della visione indica la natura straordinaria della visione. Così Gesù vede nei discepoli ciò che è invisibile agli altri.

c) Terza azione è la chiamata. Molte persone seguono Gesù (2:15). Lo seguono anche coloro che non sono chiamati personalmente da Lui: accompagnano Gesù per la sua fama (3,7-8), per curiosità (5,24), per gratitudine per la guarigione (10,52; 15,41) o per il compimento delle speranze messianiche riposte in Lui (11,9). In questi casi, le altre persone accompagnano Gesù solo occasionalmente. Tuttavia, esse non appartengono al gruppo dei discepoli permanenti di Gesù. Il rapporto costante con Gesù, invece, non dipende dagli interessi personali, ma dalla sua chiamata. I discepoli non si presentano di propria iniziativa davanti a Gesù, non chiedono di seguirlo. L’unica richiesta del genere – quella del Geraseno guarito (5,18-19) – viene respinta. Seguire Gesù non è una sorta di restituzione del debito di gratitudine per i benefici ricevuti, ma dipende interamente dalla chiamata di Gesù.

La vocazione non dipende dalle qualità personali del chiamato, ma viene da Dio, che conosce e valuta il chiamato secondo criteri che si discostano sensibilmente dai presupposti comunemente accettati dalla gente.

Il giudizio di Dio può anche differire dal giudizio di persone considerate esperte in un determinato campo. Iesse parlò in modo sprezzante dell’uomo che avrebbe dovuto conoscere meglio di tutti perché era suo padre: „Il più piccolo è rimasto, ma è lui che pasce le pecore” (1 Samuele 16:11). Tuttavia, né Iesse né Samuele costituiscono il re-pastore d’Israele, ma solo Dio stesso: „Pascerai il mio popolo, Israele, e sarai un capo su Israele” (2 Samuele 5:2); „Egli scelse Davide suo servo, lo prese dagli ovili e lo condusse dietro alle pecore lattanti per pascere Giacobbe suo popolo e Israele sua eredità” (Salmo 78:70-71). La tipologia biblica tra l’Antico e il Nuovo Testamento è qui chiara. Dio fa di Davide un pastore di Israele da pastore di pecore.

Gesù chiama i pescatori galilei dalla pesca comune alla pesca straordinaria. Queste attività riguardano la chiamata da un’occupazione ordinaria a un nuovo compito. La sua base è la visione di Dio, che è diversa da come la vedono le persone. La nuova missione è presentata dalla metafora delle attività finora svolte dai nominati. Davide è il capo/pastore del popolo (2 Sam7,8); Pietro e gli altri discepoli diventeranno pescatori di uomini (Mc 1,17).

 

Grazie alla chiamata a seguire Gesù, Simone e Andrea, i figli di Zebedeo, e poi Levi, e tanti altri, formano il circolo dei chiamati. La chiamata di Gesù è anche un invito ad entrare nella comunità dei suoi discepoli. Dopo le prime due invocazioni si forma una tale comunità. Non è seguito da persone singole e non imparentate, ma da una comunità di discepoli. La chiamata di Gesù è un invito a stare con Lui ea lasciarsi guidare da Lui insieme agli altri. La chiamata stessa non cambia la natura del convocato. È necessaria una formazione adeguata. Lasciare tutto alle spalle, partire (separarsi) dagli altri e seguire Gesù senza condizioni crea lo spazio per lo sviluppo le azioni ulteriori di Colui che ci chiama.


  

pomeriggio:

6. Cuore aperto di Gesù e la sua contemplazione

L’iniziativa di Gesù riguarda non solo l’inizio della vocazione, ma anche le sue tappe successive: “Allora salì sul monte e chiamò a sé quelli che voleva, ed essi partirono a lui” (Mc 3,13). L’unica causa della scelta è la volontà di Gesù. Chiama solo “quelli che ha voluto”. Gesù non sceglie apostoli già pronti, ma li stabilisce (nel testo greco c’è un verbo che si può tradurre letteralmente: “fa, crea i Dodici”). Quindi abbiamo una nuova creazione, una creazione. Si tratta di un nuovo modo di essere, non di una nuova funzione.

Si dice che “essere” abbia la precedenza su „avere”. La sequela di Gesù si fonda su un analogo primato: la priorità dello „stare con Gesù” rispetto all’„annunciare Gesù”. Questo primato è confermato dalla vocazione dei Dodici. I compiti degli Apostoli sono elencati in un ordine rigorosamente definito: “perché siano con lui, affinché li mandi a predicare [il Vangelo] e perché abbiano il potere di scacciare i demoni” (Mc 3,14-15). Il primo compito, quindi, è stare con Gesù. L’efficienza e l’efficacia dei prossimi due tipi di attività dipendono dall’attuazione del primo compito.

L’unico dei discepoli, il discepolo amato, realizza il primo compito di essere con il Signore fino alla fine, perché rimane con la Madre di Gesù presso la croce. Egli è presente anche all’inizio come alla fine del ministero pubblico del Signore. Infatti, egli appartiene ai discepoli di Giovanni Battista e sente le parole del suo primo maestro:

Il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! (Gv 1,29).

quale peccato si tratta che può essere tolto in cooperazione con lo Spirito Santo?

Il prologo menziona l’ignoranza del Verbo come una mancanza imparagonabile agli altri peccati:

[Il Verbo] Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto (Gv 1,10).

1,25 Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». 26 Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, 27 colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo» (Gv 1,25-27).

La morte di Gesù porta alla testimonianza definitiva allora rimangono da eliminare i singoli peccati (20,22-23).

Il peccato (al singolare) indica quindi l’ignoranza del mondo che non riconobbe la presenza di Dio in mezzo a loro (non riconobbe il Verbo). Gli egiziani non riconobbero la presenza del Signore nei segni adoperati da Mosè. L’ignoranza causò la loro morte.

Prima della partenza degli Israeliti dall’Egitto, Dio ordinò che un agnello senza difetto fosse macellato al tramonto, mangiato la sera e le porte delle case macchiate di sangue (Esodo 12:5-7).

L’associazione tra la designazione di Giovanni su Gesù come l’Agnello di Dio con l’agnello pasquale è sostenuta dalla presentazione della sua morte nell’ora dell’uccisione dell’agnello per la Pasqua. Il giudizio di Gesù è posto nel giorno di preparazione a questa festa (Gv 19,14).

La morte di Gesù è interpretata dall’evangelista come il compimento di tutto fino alla fine nel senso di un olocausto. Significativa è la sequenza parallela delle parole e delle azioni di Gesù e dei segni che le rappresentano:

Sapendo che tutto era già compiuto, perché si compisse la Scrittura, disse: Ho sete! (Gv 19,28);

Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito (Gv 19,30);

33 Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, 34 ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. 35 Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate (Gv 19,33-35).

Un ordine importante, diverso da 1 Gv 5,6:

Egli è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con l’acqua soltanto, ma con l’acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che dà testimonianza, perché lo Spirito è la verità.

La testimonianza della morte di Gesù, fatta dal discepolo amato, sul cuore aperto del Crocifisso sottolinea il pieno compimento della volontà del Padre (Gv 4,34; 5,36; 17,4) e l’amore dei propri fino alla fine (Gv 13,1), senza lasciare nulla di incompiuto, come lasciando nulla per il giorno successivo con un agnello pasquale (Esodo 12,10) e la manna (Esodo 16,19).

Il senso della descrizione degli avvenimenti che seguono immediatamente la morte di Gesù è presentato come un compimento della Scrittura:

Uno dei soldati gli colpì il costato con una lancia, e subito ne uscì sangue ed acqua. Colui che l’ha visto ha testimoniato, e la sua testimonianza è vera. Sa che sta dicendo la verità perché anche tu creda. Questo, infatti, è stato fatto perché si adempisse la Scrittura: “A lui non sarà spezzato alcun osso” (Gv 19,36).  


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