Appunti di un pellegrino: Mkiwa
E’ la prima cosa che si impara giungendo in Africa soprattutto per chi proviene da una civiltà totalmente diversa e da un mondo regolato dagli orologi, dal marcatempo o dai cellulari GSM.
Desideravo da tempo fare un’esperienza in Africa e finalmente ho avuto quest’opportunità grazie alla Comunità delle Suore Orsoline S.C.G.A. che hanno attualmente varie missioni in Tanzania.
Sono stata ospite presso la missione di Mkiwa e per una settimana all’ospedale di Itigi, nel cuore del Paese, ovvero al crocevia della strada internazionale che collega Tanzania, Burundi, Ruanda e Kenia... avete presente l’Africa, è da ripassare un po’ di geografia. E’ la zona più povera del Paese, situata su un altopiano a 1000 metri la cui popolazione, dedita all’agricoltura e alla pastorizia, deve la sua sopravvivenza allo scarso periodo di pioggia di dicembre e gennaio. Arrivati in Africa, se in qualche modo ci si vuol rendere conto della realtà (raccontata da altri o da chi vi sia già stato sembra una favola), bisogna spogliarsi della nostra concezione “tutto uso e consumo” tipica occidentale e lasciarsi andare da ciò che l’ambiente e le persone del posto offrono, che può sembrare davvero poco, ma essenziale.
Essenziale è la seconda parola che ho imparato! Il superfluo, inteso come gesti, parole, beni di consumo che mi circonda nella realtà in cui vivo, in questa povertà, è tutto. E’ impossibile sprecare, se non c’è altro.
Lo stesso
atteggiamento sicuramente si riflette anche in situazioni più drammatiche come
possono esserlo la carestia, la fame, la malattia o la morte. Mi hanno sorpreso
tanto i bambini malati di AIDS delle due comunità di Dodoma (Suore Orsoline e
Suore Adoratrici del Sangue di Cristo): noi adulti eravamo consapevoli e
coscienti del loro stato di malattia, ma in nessun caso questo trapelava dai
loro volti sereni. Il gioco e i banz sono stati il linguaggio universale
con cui abbiamo comunicato (anche grazie all’ausilio del “magico” pallone
e di tanta fantasia!) I bambini sono desiderosi di apprendere, di fare, di
imitare, di imparare il più possibile. Andare a scuola, possedere un quaderno o
una matita è considerato non solo un privilegio, ma un bene prezioso: “il
peso della cultura”!…;infatti non essendoci la televisione e i giornali,
tranne nelle poche e città-villaggio (5 o 6 al più), la scuola è l’unico
luogo dove si possono apprendere notizie che vanno oltre il proprio villaggio.
Ho visitato le capanne , costruite davvero con fango ed acqua ed incredula ho
notato l’arredamento: una zucca per l’acqua, uno sgabello, la legna sotto
una latta, un mwiko (cucchiarella di legno), un letto e due fili di
spago. Il “folletto” sarebbe davvero inutile! Eppure c’è tanta serenità
e l’ospite, nonostante la povertà, è sempre il benvenuto “karibuni”
al posto di offrirgli le poche cose che hanno a disposizione. Grazie al pozzo
della Missione, il villaggio ha la risorsa di acqua che fatta bollire, è
potabile e ciò significa riduzione di malattie e maggiore sopravvivenza per i
bambini, coadiuvata anche dalla campagna di prevenzione che si tiene al
dispensario verso le neo-mamme e le donne in attesa, al fine di seguire lo stato
di salute (peso e crescita) dei bambini fino ai 5 anni.
La terza cosa che ho
imparato è stata che in Africa tutto è di proporzioni gigantesche: le
distanze, il tempo, le piante, i frutti, la forza della preghiera. Ad esempio
la stella di Natale, tipica pianta da appartamento, a Mkiwa è un albero! Ma
nonostante gli incontri ravvicinati con i serpenti, le iene e altre creature
tipiche del posto, nulla mi ha generato un po’ di ansia quanto la mancanza di
luce nei posti bui la sera. L’incognito e il dubbio, soprattutto dell’anima,
creano forti disagi e la Luce illumina e rende tutto più chiaro. Ringrazio la
comunità di Sant’Albina e tutti coloro che generosamente sostengono la Missione e che
mi hanno accompagnato con le loro preghiere in questo mio primo “viaggio in
Tanzania”… l’appuntamento sarà per la prossima… volta.
Marianna Chianese
Scauri, gennaio/febbraio 2003