La Congregazione delle Suore Orsoline del S. Cuore di Gesù Agonizzante

 

Le COMUNITA' in Italia        RITIRO ANNUALE 2022  Roma, 25 - 27 agosto


22 agosto - sera

 


 

INIZIO

 

Ognuno di noi è chiamato questa sera a rifarsi personalmente la grande domanda: ma io perché sono qui questa sera?  Oltre che per riposare, perché dimorare nei pressi di Dio questo è riposare, perché inizio gli esercizi stasera?

 

 

Io sono qui perché ho fatto un incontro, alcuni anni fa. All’inizio non si trattò d’altro che dell’esperienza di un fascino, il fascino di una umanità carica di promessa: una promessa di significato per la vita, promessa di un compito, promessa di un ideale di rendere la vita cento volte più piena e più grande, come dicevo al funerale oggi, di un ideale capace di rendere ragione delle gioie e delle fatiche, della giustizia e dell’ingiustizia, della felicità e dell’infelicità che segnano la mia vita e quella di tutte voi.

 

La mia vita in Cristo non può che essere grande, piena. Quando ho scelto di dedicarmi a Lui è perché ho fatto un incontro che mi ha svelato la pienezza di vita. Come i discepoli: si incollavano a Cristo tanto era uomo-vero, uomo di una pienezza evidente. E a loro volta loro stessi ai compaesani.

 

Questo incontro con Cristo, avvenuto in diverse forme per ciascuno di noi, ci ha immesso in un flusso di vita che ha assunto la forma di una compagnia, questa, una compagnia religiosa.

 

Mi auguro che vi sia stata e ci sia tutt’ora la cura nel valorizzare e far crescere il seme di bene che c’è in ciascuna di voi, nell’impedirci di scandalizzarci di fronte al male di ciascuno e alla personale miseria.

Tutti abbiamo le miserie: lo sguardo sia quello della tenerezza e non della pretesa. Se ho pretese verso le consorelle ho ancora un cammino da fare: Gesù me le ha mandate perché io possa convertirmi. Non sono le altre a dover cambiare, sia chiaro: io ho da cambiare le mie rigidità: tutte siamo in cammino per raggiungerLo.

 

Pensiamo alla nostra storia, se ciascuno si guarda con sincerità, c’è una parola che sicuramente ci viene in mente: “misericordia”.

Misericordia perché se ho capito che ho potuto rimanere fedele a questa storia, fino ad oggi, è stato soprattutto in forza della Sua fedeltà verso di me, fedeltà che ha assunto i connotati dei volti dei tanti compagni di strada che ci sono stati messi accanto da Lui, le consorelle nuove della casa nuova, o comunque le consorelle, i laici che collaborano nei differenti modi presso le nostre strutture, infine gli incontri sporadici con qualche forma di indigenza e povertà. Chiunque nell’accostarmi, per qualsivoglia motivo, è Lui che viene a visitarmi.

 

Misericordia è una parola abissale che bisognerebbe strapparla dal vocabolario, diceva qualche santo, provocatoriamente!

 

Per l’esperienza che io ne ho, misericordia significa questo: noi non siamo l’esito dei nostri calcoli e delle nostre riuscite.

Se qualche anno fa qualcuno mi avesse detto che sarei venuto per la terza volta di seguito a predicare alle suore orsoline mi sarei messo a ridere, non ci avrei creduto.

Ma noi non siamo l’esito dei nostri calcoli: “Ti basti la mia grazia, dice il Signore a san Paolo, la mia potenza infatti si manifesta nella debolezza”.  (2Cor12,9)

 

Permettetemi un altro pensiero: nell’essere qui stasera, a che cosa esattamente ciascuna di noi sta dicendo il suo sì? A che cosa io sto dicendo di sì? A quale “compito”? Mi pare importante dire con chiarezza a tutti nell’iniziare questo gesto, che è il gesto centrale della vostra comunità, queste giornate di silenzio e di preghiera, in che cosa consiste la responsabilità che lo Spirito, attraverso la sua Chiesa, ci affida in questo momento della nostra storia.

 

Ci è chiesto di essere noi stessi fino in fondo, portando la nostra originalità dentro la vita, non solo della nostra Congregazione, ma della Chiesa tutta, vivere dunque sempre di più con questa coscienza.

 

E’ a questo che la Chiesa oggi ci invita a dire un sì.  Noi insieme. E’ solo l’insieme che fa. Dio infatti è là dove c’è unità. E questa è una responsabilità di ciascuno. L’unità prima di tutto, non il mormorio. Dio ci ha dato una responsabilità, a ciascuno la medesima responsabilità. Ed essa è vera quando è obbedienza al fatto che: “Nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi muoriamo, muoriamo per il Signore. Sia che viviamo sia che moriamo siamo dunque del Signore” (Rm 14,7-8).

 

“L’incontro con Cristo cambia la vita” è il titolo di questi esercizi. Da dove può rinascere il nostro entusiasmo per la storia che ci ha preso, da dove può nascere il sì che siamo chiamati a dire, se non dal guardare in faccia a Cristo, se non dal rinnovarsi di quello stupore da cui tutto è cominciato, da cui tutta la nostra/vostra storia è cominciata, cioè dallo stupore di una donna Sr Orsola che ha incontrato Cristo attraverso il volto di tanta gente, l’uomo Gesù di Nazareth visto negli occhi di altre donne e altri uomini.

 

Vorrei aggiungere l’ultima e forse più importante risposta alla domanda fatta in apertura: perché sono qui stasera? Io sono qui per te o Cristo, vita della mia vita. Siamo qui per te, siamo qui per conoscerti di più e per riconoscerti di nuovo.

 

Ci viene chiesto il silenzio. Un silenzio che non ci deve stancare. Deve piuttosto riposarci da un disordine, da un’agitazione di ricerca, da un affanno di pretesa, in cui intorpidiamo la purezza del desiderio profondo e vero del cuore.

 

Chiediamo alla Madonna questo silenzio vero, perché il suo cuore era libero da ogni macchia di peccato, da ogni brama di peccato originale, cioè di possesso autonomo, strappato, afferrato più che accolto del senso e della pienezza della vita.

Il cuore di Maria viveva questo desiderio sempre, in tutto.

 

Per creare in noi il silenzio che domanda, che mendica, in fondo basta un attimo di coscienza della nostra distrazione, della nostra superficialità, che sia un attimo di dolore, come quello vissuto per suor Rosaria, oppure un attimo di umiliazione, come quando Marta si è sentita rimproverata da Gesù che il lei c’era troppo rumore, troppo chiasso, troppa pretesa e agitazione, troppo “sapere già cosa era necessario”.

 

Ecco questo è il punto: Manchiamo di silenzio, di ascolto e di desiderio quando in noi domina la pretesa di sapere già ciò che è necessario. È la pretesa di vivere sapendo già quello che ci basta, ciò che basta a me e a tutti, o magari a me senza tutti.

 

Abbiamo bisogno del silenzio per accogliere fino in fondo la presenza di Cristo, che ci ha già raggiunti al punto di stare lì seduto in casa nostra a parlare, al punto di essere lì ad aspettare come di cenare con noi, ad aspettare di condividere con noi quanto gli stiamo preparando e al punto di passare la notte a casa nostra perché ha bisogno di riposarsi.

 

E ci è amico. Apprezza così tanto la nostra compagnia da aver scelto la nostra casa, la nostra vita, il nostro cuore per riposarsi nel corso della sua missione di salvezza del mondo intero.

 

Viene a riposarsi a casa mia. Capite di cosa grande si tratta? Di che cosa incredibile si tratta?

 

 

·       Sono consapevole che il Signore mi cerca?

·       Sono convinta che il Signore mi preferisce?

·       In che modo, attraverso i volti umani, mi ha regalato il segno della sua preferenza?

·       Quando, in modo evidente, mi sono resa conto: che avevo davanti il Signore attraverso l’altro?

·       Oppure, in negativo, sono così intristita che non mi rendo conto che lui mi viene incontro?

·       Sono in particolare difficoltà e stanchezza che una cosa vale l’altra e non ho preferenza in niente e non ho più entusiasmo e nemmeno sono più interessata a nulla? Come fa lui a farsi sentire se sono così scarica? Eppure lui ti chiama, presta ascolto: guardati attorno.

 


 

...un ARRIVEDERCI...

a suor Rosaria

 

   

LA SANTA MESSA FUNEBRE

22.08.2022 - ore 14.30

nella cappella delle Casa Generalizia in Via del Casaletto, 557

CERIMONIA DI SEPOLTURA

 27.08.2022 - ore 8.30

nel Cimitero di Prima Porta a Roma

   

 

 

 

 

 

RITIRI ANNUALI