La Congregazione delle Suore Orsoline del S. Cuore di Gesù Agonizzante

 

             M. Franciszka Popiel (1955-1963)


   Come ho già scritto nella mia prima lettera, del 31 luglio u.s., giorno della chiusura del XVI Capitolo Generale, il Capitolo ha deliberato tra l’altro, all’unanimità, che l’anno 2013/2014 sia vissuto nelle nostre comunità come l’Anno di Madre Francesca Popiel. Il motivo non è soltanto il fatto che il 16 agosto u. s. si sono compiuti cinquant’anni dalla sua improvvisa morte nell’incidente stradale nei pressi della località Września; ma era il desiderio di numerose suore che hanno conosciuto personalmente la Madre, e anche di quelle che la “conobbero” spiritualmente dalle lettere e dai ricordi di lei, non solo per onorare in modo particolare tali ricordi, ma per attingere dal suo spirito, dalla sua personalità e dalla sua vita, un magnifico esempio di realizzazione della vocazione di orsolina grigia. Abbiamo inaugurato l’Anno di Madre Popiel il 16 agosto u. s., a Węgierki, proprio dove è accaduto l’incidente, ricordato da una pietra, dove si è recato con il pullman il pellegrinaggio delle suore di Pniewy; anche lì, e la sera poi, al cimitero di Pniewy, abbiamo potuto ascoltare la relazione di sr. Bernadetta Sobczak e di sr. Agnes Masłowska che viaggiavano insieme alla Madre; attraverso la lettura dei testi abbiamo potuto anche metterci in ascolto delle parole della Madre ed unirci in preghiera intorno a Lei. Ci rallegra anche il fatto che erano con noi alcune nipoti di madre Francesca, le quali hanno accettato con commozione la nostra iniziativa.

Propongo che quest’Anno speciale sia vissuto, come ogni Giubileo, in spirito di rendimento di grazie. Ringraziamo Dio per averci donato madre Francesca Popiel, per il suo contributo all’edificazione della nostra Congregazione, per l’ardore della sua vita spirituale, che irradiava non soltanto sulla nostra Famiglia religiosa, ma su numerose congregazioni in Polonia e non solo là. Esprimiamo il nostro grazie per la sua semplicità e naturalezza, come san Francesco, che aiutava a scorgere la bellezza della vita umana in ogni dimensione di essa. Subito dopo la sua morte, una delle suore, scrisse così: “Madre Francesca ci ha lasciato l’esempio di un’autentica santità di orsolina, umile, quotidiana e perseverante sino alla fine. Tale esempio è per noi impegnativo - in un certo senso è la continuazione di ciò che ci diede la Madre Fondatrice. È l’applicazione dello spirito della Fondatrice nelle condizioni in cui viviamo in questo momento”. (M. Franciszka Sagun, Varsavia, 26 agosto 2013 )


nr. 3 / FEBBRAIO: Incontro con Madre Franciszka Popiel - l' impegno per Dio


Don Alfons Chmielowiec

Cominciò a moltiplicare i miei impegni

Incontrai m. Francesca Popiel nel settembre del 1948, quando giunsi a Pniewy per prendere il posto di cappellano nella casa di Pniewy. È vero che come superiora trovai lì sr Prądzyńska, ma tutti ormai erano informati che stava per lasciare il posto di superiora e sr Łęska vi sarebbe subentrata. Poiché, tuttavia sr Łęska era di cagionevole salute, avrebbe dovuto ricevere una giovane ed energica assistente, nella persona di sr Francesca Popiel. Infatti, tutte le questioni riguardanti la casa di Pniewy, venivano sbrigate autonomamente da sr Popiel, che in questo era molto esperta, poiché per diversi anni aveva svolto l’incarico di superiora e di direttrice nella casa religiosa di Kielce.

Il mio lavoro nella casa “Sant’Olaf” comprendeva quasi due settori separati: l’incarico di cappellano con tutti gli impegni ad esso uniti e l’incarico di docente di religione nella scuola gestita dalle suore orsoline ed anche nel liceo in città. I miei contatti con sr Popiel erano limitati al primo settore. Sr Popiel era responsabile della cappella, perciò tutte le questioni collegate con il mio ministero come cappellano, dovevano necessariamente portare a frequenti incontri. Nelle case religiose, il cappellano non ha potere di rettore della cappella, tutta la gestione della cappella e la responsabilità per essa, spetta alla Congregazione. Sr Popiel ne era incaricata dalla Congregazione ed era per questo motivo che ero solito chiamarla, scherzosamente, il mio “parroco”, e lei mi chiamava il suo “vice parroco”. Entrava da me di corsa, per comunicarmi una disposizione nuova o un desiderio nuovo. Però – se ero io a toccare qualche problema di natura generale, riguardante la Chiesa o la vita religiosa, dimenticava la fretta e facilmente si lasciava coinvolgere in una discussione più lunga. Si vedeva che per lei furono temi molto importanti. Quei colloqui, da me di proposito iniziati, furono quasi una canna da pesca con cui si lasciava “pescare” e in tal caso, i pochi minuti annunziati prima, si prolungavano fino a quando si presentava una cliente impazientita e “tirava” fuori sr Popiel. Ho un ricordo molto bello di quelle conversazioni, poiché aprivano dinanzi a me delle prospettive completamente nuove, a me sconosciute, che per me erano molto istruttive. In precedenza mi trovavo in una stretta cerchia di problemi scolastici che al di fuori delle lezioni a scuola, mi interessavano poco. Allora i mezzi di comunicazione erano molto pochi, la stampa e i libri avevano poco da dire riguardo ai problemi che agitavano la Chiesa, di conseguenza ne sapevo poco. Sr Popiel, invece, era molto addentro in tutte queste problematiche, in modo che dai colloqui con lei, traevo molto profitto, sia per il mio sapere e il mio orientamento intellettuale, sia per l’approfondimento della mia vita spirituale. Una fede, profonda, semplice e viva, che irradiava da ogni sua parola, la sua straordinaria semplicità e modestia erano così stupende, che al termine di ogni colloquio, mi vergognavo profondamente del mio primitivismo spirituale e mi sentivo stimolato a fare qualcosa, per correggere questo mio stato, per approfondire la mia vita spirituale.

I suddetti colloqui mi offrivano anche la possibilità di conoscere più a fondo l’anima di sr Popiel. Proprio da queste conversazioni conobbi la sua dedizione alla Congregazione; come le stava a cuore che essa rimanesse fedele allo spirito di madre Ledóchowska! Sr Popiel non era affatto un tipo sentimentale. Mai sentii dalla sua bocca parole che intenerissero, parlando di “Matuchna”, d’altronde, da ogni sua parola, si intuiva che viveva in pieno lo spirito della Fondatrice. Giungevano a volte alle mie orecchie alcune obiezioni nei riguardi di sr Popiel, cioè che essa stesse introducendo degli elementi francescani nella spiritualità delle orsoline, che cercasse di spostare lo sviluppo della Congregazione, su dei binari nuovi, estranei allo spirito di madre Ledóchowska. Furono tuttavia delle obiezioni molto banali e superficiali, poiché i binari sui quali sr Popiel stava portando la Congregazione, non erano tanto francescani quanto evangelici e questi ultimi certamente non erano estranei allo spirito della Fondatrice. Di che si trattava? Della semplicità della vita, della naturalezza e della sincerità, e specialmente dell’amore fraterno e l’unità nella Congregazione. Infatti, più di tutto, le stava a cuore l’unità della Congregazione. Accettava che ci fossero due cori, ma lo percepiva come un anacronismo e perciò si adoperava affinché nella vita interna della Congregazione questo fatto venisse cancellato da un profondo amore fraterno. Le faceva molto male se si sottolineavano le differenze. Ricordo il mio colloquio con sr Popiel su questo tema, provocato da un’espressione inopportuna di una delle suore. Si trattò di questo: alla mia domanda, rivolta ad una suora di secondo coro, riguardo a chi sarebbe andato ai funerali del card. Hlond, la suora mi rispose: “Andranno alcune suore del primo coro e alcune nostre”. La parola “nostre” fece rimanere molto male sr Popiel, poiché riteneva che in una Congregazione non ci dovrebbero essere delle suore “nostre” e quelle “non nostre”. Tutte sono suore della stessa Congregazione. Lei stessa, il più spesso e più volentieri, stava con le suore converse, condivideva i loro lavori e le loro fatiche, perché desiderava che tutte si sentissero una cosa sola.

Un’altra causa, di cui viveva sr Popiel, era la Chiesa. Chiunque abbia avuto dei contatti con madre Francesca, sa bene, come era dedita a questa causa, come letteralmente si consumava nella sollecitudine per alzare nel Paese il livello della vita dello spirito. Questo interesse nella vita della Chiesa mi aveva colpito già nelle mie prime conversazioni con sr Popiel. Naturalmente, durante i primi anni a Pniewy, come una modesta assistente della superiora, non aveva grande possibilità di lavorare per tutta la Chiesa. Lo fece dopo, quando divenne superiora generale della Congregazione. Tuttavia, già prima, in quei primi anni, si vedeva come profondamente intendeva il dogma della Chiesa. A quei nostri colloqui sul tema della Chiesa, anch’io devo il mio interesse nella dottrina della Chiesa e sulla Chiesa e il mio approfondimento nella teologia. Sr Popiel, infatti, cominciò a coinvolgermi nei suoi impegni. Una volta, dissi, senza pensarci molto, che a dir il vero ho poco da fare a Pniewy, poiché quelle poche ore di lezioni settimanali e un’omelia la settimana, era per me troppo poco. Sr Popiel prese sul serio quelle mie parole e cominciò a moltiplicare i miei impegni. Infatti, mi coinvolse nei suoi tentativi miranti ad alzare il livello spirituale e quello intellettuale delle suore. Verso la fine del mese di ottobre 1948, mi annunziò di aver intenzione di organizzare per le suore più anziane un corso di rinnovamento e mi chiese di aprirlo e di chiuderlo con una giornata di ritiro. Fu per me una sorpresa, poiché non avevo mai lavorato tra le suore e non avevo una vaga idea come accingermi a questo. Con l’aiuto di Dio cominciai a prepararmi e, con mio grande stupore, sia sr Popiel sia le partecipanti, rimasero contente delle conferenze. Così iniziò la mia collaborazione con l’assistente, nel campo del rinnovamento, poiché questo primo corso non fu l’ultimo. Da allora, quasi ogni anno, sr Popiel organizzava i nuovi corsi di rinnovamento, ogni volta per un altro gruppo di religiose, facendole venire da altre comunità e io dovevo aprire e chiudere ogni corso. Si era talmente abituata a questo, che perfino neppure mi domandava se volevo e se ero d’accordo, ma semplicemente mi comunicava la data della successiva “probazione” e in ciò era implicito che dovevo preparare la giornata di ritiro. Partecipava anche attivamente in tutte quelle giornate di ritiro e, a volte, mi dava i dati generali riguardanti il gruppo delle suore che avrebbero dovuto partecipare, a volte, suggeriva la tematica o almeno alcuni pensieri e al termine, condivideva con me le proprie riflessioni e osservazioni. In questo modo, senza volere, grazie a sr Popiel, dovetti interessarmi dell’ascetica della vita religiosa, leggere dei libri spirituali, approfondire la mia vita di preghiera. Si vede che aveva ritenuto che avevo fatto sufficienti progressi in questo campo, poiché mi indusse ad accettare l’incarico di confessore trimestrale per le suore della comunità di Brody.

La nostra collaborazione nel campo della liturgia si presentava un po’ peggio. Io non avevo, e finora non possiedo un particolare interesse per questa materia. Conosco soltanto lo stretto necessario, per celebrare correttamente la santa Messa e altre funzioni liturgiche. Sr Popiel, invece, istruita in Belgio e avendo mantenuto le relazioni con il centro benedettino, era una propagatrice zelante del movimento liturgico sul terreno di Pniewy. Introdusse, ogni domenica, le messe gregoriane cantate e mi costrinse ad imparare tutte quelle messe che cantavano le suore. Dal seminario, conoscevo soltanto la quarta messa gregoriana cantata, e a Pniewy si cantavano quasi tutte quelle che si trovano nell’innario. Non fu facile per me imparare quelle cose, non possiedo infatti un buon orecchio per la musica, ma mi fu difficile resistere all’entusiasmo e allo zelo di sr Popiel. Oltre alla liturgia connessa con la messa, dovetti ancora imparare la Compieta cantata in polacco ogni domenica.

Dopo un anno di collaborazione con sr Popiel, fui costretto a lasciare Pniewy per un certo periodo di tempo. Ufficialmente avevo presentato questa necessità per motivi di salute. Difatti, nessuno conosceva il vero motivo della mia partenza, eccettuato il parroco locale, mons. Matuszczak, e sr Popiel, la quale seppe discretamente mantenere il segreto, perfino davanti alle persone più vicine, nonostante il fatto che aiutandomi nella partenza, correva il rischio di eventuali dispiaceri.

Al ritorno dalle mie vacanze, durante quasi un anno, trovai molto cambiate le relazioni nella casa di Pniewy. Nel frattempo, alle suore venne tolto tutto il loro patrimonio: la terra, il bestiame ed altri beni mobili ed immobili di loro proprietà. Nella fattoria giravano e governavano persone estranee, in maggioranza gli uomini e le suore, per avere di che vivere si presentarono per lavorare come braccianti nell’Azienda Agricola Statale. A quel lavoro si offrirono come volontarie le suore di secondo coro, ma insieme a loro, si offrì volontaria anche l’assistente di casa e prefetta, sr. Popiel. Lavorò come semplice operaia al pari delle altre. Nel tempo di cosiddetto ‘grande giorno’, vuol dire nel periodo estivo, le suore dovevano alzarsi già alle 4 del mattino. Prima di recarsi al lavoro, bisognava adempiere tutti gli obblighi della vita religiosa: le preghiere del mattino, la meditazione, la santa Messa e per mettere in pratica tutto questo, le suore si alzavano alle ore 4 del mattino. Sr Popiel si alzava una mezz’ora prima, dunque alle ore 3:30, svegliava le suore, preparava la cappella per la messa, e poi per tutto il giorno lavorava pesantemente nei campi. Aveva le mani indurite dal pesante lavoro, dalle labbra spaccate dal sole a volte stillava il sangue. Questo durò quattro anni e mezzo, finché non si ritirò da quel lavoro, su esplicito ordine di madre Rodziewicz.

Alcuni giudicavano criticamente questo passo di sr Popiel, ritenevano, che sprecava inutilmente le proprie forze e la propria salute, su un terreno a lei non adatto, poiché il lavoro nell’Azienda Agricola Statale poteva essere fatto da qualunque altra religiosa e invece di lei, c’era bisogno altrove, dove essa sarebbe in posto giusto. Io, tuttavia, non penso, che queste voci di critica fossero giustificate. Sr Popiel conosceva bene sia le persone dell’altra parte della barricata, che la psicologia delle sue suore e sapeva che la sua presenza le avrebbe protetto contro numerosi dispiaceri e cattiverie da parte dei laici, perciò avrebbe dato un senso di sicurezza e di forza. E non sbagliava. C’erano, infatti, diversi tentativi miranti ad indebolire nelle suore lo spirito religioso. All’inizio si cercò di costringere le suore a togliere l’abito religioso e a indossare durante il lavoro le tute da lavoro maschili, ma il loro fermo atteggiamento, ispirato da sr Popiel, vanificò ogni sforzo rivolto in questa direzione. In seguito si cerò di dividere il gruppo di suore e di metterle insieme con i laici, ma anche qui, l’atteggiamento di sr Popiel, la sua serietà personale, indussero la direzione dell’Azienda Agricola Statale a rinunciare a tali iniziative. Alcuni mesi dopo ci fu nuovamente un tentativo di indebolire moralmente le suore, destando in loro l’avidità. In precedenza la paga per il lavoro delle suore veniva riscossa a loro nome e per loro autorizzazione, da sr Popiel. Venne emanata la disposizione che ogni suora doveva riscuotere personalmente la paga a lei dovuta. Una domenica, andò a questo scopo, nella casa delle suore, una donna che avrebbe dovuto consegnare la paga. Chiamò per nome ogni suora e le consegnò la cifra guadagnata, aggiungendo un commento, tipo: “Quanto lei ha guadagnato, come sarà ricca lei adesso!”, e simili. Si voleva in questo modo destare nelle anime delle suore l’avidità oppure l’invidia, poiché i guadagni non erano uguali. Di nuovo, l’atteggiamento delle suore, organizzate da sr Popiel, fu tale, che la suddetta signora non fu in grado di portare a termine la sua opera, ma chiese a sr Popiel di sostituirla, e lasciò la casa quanto prima.

Questi pochi casi da me conosciuti, e certamente, ce n’erano più numerosi, testimoniano con chiarezza, che il lavoro di sr Popiel nell’Azienda Agricola Statale, non era una specie di donchisciottismo, ma era necessario al bene spirituale delle suore, e da parte sua costituì un sacrificio consapevole e programmato.

Occupata per tutto il giorno di lavoro nell’azienda agricola, non perdeva affatto il contatto con la casa religiosa e con tutto ciò che vi avveniva. Così, sostituendo la superiora malata, dovette assumere la sollecitudine per gli affari correnti della casa, e in modo particolare quella per il bene spirituale e morale delle suore. Oltre a far venire a Pniewy predicatori di conferenze e docenti sempre nuovi, si adoperò affinché le suore potessero avere un costante perfezionamento religioso. Nel 1951, venne da me insieme alla madre Rodziewicz, con la proposta di organizzare a Pniewy un permanente perfezionamento per le suore, sul modello degli istituti di Cultura Religiosa, esistenti nelle città. Non ero molto convinto a questo riguardo, ma, sotto la pressione delle richieste da parte di sr Popiel, acconsentii a tenere, stabilmente, lezioni di catechismo a livello di settima elementare. Avevo preparato il programma distribuito in due anni e, dopo averlo concordato con sr Popiel, iniziai l’insegnamento. Con il trascorrere del tempo, il programma si espandeva sempre più, fino a comprendere, quasi per intero, il programma teologico, semplificato in modo opportuno. Era frutto della collaborazione con sr Popiel. Dopo ogni lezione domenicale, sr Popiel discuteva con le suore, durante il lavoro dei campi o in altre occasioni, le lezioni ascoltate. Verificava come reagivano, in che grado le comprendevano, che cosa desideravano, e dopo, nel colloquio con me, presentava le proprie proposte che miravano al perfezionamento del programma, incoraggiava al lavoro ulteriore e forniva le letture adatte. Grazie a questa collaborazione, il perfezionamento religioso delle suore di Pniewy, comprese un vasto ambito e anticipò, sotto questo aspetto, l’iniziativa dell’Ufficio per i Religiosi, presso il Segretariato del primate di Polonia.

Sr Popiel non si limitò alla casa di Pniewy. Già nell’anno 1954, quando divenne superiora del centro di Pniewy, mi impose lo stesso lavoro a Sokolniki. Ho detto: “Mi impose”, poiché non avevo grande voglia di farlo. Tuttavia, lei sapeva chiedere in un modo che non era possibile dirle di no. Prima ancora di spiegarmi di che cosa si trattava, mi faceva promettere, di non rifiutare la sua richiesta. Così, da allora fino ad oggi, mi reco a Sokolniki, e continuo ad insegnare alle suore di quella casa. Con il passar del tempo assunsi lì anche l’incarico di confessore ordinario. Coinvolgendomi nelle confessioni delle suore, sr Popiel mi rese possibile di partecipare ai corsi destinati ai confessori delle religiose, organizzati da mons. Słomkowski, a Częstochowa e a Lublin.

Nellanno 1955 muore madre Rodziewicz. È difficile non menzionare qui la vera commovente premura che sr Popiel, come superiora locale, dedicò alla superiora generale morente.

Dopo i funerali di madre Rodziewicz, per disposizione della vicaria, sr Popiel si sottopose ad un serio intervento chirurgico. Poiché proprio allora, al seminario maggiore di Poznań, stavano terminando gli esercizi spirituali per i sacerdoti, avevo deciso di cogliere l’occasione per visitare la malata all’ospedale. Era appena il secondo giorno dopo l’intervento. La suora soffriva molto, lo si vedeva sul suo volto, e tuttavia, perfino allora, non perse la sua serenità e l’entusiasmo con cui parlava di chi la circondava e della loro bontà. Tornata a casa, raccontava con umorismo, come l’era mancato poco per morire, ma che aveva recuperato la salute perché, si vedeva che ancora non era abbastanza matura.

Nel dicembre del 1955 venne eletta superiora generale della Congregazione delle Suore Orsoline SCGA. Da quel momento, i miei contatti con sr Popiel, necessariamente dovettero indebolirsi. La Madre soggiornava molto spesso fuori di Pniewy. Tuttavia, ogni volta che vi tornava, non trascurava di venire a trovare il cappellano e di informarlo di tutti problemi più importanti riguardanti la Chiesa e, cosa che per me era enormemente importante – fornirlo delle recentissime pubblicazioni teologiche, pubblicate di solito in Francia.

Non smise di interessarsi della casa di Pniewy. Dietro la sua richiesta si presentò a Pniewy mons. Słomkowski, per istituire un nuovo corso di studi per perfezionare l’istruzione delle suore di coro. Avevo sentito che, oltre Pniewy, per le suore orsoline, dei simili centri di studi dovevano sorgere ancora a Varsavia e a Łódź. Come docenti dovevano essere invitati alcuni professori di teologia. Su proposta di madre Popiel, venni scelto per l’insegnamento di storia della Chiesa, che iniziò con grande slancio, purtroppo, finì con un corso annuale di filosofia, fatto dal prof. Don Kowalewski di Poznań e il biennio di lezioni di storia della Chiesa insegnato da me.

Non mi interessavo dell’attività della Madre su un terreno più ampio. Sapevo tuttavia che si impegnava in tutte le iniziative che miravano a ravvivare la vita religiosa in Polonia. Occupandosi dei problemi generali della Chiesa e degli ordini religiosi, non cessava di servire la propria Congregazione, che era sempre la più cara al suo cuore. Di particolare sollecitudine circondava la casa madre di Pniewy. Qui tornava più spesso e più volentieri, e la casa gioiva e si animava nei giorni della sua presenza. Ciò si notava facilmente dalla luminosa espressione dei volti delle suore. Naturalmente, come una persona esterna alla Congregazione, non potevo vedere né valutare il lavoro della Madre e il suo rapporto con le suore, ma ogni volta che lei vi tornava, potevo sentire il palpito di una vita animata. Si capiva subito che a casa era tornata la Madre.

Ma queste sono soltanto delle osservazioni e impressioni secondarie. Posso invece parlare di ciò che vedevo e sperimentavo direttamente. Qui, al primo piano metterei il suo ascendente sulle giovani dell’istituto scolastico. Le ragazze che abitavano nel convitto delle orsoline a Pniewy erano autenticamente conquistate dalla semplicità, dalla sincerità e naturalezza della Madre. Conquistava i cuori di tutte loro. Perciò, i particolari giorni come l’onomastico della Madre, venivano celebrati nella scuola con vivacità e ardore. Una ricreazione con la Madre, era per le ragazze un premio enorme. Anche a lei piacevano quegli incontri con le giovani e le offrivano un grande influsso sulle ragazze. Una cosa interessante: alla Madre si affezionavano dei tipi d’altronde molto difficili e non molto accessibili alle educatrici. La Madre, grazie ad un sesto senso, se la cavava perfettamente con esse.

Ricordo madre Francesca con somma gratitudine e venerazione e ogni giorno prego per la pace della sua anima, sebbene forse piuttosto si dovrebbe pregare per la sua intercessione presso Dio, poiché un’anima così dedita a Dio, così profondamente umile e pia, si trova certamente al cospetto del Divino Sposo.

Ho menzionato l’umiltà perché mi sembra che tra tutte le virtù della Madre, forse questa cadeva sotto gli occhi più di tutte. Ricordo un evento, che mette molto in rilievo proprio l’umiltà: quando giunse la notizia della malattia del Santo Padre Pio XII, la Madre venne da me con la richiesta di celebrare la santa Messa per lui. Dato che era un sabato ed io, ormai da un certo tempo, tutti i sabati offrivo la Messa per un’intenzione particolare, rifiutai di celebrare la Messa per il papa. Lei, senza darmela vinta, dopo un attimo venne nuovamente a rinnovare la sua richiesta. Al mio secondo rifiuto si irritò e mi rispose male. Non passò tuttavia una mezz’ora, che si presentò per la terza volta; questa volta, tuttavia, era molto pentita e con grande umiltà mi chiese scusa per quanto aveva detto prima. Con ciò mi disarmò totalmente e allora, sebbene a nessuno non avessi svelato le intenzioni delle mie Messe di sabato, dissi tutto a lei, ammirato dalla sua disarmante umiltà. Forse più ancora dell’umiltà, incantava la sua fede da bambina. Madre Francesca non fu una persona di facile devozione, quella che spesso si incontra nelle donne. Era molto pia, con la pietà di un bambino o di una semplice contadina e allo stesso tempo, era una persona che con ardore cercava di approfondire la sua fede, la espandeva, la difendeva. Le mie conversazioni, a volte lunghe, con m. Popiel su questo tema, mi portarono a queste conclusioni. Una volta, in un colloquio sul tema dei confessori mi disse di non sopportare i confessori, i quali, invece di ammonirla con ferme parole, cercavano ancora di consolarla o di tranquillizzarla, dicendo che i suoi peccati non erano talmente gravi, e simili. “Una persona fa tanta fatica, per avere il necessario pentimento e per umiliarsi, e qui il confessore cerca di distruggermi tutto questo e mi consola, che sono sufficientemente buona. In tal caso preferisco le parole dure”.

Il cammino di madre Popiel verso Dio era attraverso la porta stretta e sul sentiero di spine. Percorreva la via scelta da lei stessa, oppure quella su cui l’aveva introdotta il Signore stesso. Su quel cammino la distingueva la sensibilità e la fedeltà di una persona appartenente a Dio.

Non posso far a meno di menzionare qui il ruolo della Madre nella peregrinazione dell’Immagine di Jasna Góra a Pniewy. Nell’anno 1962, il mese di dicembre, come tutto l’autunno, furono molto tristi a Pniewy. Il sequestro della scuola, vanto e motivo di meritato orgoglio di tutta la Congregazione, la depravazione della gioventù da parte delle nuove autorità scolastiche, che si manifestava anche col disprezzo delle pratiche religiose e dello studio della religione e in diverse altre malefatte, di cui spaventose notizie giungevano alle suore, deprimevano tutti. Perfino gli echi dei lavori della prima sessione del Concilio Vaticano II, non potevano diradare quella pesante atmosfera. Ed ecco, la Madre porta in questa atmosfera una notizia gioiosa, che per le feste la nostra cappella avrebbe ospitato la copia dell’Immagine miracolosa della Madonna di Częstochowa, che stava visitando le diocesi e le parrocchie polacche. La gioia delle suore da ciò provocata fu tale da penetrare nel cuore di tutti, tuttavia questo fatto doveva rimanere un segreto, di cui nessun estraneo alla casa religiosa doveva essere informato. Tutti vivevano di quest’unico pensiero: la Madonna viene da noi. La sera della vigilia di Natale, la Madre generale entrò di corsa soltanto nella casa “Assisi”, dove si stava svolgendo il cenone, per spezzare con noi il pane bianco di Natale, poiché doveva subito partire per Skwierzyna, per prendere l’Immagine. Per tutto il tempo della presenza di questa, a Pniewy, la Madre presiedeva a tutte le preghiere e le adorazioni. Quanto grati eravamo tutti a lei di averci organizzato un così gioioso Natale! Ma forse la più felice e la più gioiosa era lei stessa, se ancora dopo le feste, come aveva ricordato nel suo elogio funebre, mons. Dąbrowski, gli aveva raccontato con l’entusiasmo gli avvenimenti che ebbero luogo a Pniewy durante le Feste.

La morte di madre Popiel fu per tutti un colpo doloroso. Lo fu, prima di tutto per la Congregazione, così giustamente orgogliosa della sua Madre, che univa con lei tante speranze. Era stato un colpo, come disse mons. Dąbrowski, anche per la Chiesa in Polonia, la quale nella sua persona aveva perduto una delle sue più fervide collaboratrici. Quella morte fu un colpo non meno duro per tutti noi, uniti dal destino con la Congregazione delle Suore Orsoline SCGA e cui era stato dato di conoscere questa figura raggiante.

Queste mie modeste parole siano l’omaggio di un uomo, che pur essendo superiore alla Madre per l’età e per la dignità sacerdotale, confessa umilmente, che nella propria formazione spirituale, dopo il suo padre spirituale nel Seminario Maggiore di Przemyśl, deve di più all’influenza esercitata dall’umile serva del Signore, madre Francesca.

Otorowo, 28 marzo 1965


il Programma annuale del lavoro spirituale