La Congregazione delle Suore Orsoline del S. Cuore di Gesù Agonizzante

 

Comunità di Matrice (1955-1971)


   

1957 - Madre Francesca Popiel  con alcuni bambini di Matrice


Le Orsoline

L’avventura italiana delle Orsoline iniziò nel 1928 sotto la spinta dell’invito evangelico: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Gv. 15,16)

La Madre Fondatrice Orsola Ledòchowska (canonizzata dal Papa Giovanni Paolo II nel 2003) aveva voluto questo progetto e così, dalla lontana Polonia, le Suore Orsoline arrivarono in Italia a Roma, ma a Matrice giunsero solo nel 1955.

Erano state invitate dal Sacerdote Don Graziano Farinacci,[1] come aiuto alla parrocchia e giunsero a Matrice le prime quattro suore; due italiane: Suor Farnetani e Suor Cecilia e due polacche: Suor Paola e Suor Luzzilla (o Lucilla). 

 

Le suore orsoline a Matrice

in alto da sinistra:

 sr.Paola Goldman, sr.Cristina Turri, Madre Francesca Popiel, sr.Lucylla Gruszczynska

in basso da sinistra:

sr. Scolastica Soave, sr.Cecilia Di Clemente.

 

Esse iniziarono il loro apostolato, invitando quei ragazzi matriciani, che al mattino frequentavano le scuole e al pomeriggio erano liberi, perché i loro genitori non avevano urgente bisogno del loro aiuto in campagna o non avevano greggi da portare al pascolo.

I ragazzi furono subito attratti dai sorrisi e dalla giovialità che queste suore sprigionavano dai loro volti; la gioia era spontanea in loro, perché carisma della loro Madre Fondatrice.

Le Suore Orsoline passarono poi ad un servizio che fu veramente innovativo, in un paese dove anche le donne erano occupate nei campi; poche di loro, infatti, restavano a casa; dopo i primi mesi di allattamento, la donna matriciana era costretta ad andare nei campi e portarsi dietro, nella culla, il neonato e, tra un lavoro e l’altro, prendeva una pausa per allattare il piccolo, che quieto dormiva nella culla di legno, poggiata sotto un albero, al riparo dalla calura estiva.

Quando il bambino era più grandicello e nei campi avrebbe dato più fastidio, perché non era possibile tenerlo immobilizzato e fermo, veniva portato da “Z Flumen Fascian”, una donna che non si era sposata, non aveva campi da coltivare e si era inventato un lavoro allora originale: accudire i figli degli altri. Chi passava allora vicino alla Chiesa di Sant’Antonio poteva sentire qualche pianto o il vociare di bimbi, perché “Z Flumen” abitava proprio lì vicino, ma di bambini ne poteva accudire solo cinque o sei ed è per questo che il servizio delle Suore Orsoline fu ben accolto dalle mamme matriciane, che cominciarono a portare i loro bambini in Via XXIV Maggio, dove le Suore avevano istituito l’asilo.

 

 

 

Da allora, l’opera delle Suore andò avanti per anni e non si fermò solo ai piccoli, all’asilo, esse iniziarono anche con intrattenimenti pomeridiani di svago, per i più grandicelli, aiuti come il “dopo scuola”, catechesi, organizzata per età, in “Azione Cattolica”, e insegnamenti di ogni genere, quali il ricamo, il cucito, la recitazione e la danza e perfino lezioni di “Igiene” e di “Galateo”, cioè il buon comportamento da avere in società.

Matrice 1965 Le ragazze in colonia

Ricordo che, essendo molte di esse polacche, ogni tanto, ci parlavano nella loro lingua madre, ci parlavano della loro Patria lontana, delle loro difficoltà a professare apertamente la religione cristiana, ci raccontavano il loro vissuto in un paese martoriato dalla persecuzione comunista.

In Italia, tutti hanno cominciato a conoscere la Polonia, quando sul trono di Pietro è salito Giovanni Paolo II, ma le nostre Suore, già 50 anni fa ci parlavano della loro terra lontana, delle loro tradizioni, usi e costumi.

A questo proposito, ricordo che le nostre danze non erano “la quadriglia” o “i saltelli”, tipici balli molisani, ma danze del folclore polacco.

Abbiamo indossato costumi polacchi, dal caratteristico corpetto di velluto nero, sul quale noi stesse dovevamo, applicando le piastrine lucenti di vari colori, ricamare le farfalle e i fiori.

Il corpetto elegante e sgargiante e la coroncina, con nastri di vari colori, erano veramente particolari, totalmente diversi dal nostro copricapo “lu maccatur” e dal nostro corpetto con le maniche “a la sctoch”, tipici elementi del costume matriciano di un tempo.

Esse ci stimolavano, anche, alla lettura, permettendoci di leggere i libri della loro ben fornita biblioteca.

E non posso non ricordare le ore passate nel grande salone, dove Suor Paola Goldman  ci insegnava anche i canti in lingua polacca, che dovevamo cantare come omaggio alla Madre Generale (Madre Francesca Popiel)  in visita a Matrice, omaggio che era accolto, con amorevole sorriso, anche se le nostre parole e il nostro accento lontanamente ricordava la lingua polacca.

Ricordo ancora l’inno nazionale della Polonia: Jesche polsca Jeschi nev…puchi misci emi

Emettevamo suoni strani, cantavamo con parole di cui non conoscevamo il significato, mentre le dita di Suor Paola, che fuoriuscivano dai guanti neri, appositamente lavorati, senza le punta, sfioravano i tasti dell’organo. sr.Paola

Veramente fortunati noi ragazzi di Matrice che, anche se in uno sperduto paese del meridione d’Italia, abbiamo ricevuto (e ce ne siamo resi conto, purtroppo, solo quando non sono state più presenti nel paese) un aiuto così determinante nella nostra formazione personale, culturale e spirituale.

Ricordo che, durante il periodo estivo, ogni nostra giornata, dalle suore, iniziava sempre con due momenti particolari: uno rivolto al Dio Creatore, per ringraziarlo di tutto e uno per la Patria; le nostre Suore ci educavano, con l’ “l’alza bandiera”, al rispetto per la Patria e per chi l’aveva resa libera, facendoci cantare ogni mattina l’Inno Nazionale “Fratelli D’Italia”.

Ci educavano per essere cittadini cristiani.

Quanti insegnamenti, che solo da grandi, abbiamo apprezzato.

Tutte noi ora sposate, in procinto di formare la nostra famiglia, ci siamo resi conto di quanto le nostre Suore avessero influito sulle nostre scelte; ci avevano parlato ed educati ad una maternità e paternità responsabile; nel lontano 1968, le nostre Orsoline, culturalmente preparate, ci avevano letto e spiegato “Umane Vitae”, un’enciclica di Paolo VI sulla fecondazione.

Le nostre Suore erano impegnate su tutti i fronti e la loro assenza, ora a Matrice, ha lasciato un vuoto che ancora nessuno è riuscito a colmare. Voglia Dio che ci sia un ripensamento e che si decida di ricominciare con una “Missione Matrice”.

 

 

Processione del 14 agosto 1965

 

 

 


Le Nostre Suore

 

 "Cosa potrei dirvi di Matrice, adesso? Tante cose…… Ora che vivo in una grande città, ho nostalgia del silenzio e della natura matriciana.

Nonostante siano passati tanti anni, ho, ancora, un caro ricordo delle nostre suore Orsoline: sono state proprio loro, a Matrice, a farci apprezzare ed amare la natura che ci circondava.

Le nostre mamme, occupate nei campi, avevano con la natura un rapporto diverso; per loro, essa era la terra, che andava sterpata, concimata, altrimenti non dava il frumento; erano le zolle, che bisognava rompere, con forza, prima della semina; erano le viti, da accudire, medicare, perché non fossero attaccate dai parassiti; erano gli ulivi, su cui salire, nelle giornate fredde di dicembre, per raccogliere i frutti.

Per i nostri contadini gli alberi erano ceppi da tagliare, fuoco da trasportare e da ardere, nelle lunghe giornate invernali.

Le Suore, invece, avevano con la campagna matriciana un rapporto diverso; per loro i campi non erano i sacrifici, i magri raccolti, il loro lavoro-padrone. Sono state loro a trasmetterci l’amore per la natura, il rispetto per il verde, per le piante e tutto ciò che il nostro sguardo abbracciava.

Esse ci portavano in un fazzoletto di terra, “arret Sant’Antonij”, dove avevamo il nostro “parco giochi”: era uno spazio libero, un tappeto d’erba, tutto circondato da alberi; sembrava isolato dal resto del paese e lì, all’aperto, si poteva leggere o giocare, o cantare, sempre in maniera ordinata e rispettosa della natura, sotto la guida attenta delle nostre Suore.

Sono state proprio loro a valorizzare le nostre pinete, che dovevano servire per proteggere i binari dalla neve abbondante, che allora scendeva a Matrice; per questo, erano state messe a posa molte piante di pino, lungo la ferrovia, proprio nei punti strategici, dove per il vento e la bufera, si poteva accumulare una grossa quantità di neve, che avrebbe ostacolato e reso pericoloso il transito dei treni, che da Campobasso andavano a Termoli.

Le Suore ci portavano, durante l’estate, nelle pinete, perché godessimo dell’ombra, della frescura, dell’ospitalità veramente generosa che esse potevano offrire.

Con i nostri cappellini bianchi, perfettamente inamidati, che ci proteggevano dai raggi cocenti del sole, andavamo da Matrice, a piedi, ordinatamente in fila per due, cantando e pregando, mentre le Suore e le signorine, che le aiutavano, portavano grosse cesti di vimini, nelle quali c’erano i giochi e tutto quanto avremmo utilizzato una volta sul posto.sr. Vincenza Fabianska, 1968 - Matrice (CB)

Le giornate in pineta erano organizzate, non c’era mai il caos o l’anarchia, ma il momento della preghiera, per ringraziare il Signore del sole, delle pinete, di tutto ciò che avevamo; c’era lo spazio dedicato al gioco, quasi sempre di squadra e l’insegnamento del rispetto delle regole di gioco e dell’avversario; c’era il tempo per il pranzo, portato nei nostri cestini e, dopo il riposo e il silenzio, c’era anche la merenda: tavoletta triangolare di cioccolato al latte, con pezzetti di nocciola, (goduria, che non potevamo avere a casa nostra), o fette di pane e marmellata e tè, bevanda inusuale, nelle famiglie matriciane; c’era anche il momento del lavoro, a volte ci facevano raccogliere le pigne, che mettevamo in grossi sacchi e che le suore, poi, con l’aiuto di alcuni contadini, riportavano in paese, in groppa ad un asino  (o con la macchina, in anni più recenti) e che utilizzavano nelle loro stufe, per il riscaldamento. Raccoglievamo anche gli aghi verdi dei pini, che ci servivano per intrecciare cestini, che utilizzavamo per i lavoretti di Pasqua, mettendoci dentro delle piccole uova di cioccolato o uova vere, che le stesse Suore dipingevano a mano.

 

 

 

Franca e Incoronata sul terrazzo

Tutto era per noi insegnamento alla vita "

/Maria Paola Lemmo/

 

 

 

   

 

 

     

 

gruppo di ragazze in A.C.

     

 

 


 

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