La Congregazione delle Suore Orsoline del S. Cuore di Gesù Agonizzante

 

AGGIORNAMENTO e Incontro delle Comunità del Centro Italiano - Roma, 28 e 29 dicembre 2014


 con don Max, il parroco di Primavalle.

La tematica è Impostata sulle espressioni e sulla Lettera di papa Francesco a tutti i consacrati in occasione dell’Anno della Vita Consacrata.

 

 

 

 

Povertà come segno di giustizia

 

Leggi Lc 10,30-35

25 Un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?». 26 Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?». 27 Costui rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso». 28 E Gesù: «Hai risposto bene; fa' questo e vivrai».
29 Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?». 30 Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31 Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte. 32 Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. 33 Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. 34 Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. 35 Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. 36 Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». 37
 Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va' e anche tu fa' lo stesso».

 

8 i passi…

 

 

*   “Era in viaggio”.

Un Samaritano era in cammino. E’ importante questo verbo, specie se esaminiamo la nostra situazione: non camminiamo molto. Ci siamo un po’ seduti. Si insinua il convincimento che tanto, fatica fatica, non cambierà  mai nulla. Chiamati ad essere gli annunciatori della speranza, siamo diventati i tributari della filosofia dell’appiattimento. Ci siamo fermati. é necessario invece mettersi in viaggio. L’annuncio più¹ forte è proprio questo: mettersi in viaggio sulla Gerusalemme-Gerico. E’ su quest’asse che si giocano i destini delle nostre utopie. Dobbiamo metterci in viaggio: come il Samaritano, come Maria [da Elisabetta, al tempio, a Cana, nelle città  della Galilea, sul Golgota].

Di qui la necessità  di interrogarci, per esempio, su certi riti che privilegiano più¹ il salotto che la strada, più¹ le pantofole che gli scarponi da viaggio, più¹ la vestaglia da camera che il bastone del pellegrino.

 

*   “Gli passò accanto”.

Gli passò accanto: non dice gli passa sopra!

Noi non siamo tante volte rispettosi delle persone uguali e distinte: queste non sono dei numeri. Passare accanto significa rispettare i volti uguali e distinti, dobbiamo rispettare la convivialità  delle differenze, dove persone diverse stiano insieme.

Passare accanto significa amare il mondo, fargli compagnia, adoperarsi perché la sua cronaca di perdizione diventi storia di salvezza.

Passare accanto significa prendere atto della presenza degli altri; cioè un mondo al quale noi dobbiamo fare compagnia, per il quale siamo andati.

Passare accanto significa rispettare le minoranze.

Passare accanto significa essere discreti.

Passare accanto non significa annessione, accaparramento, proselitismo.

 

*   LO VIDE

Anche il vedere è un dono che dobbiamo chiedere al Signore; perchè i poveri esistono ancora e sono piu numerosi di quello che si pensa. Ci vogliono occhi per vedere i poveri. La povertà  non è solo quella del denaro, ma anche della mancanza di salute, la solitudine affettiva, l’insuccesso professionale, la disoccupazione Sono gli handicap fisici e mentali, le sventure familiari e tutte le frustrazioni che provengono dall’incapacità di integrarsi nel gruppo umano più prossimo” x citare Paolo  (Paolo VI)

Questi poveri ce li abbiamo sempre fra noi: sentiamo il loro fiato sul collo, sono i nostri amici, li chiamiamo per nome. Sono i droup-out: i “caduti fuori”. Come la frutta che, ai sobbalzi della strada, ruzzola per terra dal carretto e i ragazzi passano e la prendono a calci, divertendosi, finchè si sfracella sul marciapiede.

 

*   Ne ebbe compassione

Significa, amici miei, sentirsi provati emotivamente. Dovremmo chiedere al Signore la grazia dell’indignazione, perché non sempre ci indigniamo. Qualche volta siamo gelidi come il ghiaccio, non ci lasciamo coinvolgere nella vita dei poveri. Noi, invece, dovremmo prendere tutta in faccia la polvere sollevata dai loro passi, dovremmo guardare le cose dalla loro angolazione prospettica. Questo significa ne ebbe compassione: guardare la storia e la geografia dall’angolo dei poveri. Mettere in corpo l’occhio dei poveri.

Ne ebbe compassione significa essere la spina dell’inappagamento conficcata nel fianco del mondo: dovremmo essere l’icona dell’inappagamento, non dico della scontentezza. Dovremmo essere capaci di smascherare gli aspiranti al ruolo di Dio, e ce ne sono tanti, di questi despoti che impongono la loro prepotenza ai più¹ poveri: dovremmo essere i disturbatori del manovratore. Solo così il nostro ripiegamento in noi stessi vivrebbe un dispiegarsi vero che porta frutti di giustizia. 

 

*   Gli si fece vicino

La Sollicitudo rei socialis (n. 38) dice cha la solidarietà  è determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune, ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perchè tutti siamo veramente responsabili di tutti. Gli si fece vicino significa che nel nostro esseri poveri, ci educhiamo alla povertà. Lo sapete: non si nasce poveri, poveri si diventa. Si diventa poveri dopo una trafila di studi, dopo lunghe fatiche, dopo estenuanti esercizi ecco perchè l’allenamento deve essere costante: quella della povertà è una carriera, e per giunta tra le più¹ complesse, tanto difficile che il Signore Gesù¹ si è voluto riservare direttamente l’insegnamento di questa disciplina. “Il Signore nostro Gesù¹ Cristo, da ricco che era, si è fatto povero per voi” (2 Cor). Alla povertà  la gente crede quando vede che uno vive con sobrietà , che vive per gli altri, in atteggiamento di condivisione: crede se il mantello lo si taglia a metà , come ha fatto San Martino, grande non perché ha reso il mantello tutt’intero ma perchè ne ha dato la metà . La condivisione è¨ molto più difficile del dono totale. La povertà, poi, non è soltanto povertà  di denaro, è anche povertà  di potere: è polarizzazione cordiale, evangelica sul servizio reso nel nome di nostro Signore Gesù Cristo.

 

*   Gli fascia le ferite e gli versa vino e olio

Giocarci d persona! Smetterla di dire bisognerebbe far così, dovrebbero aver fatto cola, io a loro posto avrei fatto così… fallo invece di stare nel tuo palazzo di avorio, nelle tue strutture che imprigionano gli spazi di apertura e quindi di evangelizzazione.

L’olio e il vino non risolvono il problema, come per il malcapitato della parabola. Per, in tutto questo, vi è un grosso insegnamento: noi non disponiamo più dei segni del potere, ma abbiamo del potere dei segni. Significa che abbiamo la possibilità di mettere un po’ di olio e un po’ di vino sulle ferite, povere cose che non risolvono i problemi ma cambiano la mentalità . Dobbiamo mettere degli scrupoli dei sassolini nelle scarpe di coloro che camminano. Versare olio e vino significa proprio questo: mentre tu te ne stai a ridere sul ciglio della strada, io sto mettendo olio e vino e sto dicendo a te, civiltà , che vai di corsa sulle strade a scorrimento veloce, che non fai bene. L’olio, secondo i Padri, è l’olio della misericordia. Dobbiamo allora chiederci: voglio bene alla gente in termini di misericordia, con cuore grande? O le nostre rigide chiarezze intellettuali passano anche sopra ai bisogni struggenti della gente? E il vino della fortezza richiama una Chiesa profetica, audace, che non sta a mezza costa, che non sfuma le finali come nel canto gregoriano, ma dice tutt’intera la parola di verità , fino in fondo.

 

*   Lo caricò sul suo giumento e lo portò ad una locanda

Povertà è capire anche di nn potercela fare da soli, con i nostri mezzi e dobbiamo chiedere aiuto a chi? Per primo alla comunità. Portalo a casa! Puzza! È sporco forse rischi che ti ruba tutto… però tu sei povero… non dovrebbe essere un problema… o lo è? Naturalmente sto provocando… però così farebbe gesù e allora noi?  Che esempio di povertà diamo se abbiamo paura che le nostre case siano guastate dal rumore? Che giustizia preghiamo?

 

*   E si prese cura di lui

I care (mi sta a cuore) diceva don Milani. Perchè se non ti sta a cuore, ma ti sta solo ad affitto, a locazione, al marocchino non gli dai niente. Non basta la casa, un tetto, occorre un lembo della tua vita, del tuo mantello, perchè il tetto, da solo, non copre, come la minestra non scalda se non c’è un po’ di alito umano. Molte volte la gente non ha bisogno del piatto, ma della tovaglia che sta sotto, cioè della tenerezza dell’accoglienza “Mi sta a cuore”: è la tenerezza della carità . Si tratta di chiamare per nome, di imparare il nome delle persone, dei poveri e di condividerne il loro peso… povero tra i poveri!

 

Concludendo

Vi invito a lasciarvi evangelizzare dai poveri. I poveri ci evangelizzano. Sono provocazione di Dio per un mondo più giusto, più libero, più in pace. Le nostre comunità devono fare più spazio ai poveri.

 

Spunti per la riflessione

v     Quale di questi verbi senti più tuo? Fermati e “gustalo”

v     Quale senti che fai più fatica a vivere?

v     Quale senti che deve diventare tuo, perchè importante, ma non ti appartiene ancora?

 


DOMANDE PER LA CONDIVISIONE

 

·        Cosa porto via da questi esercizi?

·        Quale grazia chiedo per me e le mie sorelle?

·        Ho fatto spazio allo spirito Santo! Quali propositi ha suggerito per questo anno comunitario che si apre?

·        Obbedienza povertà e verginità per amare… quali i punti di forza quali i punti deboli.

·        Come sto vivendo la vita comunitaria? Coltivo rose o Baobab?

·        Il mio personale rapporto con i poveri e la diversità… Ostacolo o opportunità?

·        La mia consacrazione è segno di profezia per gli altri oppure sono un sepolcro imbiancato?

·        Sono feconda nella mia consacrazione oppure mi sono seduta sul mio status quo?

 


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