La Congregazione delle Suore Orsoline del S. Cuore di Gesù Agonizzante

 

AGGIORNAMENTO e Incontro delle Comunità del Centro Italiano - Roma, 27 dicembre 2019


 

testi per il lavoro del III° e IV° gruppo - prendendone in esame uno alla volta:

1)    L’udienza privata dal Papa Benedetto XV

(dalla “Storia della Congregazione”)

 

“Andai con un po' di timore, sola, senza M.Teresa. Mi ero preparate due domande da fargli: una era la richiesta della benedizione per il nostro lavoro che stava per iniziare in Polonia, l’altra per avere l’indulgenza per le nostre suore ed i nostri bambini, ogni volta che ripetevano la giaculatoria ‘O Vergine Santa...’

Dopo avergli baciato la mano mi fece sedere - il cuore mi batteva - aveva un aspetto molto serio e piuttosto severo. Brevemente riassunsi lo scopo della mia venuta a Roma dopo tutto il peregrinare, dopo le persecuzioni e l’esilio. Il Santo Padre mi ascoltò e poi disse: ‘Adesso Madre è bene che se torni al suo convento.’ Trepidai...dove? Abbandonare le mie Suore e tornare a Cracovia? - Allora dissi timidamente: ‘Ma Santità, dove? Sono già nel mio convento. Ed il Santo Padre continuò:” Perché la religiosa che corre per il mondo non va bene”. Avrei voluto piangere. Dico sinceramente, pensavo che gli altri per aver sopportato l’esilio e la persecuzione vengono accolti festosamente - ed io - non lo pretendevo né lo desideravo, però un rimprovero simile da parte del Santo Padre fu molto doloroso! Allora ho detto: ‘Sono pronta a fare tutto secondo la volontà della Santità e per ora faccio tutto ciò che mi ordina mio fratello’. Il viso del Santo Padre si rischiarò un po': ‘Se lei Madre è sotto la protezione di suo fratello, allora non potrà essere nelle mani migliori’. “Allora Santità, posso fare quello che mi consiglia mio fratello?’ E la seconda e la terza volta ancora il Santo Padre ripeté: ‘Non potrà essere nelle mani migliori’. Respirai, perché sapevo che Padre Vlodimiro era favorevole alla formazione della nostra Congregazione, e che non mi avrebbe fatto abbandonare le mie Suore.”

 

dalla lettere (VI.1920)

 

“Roma è per me come un ostile giudice, burocrate, che è pronto a schiacciare individui, quando si tratta di legge, le singole anime non importano! Davanti al Santo Padre provo paura, ciò non impedisce, che veda in lui il Vicario di Cristo e sono pronta a dare la vita per lui. Fino all’ultimo momento speravo che quando fossi andata dal Santo Padre, avrebbe cambiato atteggiamento, mi avrebbe ascoltata, incoraggiata, ma tutto questo è un’illusione...”

 

“Dovevo partire oggi, ma ancora sto qui, perché mi sono ammalata: Ho vissuto momenti duri, non solo io, ma come penso anche voi, perché il Signore vuole che anche le mie figlie potessero un po' condividere la via di spine che ho passato io qui a Roma, va bene così e dico: FIAT, e spero che anche voi direte con il cuore grande FIAT a tutto quello che il Signore e nostro Re desidera da noi. Quanto più la via è difficile e dolorosa tanto più il cuore si apre al Signore. Saremo felici solo quando impareremo a fare quello che Lui vuole da noi e quando con tutto il cuore ameremo la croce.

 

2)    Inizo guerra  (dalla “Storia della Congregazione)

 

Il primo agosto si sparse la notizia dello scoppio della guerra tra Tedeschi e Russi.

Il sei agosto, festa della Trasfigurazione, per me ci fu l’ultima S. Messa nella nostra bella cappellina di Merentahti.

Suonai l'organo e cantammo "Non ci abbandonare". Quanto ci dispiaceva!

Ancora una volta ci recammo alla nostra Stella del Mare, dove i cavalli erano già lì ad attenderci.

Partii. Tutti erano in lacrime, il cuore gemeva per il dolore ma, grazie a Dio, questa sottomissione alla Sua Volontà, rendeva santa la sofferenza e dava anche un po' di speranza per poter arrivare a Pietroburgo e lì restare, unite tra di noi.

Entrammo nelle carrozze: in una, io con Sr. Maculewicz; nell'altra, Sr. Wielowiejska, Sr. Margherita e Sr. Marta.

Sventolavamo i fazzoletti, ancora ed ancora. Dopo poco perdemmo di vista il nostro caro Merentahti.

Allora non potevano ancora sapere che Pietroburgo e Merentahti sarebbero state solo delle singole tappe e che ci avrebbero dovuto portare alla Casa Madre della nuova Congregazione delle Suore Orsoline del Sacro Cuore di Gesù Agonizzante.

Nel mio cuore permane sempre il sereno ricordo di quel luogo silenzioso nella quiete della pineta sulla sponda del golfo finlandese, col silenzio che interrompeva il rumore del mare e del vento tra gli alberi, con i campanelli delle mucche finlandesi, con le voci allegre delle nostre bambine.

 

 

3)     Dalla lettera di Sant’Orsola riguardo la missione a Primavalle:

 

“Figlie mie, devo comunicarvi una notizia che deve rallegrare noi tutte immensamente. Il Cardinale Vicario, cioè il sostituto del Santo Padre alla sede vescovile di Roma, vuole affidarci una missione: non in Africa, ma qui, dove ugualmente c'è bisogno delle missioni, e precisamente nei dintorni di Roma, a Primavalle. Vi sono solo baracche rosse e ci daranno una di quelle. Ho chiesto di non costruire niente di meglio. E così vivremo insieme con i poveri, insegneremo loro il catechismo, cureremo i malati e daremo a tutti il nostro amore. È un gran pregio e onore per noi essere chiamate a questo lavoro, ma dobbiamo ben corrispondere alla fiducia che è stata riposta in noi: dobbiamo essere sante!

Il Padre che sta organizzando quel lavoro mi ha detto: “Voi dovete santificarvi sulla strada come gli Apostoli”. Sarà la Madonna della Strada ad aiutarci”.

 

4)     Lavoro in Polessia (sr J. Zdybicka Orsola Ledochowska)

 

“Presentai a lei [a Madre Orsola] la mia pressante richiesta di inviarci, in Polessia, le suore per lavorare nei villaggi e nelle piccole città – scrive Jadwiga Skirmuntt. – Dissi che i miei sforzi presso le altre congregazioni erano stati sempre vani per la condizione che ponevano: avere sul posto una chiesa e un sacerdote, ma io ritengo che volendo lavorare per la gloria di Dio e il bene delle anime – non si possono porre condizioni di questo genere. «Le do tutta la ragione, Signora – rispose la Madre. – Se davvero si vuole lavorare per Gesù, bisogna saper rinunciare a molte cose»”

La Madre non seppe rimanere indifferente verso tali segnali, trattandoli come appelli, a cui non è possibile non rispondere con i fatti.

“Un lavoro molto serio – scriveva – il lavoro missionario, non nell’Africa selvaggia, in Cina o in Brasile tra le foreste equatoriali, nei paesi inondati di sole, non lì, dove la missionaria viene circondata da un’aureola di sacrificio e di generosità, ma un lavoro silenzioso, sconosciuto, il lavoro nella zona del confine orientale della Polonia, nei villaggi dove uno procede a fatica nel fango che arriva quasi fino alle ginocchia, dove durante la pioggia autunnale, le tormente invernali di neve, i disgeli  primaverili, la comunicazione con il mondo è resa impossibile (…). Sua Eccellenza Mons. £oziñski ci chiama a un tale lavoro missionario in Polessia ”.

La Madre mandò dunque in Polessia le sue “missionarie” che svolgevano l’apostolato non tanto tramite la parola, quanto mediante l’opera svolta nelle condizioni in cui viveva e lavorava la popolazione locale.

Il lavoro in Polessia fu oggetto di particolare sollecitudine da parte di Madre Orsola. Vigilava personalmente su quelle comunità missionarie, stabiliva contatti con la popolazione locale.

 


 

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