TANZANIA

LA CRONACA

LETTERE CIRCOLARI


 

... altre Esperienze     Il mio ritorno dall’Africa

 

Essere stupito è dir poco.

 

Avevo lasciato l’ultima volta (1994) l’Africa e salutato appena cinque Orsoline, fra le nostre italiane e quelle tanzanesi, che erano da poco entrate nell’Ordine.

Sono tornato quest’estate e ne ho trovato quasi un centinaio di ragazze. Tante aspiranti Orsoline e suore già confermate.

 

Tante Orsoline (come diceva San Benedetto: “ora et labora” - “prega e lavora” ) intente alla preghiera e al lavoro.Tante Orsoline e tante Missioni.

 

Nel 93 o nel 94, mi spostavo solo da Itigi alla missione di Mkiwa e, in questi anni, se ne sono formate tante e tutte attive, autosufficienti ed operose in vari campi… nell’educazione ai piccoli, nell’aiuto ai lebbrosi, nell’assistenza sanitaria.

Missioni spuntate come fiori in una terra arida, senza acqua, ma bagnata dalla benedizione di DioSono rimasto stupefatto dalla operosità, dall’organizzazione e dalla pace, che vi si respira: un ambiente che mi portava a pensare ad un “Convento”, anche se non c’erano le alte mura a proteggere, come, nel mio immaginario, sono, invece, i conventi dell’Occidente.

Ero partito, con una certa trepidazione, perché nessun programma di lavoro (al contrario di ciò che succedeva gli altri anni, quando tutto era programmato).

Mi chiedevo cosa mai avrei fatto, come avrei passato il tempo, nei momenti morti… mille pensieri e dubbi mi avevano tormentato.

Avevo fatto i conti, senta l’”Oste”.

Immaginavo, mentre mi preparavo per la partenza, che sarebbe stato per me emozionante rivedere i luoghi visti anni addietro e che mi sarei sorpreso dei cambiamenti, che mi dicevano erano stati apportati e tanti.

Ma nulla di ciò che pensavo o immaginavo si è verificato.

Certamente ciò che ho provato alla vista della missione di Mkiwa, così trasformata, ingrandita, popolata, mi ha fatto enormemente piacere, ma il tremore, quell’accelerazione delle palpitazioni cardiache……. quell’emozione così forte e indescrivibile, provata alla vista della cappella, proprio non me lo aspettavo.

Vederla così “piena” di giovani suore, tante e tante anime, vederla così “viva”, mi ha suscitato una profonda emozione e un desiderio di gratitudine verso il Signore, che mi aveva permesso di contribuire, materialmente, alle fondamenta di quel luogo “sacro”.

Quei giorni di lavoro, nel lontano 92, non erano stati vani.

E tutti quei bimbi……quegli occhi profondi e quelle braccia che avrei voluto sentirmi intorno, mentre facevo uno sforzo su di me, per non far prevalere il mio istinto di padre. (Il mio affetto per loro sarebbe stato solo momentaneo e non volevo restassero delusi perché, lasciandoli, avrebbero percepito…provato un senso di “secondo abbandono”.

E i tempi “morti”? …. Quanto tempo, invece, ho avuto.

Non mi aspettavo di vivere ogni momento “pienamente”.

Ho ritrovato il “tempo”, per fermarmi e pensare….a tutto e a tutti.

Ho avuto la possibilità di fare una revisione della mia vita.

 

Nel silenzio da ogni cosa, dai rumori, dai suoni, dalle distrazioni, nel “silenzio”, che nel mondo di tutti i giorni, è bombardato …nel “silenzio” ho ritrovato la capacità di pregare lentamente… col cuore… di pensare agli altri (famigliari e non)…  di abbandonarmi alla volontà di Dio e di affidare a Lui i miei cari e coloro che questa possibilità mi hanno regalato.

 

Ottobre 2012                                                                                                          Grazie  da  Mario

 


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