URSULINE SISTERS  AHJ

 212 VER SUBDIVISION

Maitim 2nd East

4120 TAGAYTAY CITY

PHILIPPINES

FILIPPINE

Lettere agli Amici


 

Tagaytay 8 ottobre 2002

(1° lettera)

Carissimi Amici

un grande saluto dalle Filippine ad ognuno di voi.

 

Sono trascorsi già tre mesi dal giorno in cui abbiamo messo piede in questa bella terra  Filippina. Penso che, avendo voi data la conferma di voler essere messi al corrente dello svolgimento di questa missione, ora desiderate sapere qualche cosa.

            Siamo in due suore, per il momento. Ci troviamo a Tagaytay, (estensione molto vasta con case qua e là, non come un agglomerato cittadino ) una località  a circa 60 chilometri da Manila. E’ un posto di montagna e perciò vi è più possibilità di respirare aria buona, mentre a Manila si soffoca, per il caldo e lo smog. Questa è terra vulcanica ed è interessante come sul cratere di questo enorme vulcano (non attivo per il momento) si sia formato oggi un grande lago chiamato “Taal” al centro del quale emerge la bocca centrale del vulcano. Qui la gente che vi abita è piuttosto benestante, ma sparse per la campagna, fra bananeti, alberi di cocco, e piantagioni di ananas e caffè si trovano agglomerati di gente povera che abita in misere capanne fatte con lamiere e tavolacce varie.  Per le strade principali si snodano le bancarelle che vendono frutta esotica di ogni genere… (a seconda delle stagioni), latte di cocco, fiori e piante  in quantità (si vendono molti bonsai). Per i turisti il posto può risultare interessante da vedersi e da godersi, ma se si comincia ad entrare nella vita sociale ed economica della gente  si scoprono molte sorprese che lasciano l’amaro in bocca. E’ la  realtà generale della popolazione filippina: i contrasti enormi tra potere e servizio, arricchimento e impoverimento, ingiustizie, arrangiamenti… si cerca di vivere come si può… le leggi? Chi le osserva? Chi le fa osservare?  E poi, quali leggi? Per noi  “i bianchi”  (veniamo chiamati americani ricchi ) che veniamo da lontano, si richiede una meticolosa prassi delle burocratiche pratiche di inserimento (stiamo ancora cercando di completare la nostra incorporazione in questa terra, come Congregazione). La prima cosa che ti senti dire da chi è qui da tempo: “Siate prudenti, andateci  piano con la compera dei terreni, della casa… state attente alle proposte che vi fanno… valutate con prudenza il da farsi… Ed effettivamente è così; abbiamo già avuto occasione di pagarne le conseguenze di decisioni prese e poi si è dovuto tornare indietro. All’inizio del nostro arrivo abbiamo preso in affitto una  piccola casetta che dopo pochi giorni si è rivelata costosa e inagibile. Ci siamo date da fare per trovarne un’altra un po’ più grande e abitabile, tutt’ora siamo in questa casa, ma nonostante il primo desiderio espresso di volerla comperare, ci siamo rese conto che al più presto è meglio lasciarla, non ci sono tutte le carte in regola per poterla comperare e poi, qui ci sono già due congregazioni religiose che vi lavorano, sarebbe bene andare dove c’e’ più bisogno. Così ci ritroviamo da punto e a capo in cerca di una stabile dimora.

Cosa facciamo allora?  Si fa tutto quello che normalmente in una giornata si deve fare in casa e fuori… cerchiamo di inserirci nell’ambiente e capire la cultura di questo popolo, osservando, cominciando a prendere i contatti con loro, sbrigando tutto le pratiche inerenti al vivere di ogni giorno: pagare la bolletta della luce, del telefono, dell’acqua ecc… Andare al mercato popolare, imparare a conoscere e comperare  il loro cibo, il modo di cucinarlo ecc… e poi a casa imparare a mangiare come loro: generalmente si mangia molto riso con pesce fritto e varie minestre di verdure (alcuni alimenti italiani si possono trovare in pochissima e scadente qualità, costano molto; il tutto poi è condito di dolce… il succo di pomodoro per gli spaghetti, per esempio, è prevalentemente dolce).

Cerchiamo di avere contatti con la gente che abita vicino alla nostra casa, di osservarne la vita quotidiana, le usanze, i modi di fare ecc… (è gente piuttosto povera e vive in case povere). Si divertono con noi quando non riusciamo a pronunciare  le parole in Tagalog e sono orgogliosi quando, dopo ripetuti tentativi, riusciamo a dirla. Naturalmente si tratta di semplici parole come: Magandag umaga, magandag hapo’, Magandag Gabi… Salamat po… ecc.  (buon giorno, buon pomeriggio, buona sera… grazie tante!) Ma intanto la gente al nostro passare ci sorride, e ci saluta con gentilezza e rispetto, i bambini ci corrono incontro prendendoci la mano e portandosela alla fronte per chiedere la benedizione (è il tipico saluto che usano fare come segno di rispetto  e di religiosità). Qualche bimbo per farci piacere ci saluta in italiano: “buona sera Sister” (lo hanno imparato un giorno che eravamo insieme  nel giardino).

            Gran parte del tempo lo dedichiamo allo studio della lingua inglese, (abbiamo le lezioni tre volte la settimana con una signora, che paghiamo settimanalmente). Senza sapere la lingua inglese non ci si può muovere, tutto diventa difficile e si dipende sempre dagli altri. Ma si va molto a rilento nell’impararla.  Una delle difficoltà  è quella che qui si parla anche il Tagalog  e si sente  un miscuglio di parole. Sotto la mia finestra - per esempio - abita la gente e tutto il giorno sono bombardata dal pianto dei bambini, dalle loro grida gioiose, dai richiami delle mamme, dalle frasi degli uomini che giocano al biliardo sotto la tettoia di lamiera (e questo gioco - il più frequente qui nelle Filippine - accompagnato dalla musica della radio si protrae per tutta la notte). La loro vita si svolge all’aperto e così: il cucinare, il lavare, e tutto il resto. Il linguaggio naturalmente è in Tagalog e non si capisce niente.  Questo non aiuta il nostro inglese, ma anche qui ci dicono che bisogna avere pazienza.

Poi, appena ci sono le occasioni, andiamo a vedere le varie proposte  di terreni e case, ma ci sembra tutto troppo caro per le nostre tasche. Veramente la vita è cara qui; posso capire che la gente è povera e direi, si rassegna alla costrizione di restare povera.

Abbiamo la fortuna di avere un eccellente Vescovo, giovane, molto intelligente, povero e umano. Con lui abbiamo instaurato un buonissimo rapporto ed è pronto a guidarci verso un lavoro fra i più poveri., ma naturalmente abbiamo bisogno di sapere la lingua (lui parla l’italiano e così possiamo intenderci bene). Il nostro intento è quello di inserirci qui o dove la provvidenza ci mostrerà, formare la nostra comunità per una testimonianza di vita secondo il carisma della nostra Fondatrice, aiutare la gente o la parrocchia e quando avremo qualche suora locale,  intraprendere un’attività apostolica più stabile secondo le necessità del posto e del momento.

Fare la missione può sembrare “fare tante cose” e più se ne fanno e più ti senti missionario… Invece mi sto ricredendo: fare la missione significa essere testimone di quello in cui crediamo, rapportandosi da uomo a uomo nella semplicità ma profondità di vita, per questo le opere, la vita di comunità, l’inserimento fra la gente, lo scegliere la categorie dei più poveri… passano in secondo grado e diventano  la  conseguenza pratica. Perciò, forse, agli occhi di molte persone, noi adesso non stiamo facendo niente, non abbiamo bisogno di niente, siamo ricche se possiamo comperarci un terreno o una casa… siamo turiste, perché possiamo conoscere un paese ambito da molti per farsi le vacanze, nelle isole assolate sotto l’ombra delle palme, in un mare limpido e incontaminato… a questi tali diciamo: “Venite, vedete, restate più a lungo, vivete come vive la gente”, vedrete che cambierete idea.

            Molti di voi, salutandomi mi hanno detto, “Fammi sapere, se ci sarà da aiutare in qualche cosa, lo farò volentieri“. L’aiuto è necessario, qui non si può vivere altrimenti. Cercarci un lavoro remunerato significa togliere al povero la possibilità di lavorare, e poi nessuno darà un lavoro all’ “Americano”…, oltre che vietato dalla legge. Quel che si intraprende deve essere fatto al solo scopo di beneficenza, qualsiasi attività si faccia: orfanotrofio, scuola, casa per gli anziani ecc… Lo Stato non dà niente. Questo ci fa pensare che un domani se avremo delle opere, queste dovranno essere sostenute con il solo aiuto della buona volontà della gente. Intanto però dobbiamo vivere noi per  preparare questo avvenire. Anche per noi la vita è cara, e vivere con i soldi degli altri,… contare bene prima di comperare… rinunciare a quel che potrebbe esserci utile… (risentiamo dell’abitudine acquisita in un paese dove non manca niente, che sempre più il tutto ci è utile, mentre qui si sperimenta che per essere felici non è vero che tutto è necessario, si può fare a mano di tante cose)  tutto questo è sperimentare la povertà.

            Quante volte resto meravigliata nel sentire le grida  gioiose dei bambini che scorazzano per la strada, servendosi di semplici bastoncini e un pezzo di plastica, per giocare. Oppure i  più grandicelli ai quali basta un cesto sbrindellato attaccato ad un palo che funge da canestro per giocare a pallacanestro sulla strada, e ancora vederli approfittare della pioggia per scorazzare  nell’acqua e gioire. Si legge la gioia sul loro volto. E mi chiedo quali siano le cose di cui veramente loro hanno bisogno. Ci sono le suore che aiutano le famiglie di moli bambini a pagare la scuola, le medicine, i libri… usando i soldi che le persone mandano come adozione a distanza. Vedendoli giocare  sulla strada ho pensato di  regalare loro le racchette per giocare, ma mi sono trattenuta, li vedevo così felici di giocare con una palla fatta di stracci arrotolati, che ho preferito non fare “l’americana”, e  lasciare  che la gioia prevalesse sulla materialità di una palla di gomma. Ho riflettuto: quante volte pensiamo di risolvere le situazioni donando cose che non liberano dentro, ma condizionano negativamente! Per il momento noi siamo fra “color che son sospesi”. Stiamo imparando ad essere missionarie sperimentando  se siamo capaci di vivere  ciò in cui crediamo, e di guardare il prossimo con l’occhio della fratellanza.

            Se volete aiutarci, e condividete con noi questa esperienza, prima di tutto con la preghiera, col chiedere a Dio che ci illumini il cammino e ci renda disponibili al suo piano.  Poi con la comprensione che il cammino è lungo e richiede pazienza, sacrificio e anche l’accettazione di sbagli e delusioni. Col sensibilizzare voi stessi ma soprattutto i vostri bambini a  vivere il senso delle cose  non anteponendo la materialità a ciò che  è più importante per lo spirito. Gioire delle piccole cose e, se possibile, condividerle con gli altri non con un senso di  prestigio perché  “io ce l’ho e tu non ce l’hai” ma perché siamo fratelli e come tali quel che è mio è anche tuo.

Se volete condividere con denaro  per la nostra “preparazione al futuro”… per il momento fate riferimento a Sr.Giulia (tel.06.6536473; e-mail: sr.giulia@tiscali.it o Sr.Ewa (0771.683091; e-mail: orsolinescga.scauri@tiscalinet.it oppure: ewiacek@tiscalinet.it . Per quanto riguarda le adozioni a distanza, per le quali molti di voi hanno mostrato interesse, rimandiamo a quando avremo possibilità precise.

Per poter essere al corrente dello svolgimento della nostra missione  io manderò di tanto in tanto un resoconto, ma per chi ha la possibilità e vuole, può trovare l’aggiornamento sul nostro sito internet: www.orsolinescga.it

Carissimi Amici,

ho voluto condividere con voi, una parte della mia esperienza in terra Filippina, perché credo nella vostra amicizia e interesse, espressione di una parte di vita trascorsa insieme che ci ha accomunati e arricchiti reciprocamente. Un saluto grande ad ognuno di voi, con gli auguri di una buona ripresa del nuovo anno di lavoro.

Un abbraccio fraterno con affetto.

Sr. Margherita

Per il momento l’indirizzo è ancora questo:

Sr. Margherita  - Ursuline Sisters  - SMSK  Road. Barangay  San Jose

         4120 Tagaytay City

         Philippine

Tel:  0063  ( 046 ) 4133984; e-mail: ursphil@pacific.net.ph

(Al prossimo cambio sarete avvisati)


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