URSULINE SISTERS AHJ 212 VER SUBDIVISION Maitim 2nd East 4120 TAGAYTAY CITY PHILIPPINES |
(1° lettera)
Tagaytay 8 ottobre 2002
Carissimi Amici
un grande saluto dalle Filippine ad ognuno di voi.
Sono trascorsi già tre mesi dal giorno in cui abbiamo messo piede in questa bella terra Filippina. Penso che, avendo voi data la conferma di voler essere messi al corrente dello svolgimento di questa missione, ora desiderate sapere qualche cosa.
Siamo in due suore, per il momento. Ci troviamo a Tagaytay, (estensione molto vasta con case qua e là, non come un agglomerato cittadino ) una località a circa 60 chilometri da Manila. E’ un posto di montagna e perciò vi è più possibilità di respirare aria buona, mentre a Manila si soffoca, per il caldo e lo smog. Questa è terra vulcanica ed è interessante come sul cratere di questo enorme vulcano (non attivo per il momento) si sia formato oggi un grande lago chiamato “Taal” al centro del quale emerge la bocca centrale del vulcano. Qui la gente che vi abita è piuttosto benestante, ma sparse per la campagna, fra bananeti, alberi di cocco, e piantagioni di ananas e caffè si trovano agglomerati di gente povera che abita in misere capanne fatte con lamiere e tavolacce varie. Per le strade principali si snodano le bancarelle che vendono frutta esotica di ogni genere… (a seconda delle stagioni), latte di cocco, fiori e piante in quantità (si vendono molti bonsai). Per i turisti il posto può risultare interessante da vedersi e da godersi, ma se si comincia ad entrare nella vita sociale ed economica della gente si scoprono molte sorprese che lasciano l’amaro in bocca. E’ la realtà generale della popolazione filippina: i contrasti enormi tra potere e servizio, arricchimento e impoverimento, ingiustizie, arrangiamenti… si cerca di vivere come si può… le leggi? Chi le osserva? Chi le fa osservare? E poi, quali leggi? Per noi “i bianchi” (veniamo chiamati americani ricchi ) che veniamo da lontano, si richiede una meticolosa prassi delle burocratiche pratiche di inserimento (stiamo ancora cercando di completare la nostra incorporazione in questa terra, come Congregazione). La prima cosa che ti senti dire da chi è qui da tempo: “Siate prudenti, andateci piano con la compera dei terreni, della casa… state attente alle proposte che vi fanno… valutate con prudenza il da farsi… Ed effettivamente è così; abbiamo già avuto occasione di pagarne le conseguenze di decisioni prese e poi si è dovuto tornare indietro. All’inizio del nostro arrivo abbiamo preso in affitto una piccola casetta che dopo pochi giorni si è rivelata costosa e inagibile. Ci siamo date da fare per trovarne un’altra un po’ più grande e abitabile, tutt’ora siamo in questa casa, ma nonostante il primo desiderio espresso di volerla comperare, ci siamo rese conto che al più presto è meglio lasciarla, non ci sono tutte le carte in regola per poterla comperare e poi, qui ci sono già due congregazioni religiose che vi lavorano, sarebbe bene andare dove c’e’ più bisogno. Così ci ritroviamo da punto e a capo in cerca di una stabile dimora.
Cosa facciamo allora? Si fa tutto quello che normalmente in una giornata si deve fare in casa e fuori… cerchiamo di inserirci nell’ambiente e capire la cultura di questo popolo, osservando, cominciando a prendere i contatti con loro, sbrigando tutto le pratiche inerenti al vivere di ogni giorno: pagare la bolletta della luce, del telefono, dell’acqua ecc… Andare al mercato popolare, imparare a conoscere e comperare il loro cibo, il modo di cucinarlo ecc… e poi a casa imparare a mangiare come loro: generalmente si mangia molto riso con pesce fritto e varie minestre di verdure (alcuni alimenti italiani si possono trovare in pochissima e scadente qualità, costano molto; il tutto poi è condito di dolce… il succo di pomodoro per gli spaghetti, per esempio, è prevalentemente dolce).
Cerchiamo di avere contatti con la gente che abita vicino alla nostra casa, di osservarne la vita quotidiana, le usanze, i modi di fare ecc… (è gente piuttosto povera e vive in case povere). Si divertono con noi quando non riusciamo a pronunciare le parole in Tagalog e sono orgogliosi quando, dopo ripetuti tentativi, riusciamo a dirla. Naturalmente si tratta di semplici parole come: Magandag umaga, magandag hapo’, Magandag Gabi… Salamat po… ecc. (buon giorno, buon pomeriggio, buona sera… grazie tante!) Ma intanto la gente al nostro passare ci sorride, e ci saluta con gentilezza e rispetto, i bambini ci corrono incontro prendendoci la mano e portandosela alla fronte per chiedere la benedizione (è il tipico saluto che usano fare come segno di rispetto e di religiosità). Qualche bimbo per farci piacere ci saluta in italiano: “buona sera Sister” (lo hanno imparato un giorno che eravamo insieme nel giardino).
Gran parte del tempo lo dedichiamo allo studio della lingua inglese, (abbiamo le lezioni tre volte la settimana con una signora, che paghiamo settimanalmente). Senza sapere la lingua inglese non ci si può muovere, tutto diventa difficile e si dipende sempre dagli altri. Ma si va molto a rilento nell’impararla. Una delle difficoltà è quella che qui si parla anche il Tagalog e si sente un miscuglio di parole. Sotto la mia finestra - per esempio - abita la gente e tutto il giorno sono bombardata dal pianto dei bambini, dalle loro grida gioiose, dai richiami delle mamme, dalle frasi degli uomini che giocano al biliardo sotto la tettoia di lamiera (e questo gioco - il più frequente qui nelle Filippine - accompagnato dalla musica della radio si protrae per tutta la notte). La loro vita si svolge all’aperto e così: il cucinare, il lavare, e tutto il resto. Il linguaggio naturalmente è in Tagalog e non si capisce niente. Questo non aiuta il nostro inglese, ma anche qui ci dicono che bisogna avere pazienza.
Poi, appena ci sono le occasioni, andiamo a vedere le varie proposte di terreni e case, ma ci sembra tutto troppo caro per le nostre tasche. Veramente la vita è cara qui; posso capire che la gente è povera e direi, si rassegna alla costrizione di restare povera.
Abbiamo la fortuna di avere un eccellente Vescovo, giovane, molto intelligente, povero e umano. Con lui abbiamo instaurato un buonissimo rapporto ed è pronto a guidarci verso un lavoro fra i più poveri., ma naturalmente abbiamo bisogno di sapere la lingua (lui parla l’italiano e così possiamo intenderci bene). Il nostro intento è quello di inserirci qui o dove la provvidenza ci mostrerà, formare la nostra comunità per una testimonianza di vita secondo il carisma della nostra Fondatrice, aiutare la gente o la parrocchia e quando avremo qualche suora locale, intraprendere un’attività apostolica più stabile secondo le necessità del posto e del momento.
Fare la missione può sembrare “fare tante cose” e più se ne fanno e più ti senti missionario… Invece mi sto ricredendo: fare la missione significa essere testimone di quello in cui crediamo, rapportandosi da uomo a uomo nella semplicità ma profondità di vita, per questo le opere, la vita di comunità, l’inserimento fra la gente, lo scegliere la categorie dei più poveri… passano in secondo grado e diventano la conseguenza pratica. Perciò, forse, agli occhi di molte persone, noi adesso non stiamo facendo niente, non abbiamo bisogno di niente, siamo ricche se possiamo comperarci un terreno o una casa… siamo turiste, perché possiamo conoscere un paese ambito da molti per farsi le vacanze, nelle isole assolate sotto l’ombra delle palme, in un mare limpido e incontaminato… a questi tali diciamo: “Venite, vedete, restate più a lungo, vivete come vive la gente”, vedrete che cambierete idea.
Molti di voi, salutandomi mi hanno detto, “Fammi sapere, se ci sarà da aiutare in qualche cosa, lo farò volentieri“. L’aiuto è necessario, qui non si può vivere altrimenti. Cercarci un lavoro remunerato significa togliere al povero la possibilità di lavorare, e poi nessuno darà un lavoro all’ “Americano”…, oltre che vietato dalla legge. Quel che si intraprende deve essere fatto al solo scopo di beneficenza, qualsiasi attività si faccia: orfanotrofio, scuola, casa per gli anziani ecc… Lo Stato non dà niente. Questo ci fa pensare che un domani se avremo delle opere, queste dovranno essere sostenute con il solo aiuto della buona volontà della gente. Intanto però dobbiamo vivere noi per preparare questo avvenire. Anche per noi la vita è cara, e vivere con i soldi degli altri,… contare bene prima di comperare… rinunciare a quel che potrebbe esserci utile… (risentiamo dell’abitudine acquisita in un paese dove non manca niente, che sempre più il tutto ci è utile, mentre qui si sperimenta che per essere felici non è vero che tutto è necessario, si può fare a mano di tante cose) tutto questo è sperimentare la povertà.
Quante volte resto meravigliata nel sentire le grida gioiose dei bambini che scorazzano per la strada, servendosi di semplici bastoncini e un pezzo di plastica, per giocare. Oppure i più grandicelli ai quali basta un cesto sbrindellato attaccato ad un palo che funge da canestro per giocare a pallacanestro sulla strada, e ancora vederli approfittare della pioggia per scorazzare nell’acqua e gioire. Si legge la gioia sul loro volto. E mi chiedo quali siano le cose di cui veramente loro hanno bisogno. Ci sono le suore che aiutano le famiglie di moli bambini a pagare la scuola, le medicine, i libri… usando i soldi che le persone mandano come adozione a distanza. Vedendoli giocare sulla strada ho pensato di regalare loro le racchette per giocare, ma mi sono trattenuta, li vedevo così felici di giocare con una palla fatta di stracci arrotolati, che ho preferito non fare “l’americana”, e lasciare che la gioia prevalesse sulla materialità di una palla di gomma. Ho riflettuto: quante volte pensiamo di risolvere le situazioni donando cose che non liberano dentro, ma condizionano negativamente! Per il momento noi siamo fra “color che son sospesi”. Stiamo imparando ad essere missionarie sperimentando se siamo capaci di vivere ciò in cui crediamo, e di guardare il prossimo con l’occhio della fratellanza.
Se volete aiutarci, e condividete con noi questa esperienza, prima di tutto con la preghiera, col chiedere a Dio che ci illumini il cammino e ci renda disponibili al suo piano. Poi con la comprensione che il cammino è lungo e richiede pazienza, sacrificio e anche l’accettazione di sbagli e delusioni. Col sensibilizzare voi stessi ma soprattutto i vostri bambini a vivere il senso delle cose non anteponendo la materialità a ciò che è più importante per lo spirito. Gioire delle piccole cose e, se possibile, condividerle con gli altri non con un senso di prestigio perchè “io ce l’ho e tu non ce l’hai” ma perché siamo fratelli e come tali quel che è mio è anche tuo.
Se volete condividere con denaro per la nostra “preparazione al futuro”… per il momento fate riferimento a Sr.Giulia (tel.06.6536789; e-mail: sr.giulia@tiscali.it o Sr.Ewa (0771.683091; e-mail: orsolinescga.scauri@tiscalinet.it oppure: ewiacek@tiscalinet.it . Per quanto riguarda le adozioni a distanza, per le quali molti di voi hanno mostrato interesse, rimandiamo a quando avremo possibilità precise.
Per poter essere al corrente dello svolgimento della nostra missione io manderò di tanto in tanto un resoconto, ma per chi ha la possibilità e vuole, può trovare l’aggiornamento sul nostro sito internet: www.orsolinescga.it
Carissimi Amici,
ho voluto condividere con voi, una parte della mia esperienza in terra Filippina, perché credo nella vostra amicizia e interesse, espressione di una parte di vita trascorsa insieme che ci ha accomunati e arricchiti reciprocamente. Un saluto grande ad ognuno di voi, con gli auguri di una buona ripresa del nuovo anno di lavoro.
Un abbraccio fraterno con affetto.
Sr. Margherita
Per il momento l’indirizzo è ancora questo:
Sr. Margherita - Ursuline Sisters - SMSK Road. Barangay San Jose
– 4120 Tagaytay City
– Philippine
Tel: 0063 ( 046 ) 4133984; e-mail: ursphil@pacific.net.ph
(Al prossimo cambio sarete avvisati)
(2° lettera)
Tagaytay 15 marzo 2003
Carissimi Amici,
E’ passato molto tempo dall’ultima lettera che vi ho scritto, e vi chiederete che fine io abbia fatto. Ora voglio raggiungervi con questa breve, per salutarvi tutti e darvi le ultime notizie.
Le vicende vissute in questi mesi sono state varie e hanno occupato tanto del nostro tempo, così che senza accorgermene, mi ritrovo ora a marzo.
Da gennaio siamo tre suore a comporre la comunità: è arrivata Sr. Violetta da Roma (è polacca) e così possiamo sentirci ancora più comunità internazionale (e guarda caso, abbiamo tutte e tre il nome di fiori: Violetta, Rosa e Margherita). Naturalmente anche lei è prima di tutto alle prese con l’imparare l’inglese.
Durante le feste natalizie è stata da noi la nostra Madre generale con Sr. Giulia. Si aspettava tanto questa presenza per poter fare il punto della situazione. Durante questo periodo abbiamo cercato di vedere quale deve essere l’orientamento dell’inserimento qui nelle Filippine. Siamo giunte alla conclusione che sarebbe bene orientare la nostra attenzione missionaria, in quanto ad opere, verso le isole di Mindanao o Samar. Qui ci sono molti istituti religiosi e l’attività apostolica è più urgente dove la povertà è vissuta totalmente. Naturalmente questo obiettivo lo si potrà raggiungere in un secondo tempo, quando avremo qualche presenza di ragazze locali per poter affrontare la realtà filippina, sia per la cultura che per la lingua. Intanto è necessario avere un piccolo posto qui a Tagaytay come punto di appoggio e di passaggio (tutte o quasi, le attività di uffici e di collegamenti con il mondo gravitano in Manila e d’intorni). Eventualmente vedendo lo sviluppo o meno che potremo avere, si può anche fare di questo luogo un centro di formazione delle giovani che vorranno far parte della nostra Congregazione. (A giorni arriverà una ragazza che desidera fare un’esperienza con noi, ma poi deve finire la scuola prima di decidersi).
Per adesso abbiamo trovato una casetta filippina, l’abbiamo comperata un po’ alla volta e la stiamo riaggiustando. E’ vecchia di 10 anni, ma trascuratissima e le cose da riparare sono molte. Siamo contente però che finalmente abbiamo una sede nostra, un po’ più grande e accogliente. Nel frattempo si continua lo studio della lingua (io cerco di imparare qualche parola il Tagalog, perché la gente qui vicino non capisce l’inglese. Ma per il momento non posso frequentare un corso perché devo stare a casa con gli operai e seguire i lavori). Il nostro Vescovo ci da’ una mano per inserirci nella Chiesa locale. Ci suggerisce anche di entrare nella scuola pubblica per due ore settimanali per mettersi a disposizione dei ragazzi/e che desiderano parlare, ma questo quando parleremo come si deve! Frequentiamo la parrocchia e aiutiamo il parroco nella distribuzione dell’Eucarestia. Cercheremo di partecipare all’attività dei gruppi vari, non tanto per “fare” quanto per essere presenti, osservare, conoscere e imparare. Incominceremo anche a far conoscenza con le famiglie che ci sono intorno alla nostra casa, ma anche qui bisogna andarci piano… ci sono molti protestanti fra questa gente e non conoscendo bene la situazione si rischia di far male anziché bene! Poi quando potremo parlare meglio potremo intraprendere un lavoro più sistematico con le famiglie, con i più poveri, con i bambini e i giovani. Ma questo viene pian piano, (qui la dinamica pastorale é ben diversa da quella italiana e bisogna andare piano prima di mettere in piedi qualche attività).
Certo le aspettative di una azione missionaria vista da lontano sembrano rosee, realizzabili solo con la volontà… ma calarsi nel concreto di un popolo così diverso, ti fa vedere la realtà in maniera diversa. Allora ti chiedi in che cosa consista la missione… E qui ritorno alle prime mie espressioni: “testimoniare ciò in cui si crede!” entra in gioco la dinamica del rapporto personale con quel Cristo che credi di aver incontrato e compreso e che fa parte della tua vita. Ascoltare la sua Parola, quella scritta sui libri e quella scritta nella storia dell’uomo… aspettare i tempi e i luoghi come a Lui piace… riscoprire i valori della vita umana, e accettare di sentirsi niente con la convinzione che è Lui il protagonista dell’azione per la quale diciamo di fare i missionari.
Non vi nascondo che tutto questo comporta dei sacrifici personali, e comunitari compresa la Congregazione, ma è questo quello che ora possiamo offrire come azione Missionaria. La preghiera, anche la vostra è più che indispensabile per andare avanti con fedeltà e coraggio. La gioia viene prodotta dalla consapevolezza di quanto detto sopra. I sacrifici si affrontano perché acquistano senso e valore.
La nostra presenza nelle Filippine è espressione di dono alla nostra Beata Fondatrice in occasione della Sua Canonizzazione. Ma è anche espressione di dono per noi da parte di Lei che sentiamo vicina con il suo aiuto e la sua intercessione.
IL Signore così guida i nostri passi e questo ci basta.
Carissimi Amici ho la gioia di dirvi che verremo in Italia il 9 maggio e vi resteremo almeno per un mese. Forse avrò la possibilità di vedervi tutti o quasi… e di raccontarvi di persona le cose di qui, sarebbe bello incontrarci tutti nella proclamazione delle nostra nuova Santa Orsola (18 maggio), in S. Pietro. Penso che per molti di voi sarà possibile. In ogni modo quando sarò a Roma mi farò viva in un modo o nell’altro per raggiungervi almeno per telefono.
Per ora solo questo vi dico e vi chiedo di continuare a pregare per me e le mie Consorelle.
Con affetto un abbraccio per ciascuno di voi, sempre nel ricordo fraterno e un grande grazie per la vostra amicizia.
Sr. Margherita
(3° lettera)
Tagaytay 6 ottobre 2003
Carissimi Amici,
dopo una lunga sosta necessaria, e causata anche dai lunghi restauri della casa che mi hanno tenuta occupata, penso sia giusto ritrovarci, prima di tutto per salutarvi ognuno personalmente e ringraziarvi per l’incontro in giugno, poi per aggiornarvi sullo sviluppo della situazione qui.
Il giorno 28 settembre è stata raggiunta un’altra tappa importante per noi: la benedizione della nuova Cappella, un po’ più grande di quella precedente e capace di accogliere più persone. E’ venuto il Vescovo a benedirla e a celebrarvi la prima Santa Messa. Ora Gesù definitivamente abita con noi e questo ci è di grande forza. Abbiamo voluto raccoglierci intorno al Nostro carissimo Vescovo per dare un tono un po’ più spirituale all’avvenimento. Con noi c’erano anche delle ragazze, tra le quali due di loro pensano di entrare da noi il prossimo anno. Queste di tanto intanto vengono a trovarci e a stare qualche giorno con noi, hanno così occasione di osservare, partecipare, alla nostra vita e così avere la possibilità di fare un primo discernimento per la loro vita. Di questo vorrei parlarvi stavolta: Nella Filippine la religiosità (e non solo quella Cattolica), ingloba ancora la totalità della popolazione… Gesù, Maria, i Santi, le devozioni varie, (a volte mischiate a superstizioni, e pratiche di pietà accompagnate da folclore) sono all’ordine del giorno, forse è per questo che molti giovani vedono il loro futuro nella prospettiva della vita religiosa: è un onore e prestigio diventare preti o suore. Sono infatti molti che chiedono di entrare nei conventi, ho conosciuto conventi con 30 – 40 aspiranti… (più tardi nel tempo matureranno le motivazioni che li ha spinti a questa scelta e allora si ridimensiona il tutto e il più delle volte la maggior parte di queste devono tornare a casa loro, perché comprendono che quella scelta non è la loro più profonda aspirazione). E’ necessario aprire la casa, le forze, gli ideali nostri e condividere economicamente la nostra vita, ma soprattutto aprire il cuore e volerle veramente aiutare, accompagnandole per mano è necessario camminare con i loro piedi, entrare nella loro mentalità e cultura per aiutarle ad approfondire il senso della vita, la conoscenza di se stessi, l’approfondimento del messaggio evangelico e dell’essenza della vita religiosa. In poche parole accogliendole nelle nostre comunità si deve fare opera di umanizzazione, educazione e preparazione alla vita. Il più delle volte è necessario mandarle a scuola (molte hanno difficoltà familiari che non permette loro il lusso dello studio) e allora le si manda a scuola, almeno per avere nel futuro della loro vita una buona formazione umana e culturale. Per capire il valore di questa realtà e la necessità di accogliere queste giovani educarle, guidarle a far discernimento bisogna conoscere e tastare con mano le molteplici problematiche che questi giovani vivono nel loro ambiente familiare e sociale. Forse la motivazione che fa scegliere loro di diventare preti o suore, non è sempre della più ortodossa; nei religiosi o preti si vede uno stato sociale più alto, una posizione di prestigio e diventa motivo di aspirazione. Ma questa è la profonda realtà di qui, non da criticare o paragonare all’ambiente occidentale, perché la storia qui è la propria storia, la cultura e le usanze ben diverse e non per questo meno di valore. E’ certo che più il tempo passa, le vicende si accavallano nella nostra esperienza di vita qui, più ci si rende conto che si capisce ben poco della vera realtà, si scoprono sempre nuove cose, e ci si trova spiazzati certe volte, ci si pongono degli interrogativi, ci si mette in crisi e ci si chiede cosa dobbiamo realmente fare per il bene di queste giovani! Prima di tutto accoglierle così come sono,… parlando di questa realtà con un sacerdote agli inizi della nostra venuta, mi ha colpito la sua espressione: “Una cosa è importante, vogliate bene a queste giovani!” e credo sia la cosa più giusta da farsi. Anche noi ci disponiamo ad affrontare questa realtà, non vogliamo fare collegi speciali, ma dare alla giovani la possibilità di crescere come donne, come cristiane e cittadine, vivendo accanto a noi, nella comunità. Ci sono già alcune giovani che come dicevo, hanno espresso il desiderio di venire a vivere con noi, Per noi è motivo di gioia, di responsabilità e di nuovo impegno. Affrontiamo una nuova realtà che ci interpella comunitariamente e personalmente. Ma questo richiede forze, posto adeguato e denaro per aiutarle. Abbisognano di tutto, dal semplice vestito al cibo quotidiano, ai soldi per il viaggio, per lo studio, ecc… Per il momento possiamo accoglierne solo sei in casa, ma pensiamo sia necessario dover comperare un altro pezzo di terra dove costruire una casetta proprio per la loro formazione. Se fra queste ragazze ci saranno poi coloro che vorranno abbracciare seriamente la vita religiosa, le accoglieremo ed educheremo come Orsoline e saremo così pronte ad aprire nuove comunità nelle isole dove maggiore è la necessità per i più poveri. Il cammino è lento, e richiederà anni prima di vederne i frutti. Adesso è il tempo della preparazione e credeteci non è tanto semplice e gratificante, ma riconosciamo che e’ necessaria questa tappa. Con il denaro raccolto durante il soggiorno in Italia abbiamo potuto, in parte fare le dovute riparazioni in casa, preparare la stanza per le ragazze, rimbiancandola e allargando le finestre, comperare i letti,… (a castello perché ne possano entrare almeno sei), lenzuola cuscini ecc.
Adesso aspettiamo la venuta di Sr. Giulia (si spera verso la prima metà di novembre), per poter procedere nella compera del terreno e fare un progetto adeguato alle nostre necessità e possibilità economiche. Nel frattempo stiamo cercando di entrare ancor di più nell’apprendimento della lingua inglese, e i primi approcci con il Tagalog. Si cerca di entrare sempre più nelle realtà dell’ambiente ecclesiale e sociale. Si partecipa alle lezioni di religione nella scuola elementare e in progetto, prossimamente nei ritiri dei giovani, anche, nelle scuole. Ci sentiamo sempre più parte della gente che vive intorno a noi, c’è solo la difficoltà della lingua perché la povera gente parla solo il Tagalog e noi appena, appena l’inglese, ma il più delle volte ci intendiamo e procediamo con serena presenza fra loro. C’è anche da dire che nel nostro Barangay sono pochi i cattolici, la maggior parte della gente è protestante o di altre Chiese (che nelle Filippine fioriscono ad ogni passo).
Carissimi amici vi ho comunicato questa realtà perché assieme a noi possiate sentirvi missionari nell’azione educativa che stiamo affrontando, pregate per le nostre giovani, e per noi che possiamo stare al nostro posto con un cuore grande e generoso.
Sentirci uniti è una forza che ci fa andare avanti con coraggio.
Un grande saluto ad ognuno di voi, sempre nel ricordo fraterno, vi raggiunga il mio saluto e quello della mie consorelle, Sr. Rosa Nita e Sr. Violetta.
Con un forte abbraccio
Sr. Margherita
(4° lettera)
Tagaytay 29 gennaio 2004
Carissimi,
Camminavo a piedi lungo la strada principale che porta a Tagayaty centro, badavo bene di accostarmi il più possibile all’estremità di essa per non essere investita dalle macchine che sfrecciavano veloci. La strada però, senza marciapiede lateralmente, non offre possibilità di sicurezza. Su questa più avanti mi imbatto in una serie di bancarelle di frutta, devo passare a ridosso di queste, saluto con il sorriso e il Good Morning e vengo ricambiata con un cenno della testa dalla gente che sta lì per vendere. All’improvviso una bimbetta mi si ferma davanti, mi sorride e mi dice qualche parola in Tagalog che non capisco, poi con enfasi gioiosa, chiama la mamma dicendo che c’è una suora. La mamma saluta in inglese e spinge la bimba a chiedere la benedizione, allora la bimbetta sempre con il sorriso sulle labbra si porta la mia mano alla fronte (caratteristico segno di rispetto che usano qui). Tento di dire qualche cosa, chiedo l’età e se la bimba va a scuola. “Ha solo tre anni, il prossimo anno andrà all’asilo”, mi dice la mamma. Poi con espressione implorante mi dice chiaro e tondo se voglio essere lo sponsor per la sua bambina. Capisco che vuole essere aiutata nel sostenere le spese della scuola. Presa alla sprovvista, dico che in questo momento non ho la possibilità e che ci penserò… mentre riprendo il cammino, lei si affretta a dirmi il nome della bambina e a spiegarmi il posto esatto della sua bancarella (ce ne sono molte in fila lungo la strada ed è difficile capire dove finisce una e comincia l’altra). La bimba continua a dirmi qualche cosa in Tagalog, ma io posso solo accarezzarla e farle un sorriso. Poi continuo il mio cammino, riflettendo su questo incontro e cosa fare in questi casi… ripetevo per un po’ di tempo fra me e me il nome della bimba “Alyssa”… poco dopo non lo ricordavo già più. Nel tornare indietro, sempre a piedi, dovevo ripassare davanti alle bancarelle, ma trovandomi a disagio di cosa dire ancora se avessi incontrato la signora, mi sono incamminata dalla parte opposta della strada. Improvvisamente mi sento chiamare “Sister”! E’ la signora con la bimba che stanno passando dall’altra parte della strada e che salutano agitando la mano, vedendo che mi sono fermata per salutarle, si accingono ad attraversare la strada per raggiungermi. La mamma mi ripete ancora il nome della sua bambina, e dice che vuole darmi una sua foto. Attraversiamo di nuovo la pericolosa strada e arriviamo accanto alla bancarella. La signora mi invita ad entrare nel retro della bancarella, letteralmente un buco; si passa uno alla volta e ci sente soffocati dalle numerose cose che dovrebbero costituire l’arredamento di una casa. Mentre la mamma rovista fra le carte per trovare una foto della bimba, mi invita a sedermi nell’unica sedia che spunta fra le tante cose. Giro lo sguardo attorno, quasi con timore e rispetto, cercando di riconoscere qualche oggetto fra la massa di cose che mi circonda, ma faccio fatica a distinguere, poi scorgo lo schermo di una tv, qualche pentola e le posate dentro un barattolo… tutto l’altro non sono riuscita a definirlo. Osservo la bimba che si muove con disinvoltura in questo buco e viene vicino a me per farmi vedere qualche foto sgualcita e sporca che ha fra le mani, spiegandomi chi sono quelle persone. Un metro quadro di spazio, sotto un pertugio che fa da finestra con la tipica tendina - straccio e che da’ sul canale laterale della strada - luogo di rifiuti e sporcizie di ogni genere, questo spazio, ricoperto da panni e una vecchia zanzariera mi fa capire che è il letto, dove dormono mamma e bambina e anche il papà quando torna a fine settimana. Questa è la loro casa. “Abitiamo qui. La mia bambina vive qui, mio marito fa l’autista delle Jeepney familiari a Manila e viene a fine settimana”. Praticamente la vita della bimba è fra questo buco e il margine della strada pericolosa. Chiedo alla signora di scrivermi il nome della bimba e il loro indirizzo. Mi dà la foto della bimba, con un biglietto dove annota quanto richiesto. Nei suoi occhi ho letto la speranza di essere aiutata. Ho detto a lei che vedrò cosa potrò fare, se troverò qualche persona in Italia che vorrà prendersi cura della sua bambina; glielo farò sapere. Appena ha saputo che sono Italiana, con espressione compiaciuta, ha subito detto che il popolo Italiano è molto buono. Nell’uscire dovevo giostrarmi un po’ per non inciampare nella frutta o sbattere la testa nelle tavole e tende che costituiscono la bancarella. Mi sentivo tanto confusa… quante volte sono passata su quella strada, ma sempre passando con le Jeepney o altre macchine… Quante volte ho visto la gente seduta tutto il giorno accanto alla frutta… e se mi sono fermata a comperare qualche cosa, ho sempre cercato di far abbassare il prezzo altrimenti non avrei comperato. Ma mai sono entrata al di là dell’apparente bancarella. I volti della gente assumono un aspetto diverso ai miei occhi, e mi chiedo quante e quali situazioni vi siano dietro quei volti di gente che giudichiamo dalle apparenze di venditori, che passano stagioni intere sulla strada, di giorno fra rumori assordanti e respirando lo smog delle macchine, di notte si rannicchiate su tavolacci, dietro le bancarelle, in condizioni disagevoli e ambiente malsano, per dormire un po’ e nel frattempo vegliare sulla propria merce. Ho pensato: i poveri li incontri se calpesti le loro orme, non passandole accanto con la macchina. Tornando a casa, pensavo a come il Signore sta dirigendo piano, piano i nostri passi… e ho capito che: sapersi mettere in ascolto, saper leggere i segni, porre attenzione ai piccoli avvenimenti… e sentirsi strumento di speranza per i poveri… in questo consiste ora la nostra missione. Ecco, stiamo in questa situazione. Lo sforzo di imparare la lingua, ci fa da sfondo per darci qualche sicurezza in più, ma in effetti la missione è anche questa, senza l’inglese perfetto… Sempre più mi rendo conto che la missionarietà non è prima di tutto il fare quanto l’essere. E’ la tensione interiore che ci spinge a riconoscere il nostro ruolo nel mondo come vocazione cristiana, a rispondere alla chiamata di Dio, Ad aprire il cuore da quello che siamo in realtà verso quello che possediamo dentro di noi per condividerlo con i fratelli. Il Signore, poi dirige a modo suo e offre le occasioni per andare incontro ai bisognosi. Non quel che vogliamo noi, ma quel che vuole Lui, questo è essere strumenti nelle sue mani (a volte però noi vorremmo la sicurezza delle mani piene del nostro agire, delle nostre opere… è difficile dirci che è sbagliato questo atteggiamento).
Mi rivolgo a tutti voi Amici che avete chiesto di essere informati sullo svolgimento di questa missione: oltre a cercare di capire il vero ruolo missionario che coinvolge tutti noi e viverlo nel proprio ambiente, se qualcuno di voi vuole contribuire nell’aiutarci concretamente adottando qualche famiglia o bambino per aiutarlo nella scuola, nella crescita, nella cura di malattie ecc… me lo faccia sapere. Adesso cominciamo ad avere questi contatti con i più bisognosi. In base alla vostra donazione possiamo venire loro incontro. Per informazioni circa le modalità concrete per una adozione per le Filippine è bene rivolgersi a Suor Giulia Esposito ( E-Mail: sr.giulia@tiscali.it tel. 06-6536473 – V. del Casaletto 557 / 00151 – Roma).
Per rivolgersi direttamente a me: E-mail ursphil@pacific.net.ph
Dall’Italia Tel: 0063-46-4133984 – Maitim 2nd East 212 – Tagytay City – Filippine.
Sicura che il cammino missionario venga compreso e condiviso da ognuno di voi, Amici carissimi, vi raggiungo ognuno in particolare, per salutarvi e augurarvi tante grazie dal Signore nelle vostra quotidiana vita.
La preghiera per ognuno di voi è assicurata non solo da me personalmente ma da tutta la mia comunità.
Con affetto
(5° lettera)
Tagaytay 23 febbraio 2004
Carissimi Amici,
voglio inviarvi alcuni stralci di lettera che ho scritto ad alcuni amici appena fatta la prima esperienza della visita in carcere. Sono sensazioni che trascritte al caldo sono particolarmente toccanti. Ma adesso che sono già tre volte che faccio questa visita ai carcerati, le cose cambiano un po'. Adesso il contatto umano è più sentito, e ci si rapporta in maniera diversa. Ieri attraverso le sbarre sono passati inaspettatamente piccoli gesti di condivisione, che mi hanno commosso: mi hanno regalato qualche piccolo lavoro fatto con le loro mani con pezzi di giornali; uno di questi accompagnato da una letterina, nella quale un detenuto ha presentato la richiesta di preghiera per il suo caso: per il processo che dovrà avere. Poi si firma così: "Your new friends, Lowell Salanid". E l'amicizia per lui è nata e sentita solo dal fatto di vedermi presente al di là delle sbarre. Io l'avevo individuato fra i tanti, solo perché volgendo lo sguardo su quella massa di volti che avevo davanti, uno di loro mi ha elargito un grandissimo sorriso e un accenno di saluto con la mano al quale ho risposto a mia volta col sorriso. Oggi è proprio lui che mi ha inviato un bel cigno fatto con le sue mani. Mentre me lo consegnavano e leggevo la letterina mi sono girata verso la grata e l'ho intravisto. Era lì, proteso a guardare la mia reazione; appena ricevuto il mio sorriso come segno di ringraziamento e facendole segno di aver capito, ho visto brillare i suoi occhi. Penso di avergli procurato un po' di gioia. Ora però devo mantenere la promessa della preghiera e lo farò, ma vi chiedo se tutti voi potete aiutarmi, prendendo a cuore questa persona pregando per lui e anche per tutti gli altri detenuti (penso che anche questo possa essere una specie di adozione spirituale.., potrei inviarvi dei nomi per i quali impegnarsi a pregare, può essere una idea no? Che ne pensate?).
Non parliamo poi di alcune delle donne, specie della ragazza di 22 anni. Ella si stringeva forte a me piangendo sommessamente e più volte mi ha chiesto di non dimenticarla. Alla fine mi ha dato anche lei il cuore fatto con i soliti giornali dove è stato scritto il suo nome: “Shara” - "Because you not forget me" mi dice (vedi la foto).
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Le ho anche detto che forse domenica prossima non potrò andare e l'ho vista subito rattristarsi... penso che farò del tutto per riandarci! Vi è anche una donna incinta di 7 mesi. A lei abbiamo portato le pasticche di vitamine e il latte in polvere per rinforzare il bambino (non hanno cure mediche, non hanno chi li rieduca, non hanno a volte parenti che possano andare a trovarli, perché provenienti da isole lontane). Come far finta di niente?
Ecco la lettera che ho scritto con le prime sensazioni: Imus 8 febbraio - 2004
"Per la prima volta sono andata a trovare i carcerati filippini in una città vicina. E letteralmente sono rimasta scioccata.
Con due seminaristi del PIME e alcune catechiste della cattedrale di Imus (che già da tempo hanno avviato questa attività di volontariato nel carcere), sono andata la domenica pomeriggio a vedere cosa si fa con queste persone carcerate. Pensavo di andarci almeno una volta per rendermi conto di questa realtà, così solo per vedere… E' stata fatta una paraliturgia, nel corridoio tra una cella e l'altra (così stretto che la terza persona fa fatica a passarvi se ce ne sono già due)… E’ stata fatta la lettura della Parola di Dio, proclamata dagli stessi detenuti, i canti, la Comunione e alla fine ricreazione con canti mimati... Guardavo sbalordita la folla di uomini che si accalcavano nella cella – più di 50 in pochi metri quadrati. Con letti a castello uno attaccato all’altro, occupanti tutta la parete della stanza (ne ho visti di simili solo al campo di concentramento visitato in Polonia), più che letti sono tavole arrangiate su pali a tre piani, come le gabbie di animali e loro seduti sopra, sotto, dentro e il resto accovacciati per terra, tutti pronti a partecipare a questo incontro. Volti, tanti volti che cercavo di guardare, ma non mi potevo soffermare ad osservarli bene. Mi trovavo vicino all’inferriata tra una cella e l’altra, perciò mi sentivo a mia volta osservata da tutti quegli occhi, solo il sorriso che cercavo di abbozzare potevo dispensare ora ad uno ora all'altro. Qualcuno discretamente chiamava “Sister”! e faceva cenno con la mano per salutare come per dirmi: ci sono anch'io!
Tre celle con uomini ed una con le donne in tutti più di 150 detenuti, messi lì come animali in gabbia e tutto il giorno se ne stanno dentro queste celle senza spazio, né aria sufficiente, e senza fare niente. In più all'interno di queste celle vi è un solo gabinetto e una sola doccia! (coperte da tavole che a loro volta fanno da letto per altri due o tre detenuti). Un blocco allo stomaco mi ha preso vedendo tutto ciò e pensare che sono papà, mamme, fratelli e figli... Partecipavo alla paraliturgia, trovandomi fra la cancellata di due celle, nel piccolo e stretto corridoio che le separa, e sensazioni forti mi invadevano. A stento frenavo la voglia di piangere, soprattutto quando aiutando il diacono a distribuire la comunione vedevo quelle mani tese fra l’inferriata per accogliere il Signore. Cercavo di guardare in faccia le persone mentre dicevo loro : "The Body of Christe" e abbozzarle un sorriso, quasi volessi far capire ciò che provavo per loro in quel momento... quante espressioni diverse, ma anche quanta serietà e compostezza nell'accogliere il Signore, ho visto in loro! Non parliamo poi dei canti: tutti cantavano a squarciagola. Avevano appeso alla grata del cancello dal di dentro, vecchi fogli di carta dove avevano scritto a mano le parole dei canti e tutti, tutti cantavano. Tutti sapevano rispondere bene alle preghiere.
Alla fine della celebrazione un momento ricreativo li ha fatti ridiventare tutti come bambini sorridenti e felici di gesticolare con mani piedi e corpo, a ritmo musicale e cantare allegramente. Pensavo alla gioia che potevamo procurar loro in quel momento, ma poi il resto della settimana? come la passavano? come convivevano in quelle ristrettezza e afa? Il nodo alla gola era sempre più forte, e mi sono rivista io, tanti di noi, che passano giornate a volte insignificanti mentre ci sono coloro che aspettano di essere visitati, e il tempo potrebbe diventare oro adoperandolo per loro. Il diacono ci ha presentate e loro ci hanno accolte con un lungo battimano, ancor più forte quando hanno detto che torneremo a visitarli. E alla fine, il saluto attraverso le grate, con lo stringere la loro mano... Avrei voluto avere il dono delle lingue in quel momento per comunicare almeno una parola e riceverla da loro, invece solo il sorriso e la stretta di mano mi restavano. Ma mi sono accorta che era sufficiente; me lo ha confermato il fatto che quando uscendo dall'edificio qualcuno continuava a chiamarci "Sister!" e guardando da dove veniva quella voce mi sono accorta di chi stava ancora seduto al terzo ripiano del letto e perciò vicino la finestra, tra le sbarre salutava agitando la mano. Ecco, quelle sbarre, non costituivano più un ostacolo nel rapporto umano, quello di cui tutti maggiormente abbiamo bisogno: un po' di attenzione, un sorriso benevolo e un po' di bontà.
Esponendo al vescovo la mia reazione a tale visita, mi sono sentita rispondere:
"Siamo chiamati per annunciare la libertà ai carcerati. Ma noi stessi siamo in prigione. Vediamo un prossimo in loro", e allora mi sono reinterrogata in che cosa consista veramente l'essere prigionieri! Io che li ritenevo privi di libertà devo ammettere che possono essere più liberi di noi? Le cose si sono rovesciate? Dove sta la verità? Ho pensato che sotto sotto questa è una verità su cui riflettere!
Cari Amici,
raccontandovi tutto questo pongo anche a voi questa riflessione: cosa significa essere liberi e come vivere la mia libertà e rispettare quella degli altri!
- con grande saluto
Sr. Margherita
(6° lettera)
Tagaytay 1 agosto 2004
Carissimi Amici,
Vi saluto uno ad uno e vi auguro una efficace vacanza. Qui nelle Filippine è tempo di piogge e tifoni e il lavoro dell’anno scolastico e lavorativo è in pieno corso. Pertanto anche le attività apostoliche hanno ripreso il ritmo. Voglio con questa lettera raggiungervi, facendovi partecipi dello svolgimento del nostro lavoro in terra Filippina, soprattutto per quanto riguarda il lavoro con la gente più bisognosa. Inoltrandomi nella realtà delle adozioni, sono venuta alla conclusione che non basta solo dare un aiuto materiale ai bambini, ma aiutare la famiglia a costruirsi una vita decente, anche sotto l'aspetto cristiano. La vera povertà, per molta gente, non è solo e tanto quella della mancanza di cibo, casa vestito, perché in un modo o nell’altro, si sanno arrangiare, ecc… ma è ben altra, causata dalla storia di questo popolo, dalle dominazioni e sfruttamenti, che ha subito nel corso dei secoli, dalla mancanza di attenzione e cura per l’educazione, nella formazione umana e civile. Realtà, che hanno radicato nel tempo certi modi di fare e di essere e che difficilmente oggi si risolvono con la sola pietà e quattro soldi. Ma tutto questo non deve lasciarci indifferenti; bisogna fare quello che possiamo. Ecco alcune situazioni di cui sono venuta a conoscenza e che comunico a voi così, come io le vivo:
Carissimi, queste sono alcune considerazioni che facciamo noi qui e che condivido con voi tutti. Se credete opportuno darci anche una mano concretamente, ve ne saremo grandemente riconoscenti.
Due ragazze filippine sono entrate a far parte della nostra comunità (naturalmente iniziano col fare l’esperienza vocazionale, e poi si vedrà…), ma con esse nasce la speranza di un lavoro sempre più efficiente per questa popolazione. Pregate per loro e per noi e che il Signore ci faccia sempre più capire il valore della solidarietà, dell’amore fraterno, e ci renda disponibili al suo richiamo: “amatevi come io vi ho amato”. Con un grande saluto per ognuno di voi vi ricordo con affetto.
Sr. Margherita
(7° lettera)
Tagaytay, 3 dicembre 2004
Per tutti gli Amici della missione Filippine!
“Halina Jesus Halina, Halina Jesus Halina!”, parole che risuonano nell’aria in un sabato pomeriggio. Arrivano all’orecchio nella molteplicità di toni e sottotoni. Sorrido ascoltando la varietà musicale e, sbirciando dalla finestra, osservo questi bimbi dal più piccolo al più grande, intenti a cantare: “Halina…” - “Vieni Gesù, vieni…”. Volti e voci infantili, che esprimono vivacità, spontaneità, il tono non per tutti è quello giusto, ma che fa? Si canta lo stesso e questo basta. E penso: “chissà come ascolta il Signore e come li guarda benevolmente senza badare alle stonature…, chissà… verrà proprio perché chiamato nella semplicità di questi bimbi?” Richard, Luz Clarita, Mark, Johson…, solo alcuni dei nomi conosciuti perché di bimbi presi in adozione. Eccoli, ogni sabato pomeriggio presentarsi puntualmente all’una… con lo zaino sulle spalle o una borsa di plastica in mano, entrano felici, chiedono il blessing e corrono nel giardino. Ad accoglierli ci sono le due aspiranti, che si occupano in prima persona di loro. Passano quattro ore di gioia, usufruendo del nuovo Cubo, (gazebo). Le nostre aspiranti fanno loro lezione, catechesi, giochi (nel bel prato verde del nuovo campo), e si offre loro una lauta merenda. Eccoli, correre felici sull’erba fresca, eccoli che si rincorrono o tentano di far canestro sul cesto posto sul muro appositamente per questo gioco. La fatica fatta per trasformare un mondezzaio a prato verde, spazioso, pulito, si trasforma in gioia. E quei bimbi per un attimo mi sono parsi tanti fiori sbocciati all’improvviso, che rallegravano tutto l’ambiente. Poesia? - lasciamo che qualche volta la poesia prenda il sopravvento, specie quando dona il gusto del bello e fa vibrare di gioia le nostre coscienze!
Ecco, Carissimi Amici, con questa immagine voglio semplicemente comunicarvi quanto stiamo vivendo attualmente, a proposito di adozioni: Sappiate che oltre all’aiuto scolastico che offriamo tramite la vostra generosità, essi vengono seguiti ogni sabato, assieme ai loro fratelli o sorelle, (per la gioia loro e dei loro genitori), accogliendoli qui, nel nostro nuovo spazio all’aperto. Per adesso, solo 15 bambini e bambine di scuola elementare. Attualmente stanno preparandosi al Natale. Natale, la prima volta per loro, sarà il ritrovarsi tutti insieme, piccoli, grandi, familiari, noi… il giorno 18 dicembre qui, nel nostro campo. Attualmente stanno preparando una rappresentazione sulla Natività e quel giorno la rivivranno assieme ai genitori. Giocheranno, riceveranno simbolicamente un dono. E poi, una grande merenda, fra giochi e canti mimati, che completerà la loro gioia. Il regalo personale e il cibo a tutta la famiglia verrà donato precedentemente: andremo a visitare famiglia per famiglia e con il dono natalizio porteremo anche i vostri saluti e auguri. “Halina Jesus” cantato da loro, diventi preghiera, speranza e augurio per tutti noi e per tutti voi, Carissimi Amici.
Lascio spazio alle esperienze di Suor Rosa Nita e Suor Violetta, nelle attività che continuiamo a svolgere:
Suor Rosa Nita:
“Come responsabile dell’attività vocazionale ho potuto visitare Diocesi, parrocchie, scuole, università… tantissimi giovani; aule strapiene – a volte 90 - 100 alunni, seduti per terra. Visi che ti guardano, come per avere una risposta al loro incerto domani, e si chiedono cosa sia meglio per loro: convento, lavoro all’estero, o cosa ancora, pur di aiutare la famiglia. La povertà, la si tocca con le mani, ma ovunque vado, ricevo un’accoglienza meravigliosa, che mi fa sentire subito a casa. E sperimento la povertà ricca di umanità.
Inserita in una comunità parrocchiale, ho tenuto un ritiro ad un gruppo di persone sul tema: “Avvento, Maria - sicuro segnale di speranza. Il ‘sì’ di Maria nel quotidiano e nella semplicità di vita”. Nel dibattito che ne è seguito, una signora si è così espressa: “Non importa, se per Natale avrò solo riso e pesce da mangiare, quello che è più importante è che la mia famiglia abbia uno spazio per il “SI” che ci visita per nascere”.
Visitando i carcerati…un’esperienza unica: durante la celebrazione della Liturgia, nell’omelia che mi era concesso di fare, vedevo la massa di quelle persone, con gli occhi fissi e attenti e percepivo in loro il desiderio di dire qualche cosa a Gesù. Regnava un silenzio profondo, e sul loro viso si stampava la sofferenza, che sembrava ritrovarsi con quella della Croce di Cristo. Nella Comunione, il cantare si prolungava a non finire; sembrava dicesse di non voler abbandonare questo momento così bello e significativo di incontro con Cristo e i fratelli. Ma si doveva smettere per forza, perché gli ammalati in un’altra cella aspettavano di vivere la stessa esperienza.
Suor Violetta aggiunge:
“Ogni volta che vado nel carcere, mi aspettano nuove esperienze difficili da immaginarsi. Visitando regolarmente i prigionieri si può notare la differenza della nostra comunicazione. Sembra, che non si faccia un gran ché, invece è importantissima per loro la nostra presenza, l’ascolto, le parole di speranza. Difficile da immaginare le loro condizioni di vita, soprattutto le ingiustizie che feriscono profondamente la loro dignità umana. E lì che si può toccare con palpabile sensibilità gli sguardi carichi di richiesta di perdono, di lacrime, di pentimento per lo sbaglio commesso. Si può vedere il solco, che le lacrime uscite nel silenzio hanno segnato sul volto, soprattutto per i problemi familiari. A volte, si legge in essi la disperazione o l’apatia, la rassegnazione o la voglia di lottare. Soprattutto la disperazione per non avere nessuno che si interessi di loro… Dove sono finiti gli amici, che hanno aiutato a fare lo sbaglio? Neanche i familiari sono presenti, a causa della lontananza o dell’impossibilità di pagare ogni volta che vanno a visitarli.
Una cosa ancora impressionante, specialmente durante la celebrazione Liturgica, si sente la potenza della presenza di Dio, che non lascia nessuno indifferente. Neanche me!”…
Anch’io visito regolarmente questi carcerati, e lo ritengo una benedizione di Dio per noi. Si va da loro per portare sollievo, si torna arricchiti della loro umanità sofferente, ma fiduciosa in Dio. E lo scambio si verifica ogni domenica e ogni mercoledì, quando visitiamo i nostri amici carcerati, in due prigioni nella nostra Diocesi (circa 700 prigionieri in un carcere, e più di 200 nell’altro).
Carissimi Amici, è questo, in sintesi, è il nostro vivere il Natale per questo anno:
· Adozioni: 10 bambini più una famiglia di 9 persone; incontro settimanale con gli adottati, varie attività con loro.
· Visita ai carcerati: preghiera con loro, colloqui, aiuti materiali e anche qualche adozione dei loro bambini.
· Attività catechistica scolastica e collaborazione nella parrocchia e nella Diocesi nelle varie espressioni pastorali.
· Incontri quindicinali formativi religiosi con gruppi ecclesiali.
· Formazione delle giovani aspiranti.
· Attività vocazionale.
…E tutto il resto che concerne la vita quotidiana. A noi si sono aggiunte anche due ragazze filippine, ormai nostre aspiranti, che ci inducono a sperare in un prosperoso domani in Terra filippina.
Cari Amici, è quanto la Provvidenza ci mostra pian piano sulla nostra strada, è opera di Dio e noi cerchiamo di essere docili strumenti.
Grazie per la vostra comprensione e sostegno.
Ad ognuno i più cari auguri di Buon Natale e Buon Anno con i bambini che cantano ancora ”Halina Jesus”; i carcerati che prolungano il loro canto di speranza… e che gioiscono per ogni piccolo gesto di solidarietà, la gente che ripete: “l’importante è accogliere il “Sì”… ed io vi dono ancora l’immagine di quei piedi di bimbi su un prato verde, sono fiori che sbocciano per dare gioia e speranza a noi e a voi!
Buon Natale a tutti!
Sr. Margherita, Sr. Rosa Nita e Sr. Violetta
3 dicembre 2004, solo alcuni dei bambini presenti oggi.
(8° lettera)
Tagaytay, 4 agosto 2005
Carissimi Amici della missione Filippine,
passate le vacanze estive vi accingete ormai a riprendere il ritmo di lavoro. Mi ci metto anche io per raggiungervi con le notizie circa la nostra missione. Intanto auguro a tutti di riprendere il lavoro con rinnovate energie ed entusiasmo. Da noi le così dette ‘vacanze’ sono finite già a fine maggio. Il ritmo di lavoro è ricominciato a giugno. Cosa c’è di nuovo fra noi? E’ ricominciato il tempo delle piogge, con tifoni frequenti, ma ci sono anche brevi spazi di calma. Nonostante la pioggia, l’umidità e i disagi, la vita continua il suo ritmo, ci si abitua a tutto, anche ai disagi.
La nostra attività apostolica è ripresa con le adozioni a distanza, i bambini interessati vengono sempre il sabato pomeriggio e le nostre ragazze li aiutano nei compiti ecc…, questo ci permette di prendere maggior contatto con le loro famiglie e venire in loro aiuto dove e quando necessario. In più abbiamo intrapreso l’impegno di seguire alcuni bambini che vivono esclusivamente in casa (capanna): non registrati nel Comune, non frequentano la scuola – una di loro ha già 13 anni. Il loro impegno principale è quello di smistare l’immondezza cha la nonna racimola e che poi rivende a pochissimi soldi. La maggior parte del giorno vivono da soli in questa baracca. Il papà di due di loro è in prigione e gli altri due non si sa di chi siano figli, sono stati abbandonati davanti a questa baracca e presi da questa famiglia che li tira avanti come può. Non sanno né leggere né scrivere, vivono allo stato brado, come piccoli selvaggi. Due nostre ragazze con la suora si recano da loro per cominciare ad insegnare a leggere e scrivere. Loro sono felicissimi di imparare, è impressionante come reagiscono tenendo la matita in mano e il sorriso di soddisfazione che abbozzano nel cominciare a tracciare le prime parole.
Continuiamo ad andare a visitare i carcerati in due prigioni e prendere contatto con alcune loro famiglie, (per aiutare come possibile nei casi di vera necessità…. il mondo che ci si apre davanti è davvero sconcertante e a volte ci lascia senza risposta). In collaborazione con i seminaristi italiani del PIME ci si sta muovendo per una sensibilizzazione della gente a questo apostolato nelle prigioni, si dovrà andare nelle parrocchie e collaborare con i gruppi di volontari che già si adoperano a questo, avviare iniziative varie ecc…
Nella scuola elementare statale, sono 6 le sezioni in cui si presta il servizio di insegnare la religione cattolica, e a questo sono specialmente impegnate le ragazze postulanti e candidate, aiutate nella preparazione della lezioni dalle suore.
E’ frequente la collaborazione con la catechiste della parrocchia in vari momenti dell’attività con i tanti bambini.
Questo anno in modo speciale ci siamo avviate a lavorare nella pastorale parrocchiale a Mabuhay, distante da Tagaytay di circa un’ora e trenta minuti di viaggio, località con circa 15.000 abitanti. La suora con due ragazze a turno, si reca lì ogni venerdì pomeriggio e torna domenica sera. Dormono a casa di una famiglia che gentilmente si è prestata di ospitarci. Lì ci si introduce in tutte le iniziative apostoliche che già sono in vigore, si dà il proprio contributo. Intanto si sperimenta e si capisce meglio quale sia la realtà filippina sotto l’aspetto pastorale, sociale, religioso. E’ una ricchezza per noi tutto questo, sappiamo che dovremo farne tesoro. Ma non si escludono le difficoltà che tutto questo comporta: la differenza di mentalità, di metodo, di usi e costumi… di capire una religiosità che si esprime in maniera differente, il non offendere la loro sensibilità, il rispettare i loro tempi e metodi anche quando ci sembra che non quadrino con la logica ecc. Il lavoro Missionario allora diventa non tanto il fare quanto l’assimilare, comprendere, praticare l’umiltà, a volte ci resta solo la preghiera e l’offerta del nostro sacrificio perché la Parola di Dio venga proclamata con la vita (le parole sono tanto insufficienti, specialmente nella lingua del Tagalog). Parleremo di questa esperienza in altro tempo.
La novità di questo anno, è che la comunità è cresciuta: siamo le solite tre Suore, le due candidate sono passate al postulantato e sono entrate altre 4 ragazze, attualmente candidate che fanno il loro cammino con noi. Intanto sperimentano e ricercano se questa sia o no la loro vocazione. Siamo coscienti che queste giovani che entrano possono anche scoprire che questa non è la loro strada e che non necessariamente diventeranno suore, ma intanto abbisognano di aiuto materiale e spirituale e cerchiamo di darlo loro nella nostra vita di comunità. Pertanto uno dei primi impegni che ci stiamo assumendo e’ quello della formazione di queste 6 ragazze.
Con la loro presenza intanto ci è più facile introdurci nel mondo filippino e di questo siamo riconoscenti a loro e al Signore che ci sta aiutando in questa missione.
Grazie alla generosità di alcuni Amici e della nostra Congregazione in giugno abbiamo anche cominciato la costruzione di una piccola casetta a fianco di quella attuale, che possa dare spazio per le camere delle ragazze e anche un salone, dove svolgere le attività con i bambini o con altri secondo le necessità. Si pensa e si spera che alla fine di questo anno sarà pronta.
Come vedete le cose camminano, anche se non lo volessimo ci si ritrova con passi in avanti, e quello che ci sconcerta è che questi non sono meriti nostri, bensì del Signore e direi, in modo particolare della nostra Fondatrice, S.Orsola. La nostra vita non è fatta di eroismi; il più delle volte ci sentiamo tanto niente e incapaci ma, come San Paolo, sperimentiamo come tutto si può in Colui che ci dà la forza (cfr. Fil 4,13).
Cari Amici,
vi invito a dire grazie al Signore per tutto questo. E grazie anche a voi tutti che ci sostenete in vario modo: con preghiere, affetto, ricordo, col raggiungerci tramite telefono o e-mail, col sacrificio nella condivisione economica ecc… ognuno è ricordato ogni giorno nelle preghiere di comunità, quando preghiamo per i nostri benefattori.
Ciao a tutti e ad ognuno in particolare. Il Signore vi Benedica nel nuovo anno di lavoro.
Con affetto e gratitudine,
Sr. Margherita
che parla anche a nome delle consorelle, sr. Rosa e sr. Violetta
(9° lettera)
Tagaytay, 28 gennaio 2006
Carissimi amici della missione Filippine
Il tempo vola e quando si è lontani, ci si accorge sempre con ritardo che si aspetta reciprocamente un segno di vita! Eccomi perciò a rintracciarvi uno ad uno per far sapere qualche cosa di noi.
Quasi un anno trascorso fra cemento, mattoni, distruzione e ricostruzione di giardino, muro, casa… e fra tutto ciò ha prevalente importanza la costruzione della comunità, l’inserimento fra la gente, l’avviare nuove iniziative di apostolato ecc.
In aprile del 2005 iniziammo a ripulire il giardino per predisporlo ad una nuova costruzione: una casetta che ci permettesse di accogliere le ragazze che desiderano fare una ricerca della loro vita; che ci dia spazio materiale per dare loro una formazione sotto tutti gli aspetti umani e religiosi. La costruzione (che da contratto doveva finire in dicembre) ha subito un ritmo molto, ma molto lento. Ci ha tenute in ballo fino ad oggi gennaio 2006 (e non è ancora finito). Per questa ho dovuto spendere molto tempo nel fare da ingegnere, architetto e operaio!
Il 9 settembre 2005 si è aggiunta un’alluvione che ha fatto crollare interamente il muro del nostro giardino, inondando anche il piano terra della casa e la nuova costruzione, procurandoci non pochi danni! Abbiamo dovuto rimediare con pesante, lungo lavoro e spese notevoli. La pioggia torrenziale, tipica di tifoni e monsoni, oltre al danno arrecatoci, non ci ha risparmiato per quasi tutto il tempo della costruzione… eppure si è andati avanti, gli operai hanno lavorato sempre sotto la pioggia, ammirevole il loro senso di arrangiamento, cantavano e sorridevano nonostante i notevoli disagi per loro e per noi… Oggi gennaio 2006 ci ritroviamo con una costruzione molto bella, piccola, ma accogliente e capace di offrirci due camere da letto con bagno per almeno 12 ragazze (se mettiamo letti a castello), una camera per l’educatrice. Una per gli ospiti (in caso qualcuno di voi volesse farci visita!) e nel piano terra, un grande salone e un’altro piccolo locale aperti per l’attività con i bambini delle adozioni a distanza o quel che sarà necessario.
In breve è questo che mi ha tenuta maggiormente impegnata. Nello stesso tempo si incrementa la vita di comunità con le sei ragazze che hanno iniziato con noi il cammino della vita religiosa. E in previsione di altre che desiderano venire. E con esse si sperimenta sempre più fortemente la realtà del popolo Filippino, la cultura, gli usi e i costumi. Molto interessante il tutto, ma richiede anche molta disponibilità all’ascolto, all’accoglienza, al cambiamento di se stessi, al modificare parte delle proprie opinioni, per capire e accettare. Lavoro non facile e che richiede davvero l’intervento della grazia di Dio, da soli è difficile, perché facendo i conti con la propria natura a volte molte cose sembrano irragionevoli e impossibili da affrontare. In tutto questo scopro sempre più il senso della Missione.
Abbiamo inoltre iniziato il lavoro apostolico in un'altra zona distante da noi circa 1 ora di viaggio: Mabuhay. Una suora con due ragazze si recano là ogni venerdì pomeriggio e tornano la domenica sera. L’attività specifica è la pastorale fra i vari gruppi di giovani, adulti e catechesi per bambini. Tutto in collaborazione con i laici del posto, e inserite nella pastorale parrocchiale. Ma il campo di azione è aperto a molte altre realtà, e necessità, come quella di visitare le famiglie, gli anziani, portare la comunione ecc…, in esse si entra piano, piano cercando di apportare il nostro aiuto. Tutto ciò ci permette di entrare sempre più nella dinamica delle grandi povertà e necessità che caratterizzano questo popolo. Siamo aperte al futuro cercando di cogliere cosa sia meglio fare per loro. Naturalmente ciò sarà possibile attuare un domani con l’aiuto delle ragazze del posto.
Intanto sempre più si entra nella dinamica della pastorale con i carcerati, e con le relative famiglie. Campo aperto, ma che ci fa sperimentare la pochezza della nostra azione dinanzi ad una muraglia di ingiustizia, corruzione, povertà sfruttata e manipolata da chi è più ricco o detiene il potere.
Oltre alla visita settimanale fatta ai carcerati, ci prendiamo cura delle loro famiglie, specie dei loro figli, alcuni li abbiamo adottati e aiutiamo a pagare la scuola, altri li si visita settimanalmente cercando di insegnare loro a leggere e scrivere (non vanno a scuola e alcuni non sono neanche registrati al comune). Cerchiamo anche di procurare loro il cibo e le medicine. Stiamo facendo passi per aiutarli a fare la registrazione in comune, a fare visite mediche e un domani inserirsi nella scuola. E’ difficile descrivere la realtà delle loro condizioni… ma cerchiamo di affrontarle e aiutare in quel che ci è possibile. Diamo la possibilità di mettere in contatto, carcerato e famiglia (a volte per mancanza di soldi la famiglia non va a visitare il carcerato); con il nostro aiuto finalmente a Natale si sono potuti incontrare tutti di famiglia. E’ stata una gioia indescrivibile per i nostri amici e anche per noi.
In Marzo avremo la visita della nostra Madre Generale e sr. Francesca, e per l’occasione faremo la solenne benedizione della nuova casa, il giorno 22 nel pomeriggio (da voi saranno le 8 di mattina). Prevediamo la presenza di tanti e tanti amici… qui si usa invitare tutti e a tutti dare da mangiare. Ma la nostra gioia è grande per il lavoro compiuto e i passi in avanti che il Signore ci permette di fare. Abbiamo iniziato in tre, ora ci ritroviamo in nove ed è una gioia vedere che la comunità cresce! Contiamo molto sulle vostre preghiere per noi, e ci fa anche molto bene ricevere qualche vostro segno di vita e di condivisione!
Carissimi un grande saluto ad ognuno di voi. Il vostro sostegno è grande, con tutte le manifestazioni di affetto, di ricordo e di preghiera. Grazie a quanti si prodigano per condividere con noi concretamente l’aiuto ai più poveri e alla nostra vita di comunità, con le offerte e le adozioni a distanza. Per tutti assicuriamo il ricordo nella preghiera ogni giorno.
Auguri carissimi per la vostra vita con affetto un abbraccio per ognuno di voi.
Sr. Margherita
e comunità
(10° lettera)
Tagaytay, settembre 2006
A voi Tutti Carissimi Amici e Sponsor della Missione filippina
Il nuovo anno scolastico 2006-2007 ricominciato già a giugno, ci ha dato la possibilità di riattivare le iniziative apostoliche: visite ai carcerati, catechesi nella scuola, adozioni.
Un nuovo posto di lavoro è stato aperto. Si chiama S.Marino. Prendendo una casetta in affitto fra la gente, come la gente, per tre giorni alla settimana la suora con due ragazze lavora in questo bario aiutando un giovane sacerdote e i vari ministri laici nella pastorale parrocchiale. Lavoro non molto facile, perché tutto da costruire dal nuovo, e pertanto impegnativo e necessario.
La nuova casa di formazione, ormai finita e già abitata dalle ragazze, ha dato una svolta alla nostra attività. Adesso nel grande salone, siamo in grado di accogliere gruppi di ritiro (ce ne sono stati già parecchi e numerosi) anche con circa 60 e più persone. In un angolo della casa con la camera per gli ospiti, possiamo dare uno spazio accogliente a chiunque desidera passare una giornata in serenità, preghiera e riposo. Abbiamo avuto un sacerdote in ritiro per sette giorni, prima ancora di diventare Vescovo in Taywan; ma soprattutto il salone e il giardino rinnovato, pulito e bello, ci offre la possibilità di fare attività settimanale con i bambini delle adozioni, al riparo dalla pioggia. Le nostre postulanti, tornate dalle vacanze, hanno ripreso con slancio l’attività con i bambini adottati. Ogni sabato, puntuali e fedeli all’incontro. La caratteristica di quest’anno: i Bambini sono aumentati di numero, sono circa 30 e si è cercato di coinvolgere anche le famiglie, madri e nonne, solo qualche sporadico papà o zio. Il cerchio di aiuto si è allargato anche a due famiglie numerose e veramente povere che vivono molto distanti da noi. Ci restava difficile poter andare da loro ogni settimana e allora la provvidenza ci è venuta incontro: ora tutti i sabati vengono loro da noi. Una famiglia (nostra vicina di casa) si è prestata generosamente di aiutarci in questa attività: il marito si rende disponibile ogni sabato a guidare la jepneey, per prendere e riportare a casa i bambini e la moglie per preparare la merenda per tutti. Così tutti i sabati alle ore 1.30 la suora, con la jepneey e l’autista, fa il giro a Tagaytay per prendere queste famiglie lontane - tre famiglie in tutto - circa 16 persone. La jepneey li riporta tutti a casa la sera. Si riparte come le sardine in scatola, perché anche gli altri bambini con le loro mamme vi salgono e vengono accompagnati a casa loro. In questa si arriva perfino ad essere in 40 persone, stando anche uno sull’altro… ma che gioia stare tutti insieme, ammucchiati e per lo più con gli ombrelli grondanti acqua per le continue piogge che ci sono attualmente. I bambini fanno a gara fra loro a chi riesce ad impossessarsi del posto avanti, assieme alla suora, e ci si riduce a stare in 4 su un sedile accanto all’autista. Ma che importa? Non esiste finestrino e se piove ci si ripara con una vecchia tendina fradicia, ma che importa se il vento te la sbatte in faccia continuamente non è poi così freddo e presto ci si asciuga. Che importa tutto questo quando la gioia del cuore prevale in questo momento?
Ecco è proprio di questo momento che vorrei farvi partecipi, perché in esso si fa sentire tutta la dinamica dell’aiuto che cerchiamo di dare con le adozioni a distanza; accompagno a casa ogni sabato questi bambini e la gioia che provo è sempre nuova e grande. Gioia, perché so che per molti di loro e’ l’unica uscita di casa (baracca). Ci sono coloro che vivono sempre nella baracca smistando le immondizie che la nonna porta in casa e poi cerca di rivenderle. Ci sono quelli che non sono registrati in comune, non vanno a scuola… sono orfani di padre o di madre, malati, malnutriti ecc. Questo venire da noi diventa l’unico momento di contatto con gli altri, l’unica possibilità di imparare a leggere e scrivere e l’unica gioia di giocare insieme in un ambiente pulito ordinato e pieno di verde. Nella jepneey cominciano a cantare insieme, a ridere e scherzare, mentre all’arrivo - specie i primi giorni - molti dei nuovi erano tanto tristi, titubanti a prendere contatto con gli altri, a giocare e fare quanto veniva chiesto loro. Anche adesso molti di loro quando arrivano, sono accigliati, col volto triste… poi, il blessing che chiedono ufficialmente - che viene accompagnato dallo spontaneo abbracciarli e baciarli - li fanno sentire meglio e li fanno abbozzare qualche sorriso. Anzi, cominciano a correrti incontro con le braccia aperte! Alla fine del pomeriggio se ne vanno sorridenti, spigliati, contenti. Hanno tanto bisogno di affetto, di attenzione, di essere considerati. La gioia grande è la merenda, che letteralmente divorano e richiedono più volte (la merenda è qualche cosa di sacro per i Filippini; generalmente si cucinano o spaghetti o altri cibi di loro uso, ma richiede tempo e perché sia sostanziosa, abbondante e buona). Poi, tempo permettendo, li vedi correre e giocare felici, nel giardino, dal più piccolo che inizia appena a camminare sull’erba e dare il calcio alla pallina e a cadere sistematicamente col sedere per terra… al grande che ama saltare per fare canestro. Cercano di giocare insieme, di aiutarsi reciprocamente, ma si vede anche come il piccolo tende ad avere tutto per se e piange quando altri gli prendono la palla. Le mamme sedute nel Cubo (gazebo), guardano con gioia i loro figlioli, ma spesso dalla loro espressione si legge tanta tristezza… ed io osservo queste scene di vita e nel cuore si alterna la gioia e la preoccupazione. Gioia, perché questi bimbi sembrano tanti fiori in questo prato verde e si dà loro questa opportunità di gioire, anche se per poco tempo… dolore, perché si vengono a conoscere tante realtà che fanno rabbrividire. Vedere i volti di qualche mamma profondamente triste e con lo sguardo perso nel vuoto, anche se in braccio ha un piccolo bambino che allatta… e che, se ti avvicini, tenta di sorridere come se niente fosse. Ti domandi cosa passa sul suo cuore, cosa la vita le ha riservato… più tardi vieni a sapere dell’abbandono del marito e la difficoltà di portare avanti la numerosa famiglia senza un lavoro. O altre cose che non si vorrebbero conoscere: fame, miseria e squallore di ideali… prostituzione, ubriachezze, violenze varie… “chi più ne ha, più ne metta!”. Tutte realtà che hai lì davanti, concretamente in quelle creature piccole, nei loro occhi, nei modi di fare e di dire… nel loro corpo, a volte sfigurato da piaghe, graffi, ematomi ecc… E ti senti impotente come dinanzi alle onde di mare che ti travolgono. Ecco, a volte mi sembra che con quello che facciamo siamo in grado solo di lanciare un misero salvagente a questi bimbi; tanta e profonda è la miseria morale e fisica che si portano dentro.
Il “salvagente” lo si cerca di lanciare anche alle mamme. Ignoranza, incapacità di educare, schiave dell’uomo che beve e gioca, picchia o abbandona… impossibilitate ad assicurare ogni giorno il cibo ai propri figli, preoccupate esclusivamente di sopravvivere alla giornata…
L’educazione dei figli? Non è problema per molte di loro, prima di tutto è importante procurare il cibo: riso! Anche senza niente, ma riso, se hai quello, hai tutto! E per questo si è pronti a fare qualsiasi cosa (buona o non buona), in quanto a darsi da fare personalmente, faticare… lascia a desiderare. Abbiamo cercato di organizzare un incontro con loro ogni sabato, mentre i bambini fanno la loro attività. Si tenta di affrontare con loro i vari problemi riguardanti i valori della vita: educazione, igiene, corresponsabilità, impegno, costanza, lavoro, educazione religiosa ecc… Si cercherà di realizzare qualche cosa insieme, che possa stimolarle a imparare qualche cosa tipo: cucire, cucinare (tutto ciò è attualmente solo progetto da costruire, maturare e poi si vedrà).
Aiutate dalla Diocesi stiamo anche cercando di mettere in atto il progetto di alimentazione per i bambini che sono denutriti, con distribuzione di cibo tutti i giorni per sei mesi. Ma anche questo sta in via di progetto. Hanno chiesto la nostra collaborazione e vedremo cosa ne uscirà fuori. Intanto li aiutiamo con i soldi di Voi tutti Sponsor e Benefattori. Davvero possiamo dire che fra i tanti bambini di qui, questi, presi in adozione sono i più fortunati. In quest’anno oltre il solito aiuto nella scuola, abbiamo aiutato una bambina che doveva fare l’operazione dell’ernia. La malattia le ha impedito di andare a scuola – a 12 anni fa ancora la 1° Elementare. Non poteva andare dal dottore per mancanza di soldi (non vi è assistenza medica). Altri, mensilmente vengono accompagnati alla “Medical Mission”, dove dottori volontari li visitano e danno le medicine, per lo più vitamine e medicine contro i vermi. Altri li abbiamo mandati a scuola. Si aiuta anche qualche giovane che vuole studiare nelle superiori, ma non ne ha la possibilità economica. Si comperano le medicine di cui hanno bisogno e quando ne hanno bisogno e si aiuta anche qualche genitore a risollevarsi nel costruire un piccolo angolo di vendita come anche a ricostruirsi una baracca decente. Le richieste sono tante, ma bisogna procedere con prudenza. Difficile da capirsi in una mentalità occidentale, quando non si vivono queste realtà sul posto e concretamente!
Grazie a tutti per il contributo che date generosamente, per la preghiera e la vicinanza.
Vorrei tanto farvi sentire quanto prezioso sia il vostro aiuto! E’ difficile capirlo da lontano, ma vi assicuro che è prezioso.
Grazie a nome dei Vostri Adottati.
Mi riprometto di mostrarvi personalmente le foto al mio arrivo in Italia (che penso avverrà nel prossimo anno 2007. Non so ancora il mese). Spero di incontrarvi tutti e di scambiare con Voi direttamente l’esperienza, che con generosità e amore state - in un modo o nell’altro - condividendo con noi.
Spero che il ritorno dalla vacanze vi trovi più sereni e pronti a riprendere con nuovo vigore il lavoro solito.
Auguri carissimi ad ognuno di voi, anche a nome delle famiglie dei bambini e della mia comunità. Con affetto e riconoscenza,
Sr. Margherita
e comunità di Tagaytay – Filippine
(11° lettera)
Tagaytay, Pasqua 2007
Cari Amici, un augurio un po’ speciale quest’ anno.
Lascio alla visione della foto il commento, ma è necessario sapere che questo bimbo di nome Angelo lo abbiamo salvato dalla prigione dove la mamma lo ha partorito.
Attualmente è in un istituto aspettando la scarcerazione della mamma… aspettando che la giustizia umana “metta giudizio”.
Possa l’efficacia della Risurrezione di Cristo, entrare nel cuore di ognuno di noi, e lasciare spazio alla giustizia, alla pace, alla meraviglia, all’amore.
Con tutto il cuore
AUGURI
Sr. Margherita
e comunità
(12° lettera)
Tagaytay, 4 novembre 2007
Carissimi Amici,
Desidero raggiungere tutti voi per ringraziarvi dell’accoglienza e la sincera amicizia dimostratami durante il mio soggiorno in Italia.
Voglio inoltre condividere con voi le mie riflessioni a proposito.
Dal 23 luglio al 12 ottobre 2007, ho ripercorso le vie d’Italia dal nord al sud: teno, aereo, macchina... per incontrarvi possibilmente tutti: dalle consorelle anche in Polonia, ai familiari e amici, vecchi e nuovi. E’ stato un carosello di telefonate, viaggi, tutti mirati a ritrovarci come persone, a raccontarci la nostra esperienza di vita.
E’ stato bellissimo, a parte il rievocare i vecchi tempi (che a dir nostro vengono sempre espressi con “bei tempi, quelli!”). E’ stato bello soprattutto rivedervi e costatare come il tempo abbia marcato i nostri volti, le nostre esperienze personali, così diverse e varie che hanno segnato delle svolte di vita per ognuno. E riflettere come i “vecchi tempi belli” abbiano costruito il nostro oggi, con i suoi pro e contro, gioie e dolori.
E’ stato bello riincontrarsi perché si è ravvivata la consapevolezza che l’essere cresciuti insieme è stato un dono reciproco, un dono che dura per tutta la vita. Nulla è andato perso, del nostro essere stati persona in relazione all’altro.
Ho avuto la possibilità di: 1- di condividere la mia esperienza missionaria con tutti voi, 2 - ricevere la vostra attenzione, comprensione, interesse, con grande sensibilità riguardo ai bisogni del fratello, 3 - siete stati in grado di condividere perché si possa aiutare ad essere molto concreti nell’aiuto fraterno a questi miei fratelli; A questo proposito vi voglio dire che le offerte ricevute serviranno, pur se in minima parte, ad avviare i preliminari del nuovo progetto in Amadeo: pozzo dell’acqua, recinzione e a continuare l’aiuto ai nostri fratelli bisognosi. La maggior parte inoltre andrò ad incrementare notevolmente la spesa di una macchina che, finalmente, possiamo comperare per la nostra missione.
A tutti il nostro - GRAZIE.
Ho avuto la possibilità di conoscere e partecipare alle situazioni della vostra vita. Sorprese, piu’ o meno belle, situazioni di sofferenza, perdita di persone care, malattie, ecc. ma anche gioie per la crescita e la formazione di nuove famiglie.
Tutto ha toccato i miei sentimenti, arricchendo la mia vita e facendomi sentire ancor parte di voi. Sono tornata al mio lavoro con una ricchezza che vale molto più di tutte le offerte in denaro, ricevute. Ad ognuno il grande “Grazie”.
Dopo qualche piccola difficoltà nel viaggio e di adattamento fisico ho ripreso il mio ritmo di vita nella comunità, nelle attività.
In questi giorni la nostra consorella, Sr. Rosa Nita è ripartita per l’Italia e da lì tornerà in Brasile, la sua patria, lavorerà nella nostra missione, in terra nativa. Così Dio ha permesso per motivi vari, ora siamo solo in due suore, e speriamo che nel tempo non tanto lungo un’altra consorella ci raggiunga. Pertanto avremo delle modifiche riguardo alle nostre attività apostoliche. Il Signore però sa guidarci e darci il suo aiuto, Confidiamo in Lui.
Confido anche nella vostra vicinanza, perché il DONO riscoperto nell’incontro con voi diventi motivo di gioia e di forza reciproca.
Saluto tutti con affetto,
Sr. Margherita
(13° lettera)
Tagaytay, settembre 2008
Carissimi Amici della nostra missione nelle Filippine
Dopo un lungo silenzio di corrispondenza, eccomi di nuovo a voi tutti. Vi saluto caramente. Ringrazio quanti si sono preoccupati di inviarmi in tempo il contributo per l’adozione dei bambini per l’anno 2008-2009, attività riiniziata lo scorso Giugno. In due speciali occasioni questi soldi mi vengono fatti recapitare da Suor Giulia. Grazie!
Immagino come avreste piacere di ricevere ciascuno fresche notizie riguardanti i bambini/e che aiutate. Ma questo ritmo di corrispondenza per me non e’ facile e a volte impossibile. Ho pensato inoltre che la visita dello scorso anno in Italia sia stata abbastanza esauriente in questo campo.
In questo anno ho dovuto limitare le nuove adozioni perchè sono già molti i bambini con le relative famiglie che seguiamo. Ogni sabato ci sono circa 90-100 persone nel nostro giardino. Lo spazio è poco, e le forze per seguirli sono ancora le stesse.
In giugno abbiamo riiniziato questa attività. Naturalmente i bambini sono cresciuti di molto. I primi bambini adottati ora sono adolescenti, e pur non ricevendo l’aiuto sponsorizzato vengono ugualmente all’incontro. Una postulante si prende cura di loro per fare incontri che siano appropriati alla loro età e alle loro esigenze. E anche le loro mamme continuano a venire. Questo è un segno che nonostante tutto, questa gente non guarda solo il ricevere dei soldi, ma ci sono altri valori di cui beneficiano venendo qui da noi.
Niente di nuovo nell’attività, si segue il solito ritmo di aiuto: Vitamine, latte, visite mediche, per i più piccini, accessori e quote scolastiche, medicine, visite mediche, per i grandicelli. Per le famiglie: riso, - attualmente il costo di questo è cresciuto così che il povero non si può permettere di comprarlo. Pensate che il governo ha predisposto speciali negozi dove è un po’ meno caro e i poveri si mettono per ore in fila, prima di poterlo comperare. All’atto della compera, vengono timbrati sul braccio come segno che non possono rimettersi in fila per comprarne ancora. Interveniamo nei casi di ospedalizzazione negli incidenti o malattie (non vi e’ assistenza sanitaria). Aiutiamo nel pagare le bollette dell’elettricità, dell’acqua, quando proprio non hanno soldi. Per i papà si cerca di trovare qualche lavoro o darlo noi stesse nei lavori del giardino ecc... Si aiuta nelle calamità quando il tifone distrugge la loro casa (situazione frequente), si aiuta ad aggiustare la capanna, a farsi un angolo per il WC. Insomma tutto ciò che dia loro la possibilità di vivere un po’ più degnamente.
Una famiglia di 5 figli sfrattata dalla precedente casetta in mattoni, avrebbe dovuto ritornare in provincia, nei paesi sperduti da dove proveniva, e sarebbe stata la fame per loro senza nessuna prospettiva di lavoro. Mi hanno chiesto se andando lontano avrebbero potuto ricevere ugualmente il nostro aiuto. Cosa impossibile, per la distanza, le non facili comunicazioni ecc. Allora loro hanno accettato di vivere ancora qui, anche se in una squallida capanna, pur di ricevere il nostro aiuto. Ora la mamma aspetta il sesto figlio. Il papà i è infortunato, danneggiandosi la mano e solo dopo nostro intervento è arrivato in tempo a che la mano non andasse in cancrena e ricevesse le necessarie cure (non andava dal dottore per mancanza di soldi, si curava con le foglie bollite...). La bambina più piccola disidratata non aveva più forze per vivere; diarrea, vomito per molti giorni. Abbiamo dovuto portarla in un ospedale privato per farla riprendere e pagare tutto. Oggi sabato è venuta questa mamma con i 5 figli all’incontro. Una della bambine più grandicelle, piangenva e si copriva il viso. Scottava dalla febbre, la guancia gonfia e l’occhio chiuso da questo gonfiore. Da una settimana aveva mal di denti e si è ridotta così senza farci niente. L’abbiamo immediatamente portata dal dentista; un’infezione grande che richiede medicine e cure prima di toglierlo. Abbiamo pagato. Il prezzo che equivale alla paga di una settimana, che riceve il papà quando trova lavoro.
Tempo fa, con grande vergogna sono venuti a chiederci i soldi per pagare la bolletta dell’acqua, se non pagavano sarebbero rimasti senza acqua - senza raccontarvi di come arriva questa acqua alla loro capanna: tubo rattoppato a livello del terreno, al margine del sentiero fangoso e sporco, sorretto di tanto in tanto da alcuni bastoni. Arriva fino ad un bidone che è accanto alla capanna e questo fa da tutto: bagno, lavandino, doccia. Tutto all’aria libera.
Ho raccontato solo di questa famiglia come esempio per darvi un’idea di come spendiamo i soldi che voi mandate per un bambino adottato.
Nella nostra attività badiamo a dare una certa educazione e istruzione soprattutto alle mamme. Qualche volontario infermiere filippino impartisce lezioni. E un’altra ragazza cerca di insegnare anche l’inglese (su richiesta delle mamme).
Una volta al mese si celebra la S.Messa nella cappella del Barangai che è situata accanto al nostro giardino, questo ci dà modo di educare alla vita cristiana tramite i Sacramenti. Ci si occupa anche del battesimo di alcuni bimbi, della Cresima di chi non l’ha ancora fatta, e di aiutare anche papà e mamma a contrarre il matrimonio cristiano – se viene richiesto da loro.
Ecco Carissimi - in sommi capi - illustrata la nostra attività di “Adozioni a distanza“. Ecco come il vostro contributo aiuta a vivere e non “sopravvivere” questi nostri fratelli.
Un grande grazie, dunque, e non abbiate paura di condividere con chi è meno fortunato!
Assicuriamo a tutti il nostro ricordo nella preghiera e la riconoscenza di queste famiglie.
PS. Allego a questa lettera una richiesta particolare: voi già contribuite notevolmente allo sviluppo di questa missione, ma forse patete farvi promotori di un ulteriore sviluppo di essa presso altri amici e benefattori. Purtroppo si ha bisogno di fondi economici per costruire spazi e strutture idonee per allargare la nostra attività.
Grazie di cuore, a quanti comprenderanno tale richiesta e a quanti ci sosterranno in questo cammino.
Con affetto e riconoscenza
- Sr. Margherita
e la comunità delle Suore Orsoline nelle Filippine
(14° lettera)
Tagaytay, 2 giugno 2009)
Cari Amici della missione Filippine,
voglio raggiungervi per condividere con voi tutti, le notizie di questi ultimi avvenimenti. Prima di tutto un saluto grande ad ognuno di voi, augurandovi un felice e meritato riposo nella stagione estiva. Immagino che per molti questa e-mail arriverà dopo le vacanze, ma ugualmente la invio per raggiungere tutti voi.
In questi giorni sta ricominciando l’attività scolastica qui da noi, è la mattina presto, le strade sono piene di bambini e giovani in divisa, le jepnee sono stracolme di passeggeri... tutti in una pulitissima e colorata divisa. Capelli nerissimi bagnati, scarpe nere chiuse, cartelle in mano o zainetto sulle spalle e il movimento umano è attivo come un formicaio. Superati i 5 anni anche i nostri bimbi delle adozioni, per la prima volta, vanno alla scuola elementare, con l’orgoglio di essere diventati grandi. E’ bello vedere tutto ciò e nel cuore la speranza che il nuovo anno scolastico porti buone nuove nella loro vita e in quella della nazione Filippina.
Riprenderemo l’attività con loro verso la fine di giugno. Nel frattempo sono tanti gli avvenimenti vissuti che il tempo è volato velocemente. Il contatto con loro è sempre stato vivo a attivo. Una mamma è stata colpita da allucinazioni di persecuzione che ha fatto uscire da casa e vagare in vari posti, la famiglia intera. Poco sono valse la assistenza, che abbiamo potuto darle, le corse in ospedale, le medicine e le raccomandazioni. Quando vi è di mezzo la testa che non funziona tutto diventa più difficile. E’ dimagrita molto, ma lucida riguardo alla cura delle due figlie. Attualmente sembra che la situazione si sia un po’ sistemata. L’aiuto dello sponsor in questo caso è stato molto efficace e abbiamo potuto seguirla e aiutarla. Lei lo sa questo ed è molto riconoscente.
Un’altra famiglia, in questi giorni è stata cacciata da casa. E’ la seconda volta che deve cercare una nuova sistemazione. E’ impressionante e doloroso, partecipare al pellegrinare dei poveri in cerca di una rifugio. Sotto una pioggia torrenziale, abbiamo aiutato a fare il trasloco… lasciate che descriva qualche dettaglio: due, tre scatoloni, con gli indumenti, una grande bacinella per lavare i panni, un armadietto di plastica, scolorito, macchiato dal tempo e rotto in più parti. Qualche secchio malandato e infine come la cosa più preziosa, la piccola televisione. Il tutto bagnatissimo e infangato. La nostra macchina è stata l’unica salvezza. Ammassati fra questi ogetti i 6 bambini, i genitori e un ragazzo aiutante. Il resto, 5 onduline recuperate dal tetto della baracca, che avevano ricevuto in precedenza da noi, arrotolate e pronte per essere trasportate a nuova destinazione in un secondo momento. Accalcati, bagnatissimi fino alle ossa, finalmente sono al riparo nella nostra macchina e si è pronti a cambiare destinazione con la speranza nel cuore di trovarla meglio di quella precedente. Una preoccupazione per i genitori, specialmente per la mamma: “potremo continuare a venire da voi il sabato? Perché noi vogliamo questo!”. La destinazione è incognita, un nostro amico si è offerto per dare loro allogggio e lavoro al papà. Arriviamo a destinazione dopo mezz’ora di viaggio: 3 metri quadri in muratura, solo blocchetti di cemento, un tetto di onduline bucate, una porta che si chiude con lo spago e una finestra senza vetri. Niente altro, la famiglia entra e rimane lì… fuori piove a dirotto. Il cuore mi si stringe fortemente, come possibile lasciarli lì? Otto persone in 3 metri quadri di spazio! Senza niente! Guardo la mamma con in braccio la piccola di pochi mesi, guardo tutti gli altri bambini si girano intorno sconcertati e si aggrappano alle pannocchie di granoturco cotto, che abbiamo comperato per loro lungo il tragitto, almeno hanno quelle da mangiare!
Siamo tornate da loro il pomeriggio e il lunedì successivo. Si sono arrangiati bene e ho potuto dormire un po’ più tranquilla.
Carissimi Amici, ringraziamo insieme il Signore per le gioie concesseci in questo periodo: le tre novizie hanno emesso i primi voti e sono a tutti gli effetti Suore. Abbiamo festeggiato il giorno 29 giorno dedicato alla festa della nostra Fondatrice S.Orsola. Amici, parenti, sacerdoti e il vescovo tutti raccolti attorno all’altare per celebrare l’avvenimento. Tutto era molto bello e significativo: le prime tre suore filippine nella nostra Congregazione.
A tutti un grande grazie per la condivisione e saluti carissimi
- Sr. Margherita
e la comunità delle Suore Orsoline nelle Filippine