La Congregazione delle Suore Orsoline del S. Cuore di Gesù Agonizzante

 

L'UMILTÀ

 

LA VIRTÙ DELLA VERITÀ E DELLA CONSAPEVOLEZZA DI SÉ COME

ESPRESSIONE DI ADORAZIONE VERSO IL PADRE

E SPIRITO DI SERVIZIO VERSO IL PROSSIMO:

 

NON A NOI, SIGNORE, NON A NOI, MA AL TUO NONE DA GLORIA... (Sal 115,1)

GRANDI COSE HA FATTO IN ME L'ONNIPOTENTE, SANTO È IL SUO NOME (Lc 1,49)

IMPARATE DA NE CHE SONO MITE ED UMILE DI CUORE ... (Mt 11,28‑29)

 

Come disporci ad accogliere la parola di Dio? Facendo menzione a due versetti evangelici:

•   Gesù diceva loro: «Fate attenzione a quello che udite: Con la stessa misura con la quale misurate, sarete misurati anche voi; anzi vi sarà dato di più. Poiché a chi ha, sarà dato e a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha» (Mc 4,24)

•   Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche ciò che crede di avere (Lc 8,18)

 

 

    L'umiltà, considerata nel contesto sociale odierno, non è una virtù, ma è vista come un atteggiamento negativo, guardato con sospetto, diagnosticato come sintomo di una patologia depressiva. Volgarmente, si può dire, che l'umile è sinonimo di fessacchiotto. Invece è considerata virtù la capacità di affermazione di sé, di superesaltazione del proprio IO, di consapevolezza del valore del "tutto intorno a me" ... con tutti gli annessi e connessi.

Ma le cose non stanno così.

Socraticamente, procedendo per gradi, domandiamoci: cosa s'intende per umiltà?

E' una virtù soprannaturale che, con la conoscenza che ci dà di noi stessi, c'inclina a stimarci secondo il giusto valore e a cercare il nascondimento e il disprezzo.

 

L'umiltà ha un doppio fondamento: la verità e la giustizia:

La verità che ci porta a conoscerci quali veramente siamo.

La giustizia, che ci inclina a trattarci conforme a questa conoscenza.

 

Per conoscerci bene, dice s. Tommaso, bisogna vedere ciò che in noi appartiene a Dio e ciò che appartiene a noi; ora tutto ciò che vi è di bene viene da Dio e a Lui appartiene, e tutto ciò che vi è di male o di difettoso viene da noi. Vi è certamente in noi qualcosa di bene: il nostro essere naturale e soprattutto i nostri privilegi soprannaturali; l'umiltà non ci proibisce di vederli e ammirarli, ma, come quando si ammira un quadro, l'ossequio nostro va all'artista che lo ha dipinto e non già alla tela, così quando noi ammiriamo in noi i doni e le grazie di Dio, a lui e non a noi deve volgersi la nostra ammirazione.

 

A questo punto è bene fare qualche riflessione su alcuni personaggi biblici, che ci possono aiutare a come comprendere e vivere in umiltà:

 

Mosè

Davide

Maria

Gesù Cristo

 

MOSÉ: "Ora Mosè era molto più mansueto (mansuetudine, mitezza = umile sottomissione a Dio fondata sulla fede nel suo amore) di ogni uomo che è sulla terra7' Così è scritto in Nm 12,3

 

Perché Mosè è visto come uomo umile?

Per capire vediamo un riassunto della sua vita. Egli visse cento venti anni "Mosè aveva centoventi anni quando morì; gli occhi non gli si erano spenti e il vigore non gli era venuto meno. (Dt 34,7». La vita di Mosè, si può dire, si svolse in tre periodi:

 

In quel tempo nacque Mosè e piacque a Dio; egli fu allevato per tre mesi nella casa paterna, poi, essendo stato esposto, lo raccolse la figlia del faraone e lo allevò come figlio. Così Mosè venne istruito in tutta la sapienza degli Egiziani ed era potente nelle parole e nelle opere. Quando stava per compiere i quarant'anni, gli venne l'idea di far visita ai suoi fratelli, i figli di Israele, e vedendone uno trattato ingiustamente, ne prese le difese e vendicò l'oppresso, uccidendo l'Egiziano. Egli pensava che i suoi connazionali avrebbero capito che Dio dava loro salvezza per mezzo suo, ma essi non compresero. Il giorno dopo si presentò in mezzo a loro mentre stavano litigando e si adoperò per metterli d'accordo, dicendo: Siete fratelli; perché vi insultate l'un l'altro? Ma quello che maltrattava il vicino lo respinse, dicendo: Chi ti ha nominato capo e giudice sopra di noi ? Vuoi forse uccidermi, come hai ucciso ieri l'Egiziano ? Fuggì via Mosè a queste parole, e andò ad abitare nella terra di Madian, dove ebbe due figli.

Passati quarant'anni, gli apparve nel deserto del monte Sinai un angelo, in mezzo alla fiamma di un roveto ardente. Mosè rimase stupito di questa visione; e mentre si avvicinava per veder meglio, si udì la voce del Signore: Io sono il Dio dei tuoi padri, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Esterrefatto, Mosè non osava guardare. Allora il Signore gli disse: Togliti dai piedi i calzari, perché il luogo in cui stai è terra santa. (Atti 7,20‑35).

 

Ho visto l'afflizione del mio popolo in Egitto, ho udito il loro gemito e sono sceso a liberarli; ed ora vieni, che ti mando in Egitto.

Cosa disse allora Mosè al Signore?

Mosè disse a Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e per far uscire dall'Egitto gli Israeliti?». Rispose: «lo sarò con te. Eccoti il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall'Egitto, servirete Dio su questo monte» (Es 3,11‑12).

 

Come sintetizzare queste tre fasi?

 

Ecco io direi così: la prima fase la possiamo definire come la consapevolezza di essere qualcuno, è la consapevolezza faraonica. La seconda fase è l'esperienza dello smacco e della presa di coscienza di essere nessuno, la terza fase è l'esperienza dell'incontro con Dio: è Lui che ascolta, vede, agisce, per mezzo del servo Mosè.

Queste tre fasi possono essere riscontrate nella nostra vita. Tutti noi abbiamo esperimentato di essere capaci di grandi imprese, di saper tenere in mano la situazione, ma... poi abbiamo esperimentato la fragilità, lo smacco, l'odore della polvere. Ed è qui che bisogna saper gestire l'esperienza del post crollo: riconoscere che siamo peccatori, misere e povere creature e quindi volgere gli occhi dal proprio lo a Dio: che ascolta, che vede, che rialza e ti manda ad annunziare che Egli è Misericordia infinita... Ciò chiamasi umiltà...

 

DAVIDE. Ho peccato di Davide lo conosciamo tutti: si è macchiato di adulterio e omicidio, ma siccome a Dio niente di ciò che pensiamo, diciamo o facciamo rimane occulto, per mezzo del profeta Natan mette Davide davanti alle sue responsabilità, tanto più gravi, quanto più egli è re, a cui è stato dato tutto.

Come reagisce Davide? Riconosce senza scusanti le sue responsabilità, prende cioè coscienza di essere un povero peccatore. Non rimane però chiuso in uno sterile senso di colpa, ma immediatamente volge lo sguardo a Dio:

 

Salmo 51 (50) Miserere

 

Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.

Quando venne da lui il profeta Natan dopo che aveva peccato con Betsabea.

 

Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia;

nella tua grande bontà cancella il mio peccato.

Lavami da tutte le mie colpe, mondami dal mio peccato.

 

Riconosco la mia colpa, il mio peccato mi sta sempre dinanzi.

Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto;

perciò sei giusto quando parli, retto nel tuo giudizio.

 

Ecco, nella colpa sono stato generato, nel peccato mi ha concepito mia madre.

Ma tu vuoi la sincerità dei cuore e nell'intimo m'insegni la sapienza.

Purificami con issopo e sarò mondo; lavami e sarò più bianco della neve.

Fammi sentire gioia e letizia, esulteranno le ossa che hai spezzato.

 

Distogli lo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe.

Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo.

Non respingermi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito.

Rendimi la gioia di essere salvato, sostieni in me un animo generoso.

 

Insegnerò agli erranti le tue vie e i peccatori a te ritorneranno.

Liberami dal sangue, Dio, Dio mia salvezza, la mia lingua esalterà la tua giustizia.

Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode;

poiché non gradisci il sacrificio e, se offro olocausti, non li accetti.

Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi.

 

Nel tuo amore fa grazia a Sion, rialza le mura di Gerusalemme.

Allora gradirai i sacrifici prescritti, l'olocausto e l'intera oblazione,

allora immoleranno vittime sopra il tuo altare.

 

Davide riconosce chi è veramente lui stesso, ma nello stesso tempo riconosce chi è veramente Dio: buono, misericordioso, capace di redenzione, se il Signore trova nell'uomo "uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi”.

 

A cosa porta dunque questa visione di sé e di Dio?

Insegnerò agli erranti le tue vie e i peccatori a te ritorneranno.

Liberami dal sangue, Dio, Dio mia salvezza,

la mia lingua esalterà la tua giustizia.

Signore, apri le mie labbra

e la mia bocca proclami la tua lode;

 

Insegnare agli erranti le vie del Signore, non significa porsi in cattedra e fare da maestri. farisei ipocriti, ma annunciare la potenza misericordiosa di Dio, che si è esperimentata sulla propria pelle. La mia lingua esalterà la tua giustizia... e la mia bocca proclami la tua lode;

Davide si è ricollocato nelle dovute dimensione del suo essere e del suo esistere. L'esercizio della virtù dell'umiltà è dunque vivere nella verità e nella giustizia, ma nello stesso tempo essere capaci di proclamare: "Non a noi, Signore, non a noi, ma al tuo nome dà gloria... "(Salmo 115, 1)

 

MARIA.

 

Vergine madre, figlia del tuo figlio

Umile e alta più che creatura

Termine fisso d'eterno consiglio

 

Tu se' colei che l'umana natura

Nobilitasti sì che 'l suo fattore

Non disdegnò di farsi sua fattura...

 

Per contemplare l'umiltà di Maria facciamo riferimento ad alcuni versetti del Magnificat (Lc 1,46‑55). Il Magnificat può essere definito, quanto al contenuto, un nuovo modo di vedere Dio e un nuovo modo di guardare il mondo.

 

Il primo movimento del Magnificat è verso Dio. Con poche espressioni viene descritta l'esperienza mariana di Dio.

Dio è visto come Adonai: Signore, Addir: Potente, El: Dio, Qadosh: Santo, il totalmente altro, Assoluto. Nello stesso tempo, però, questo Dio: Santo, Potente, è visto con infinita fiducia, come mio Salvatore", come colui che è benevolo, amabile, come un Dio per la creatura.

La conoscenza di Dio provoca, per reazione e contrasto, una nuova percezione o conoscenza di sé e del proprio essere, che è quella vera. In presenza di Dio, la creatura finalmente conosce se stessa nella verità. Maria si sente guardata da Dio, entra ella stessa in quello sguardo si vede come la vede Dio. E come vede se stessa in quella luce divina?

Come piccola, umile e come serva. Si percepisce come piccolo nulla che Dio si è degnato di guardare.

 

Nelle parole di Maria brilla di nuovo la verità tenuta prigioniera dall'ingiustizia (Rm 1, 18). Il peccato, dice s. Paolo è il tener prigioniera la verità di Dio nell'ingiustizia, e consiste nel non ringraziare e glorificare Dio, ma vaneggiare nei propri pensieri, mettendo la creatura sullo stesso piano dei Creatore.

Maria inaugura il mistero della "pietà", che sarà realizzato meravigliosamente nel Figlio. Ella riconosce Dio come Dio e se stessa, non solo nel campo dell'essere, ma in quello dell'agire: "Grandi cose ha fatto in me l'onnipotente". Dio è l'autore, l'agente principale; lei è solo il luogo: “in me " in cui Dio agisce, che collabora perciò con Dio con la disponibilità e il suo sì.

Maria è piena di grazia, perché vuota di sé.

Da questo riconoscimento di Dio, di sé, si sprigiona dalla verità la gioia e l'esultanza: il mio spirito esulta (danza, saltella...).

Questo è dunque l'insegnamento materno di Maria: l'umiltà nasce dalla contemplazione di Dio, che è apertura del proprio cuore all'irruzione della luce del Sole di giustizia, Dio nostro Signore. Irruzione che non annienta la creatura ma che la illumina e la divinizza e la coinvolge nella missione di salvezza.

 

GESÙ. Celebre la frase di Gesù:

 

“Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero” (Mt 11,29).

 

Ecco il mio servo che io ho scelto; il mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto.

Porrò il mio spirito sopra di lui e annunzierà la giustizia alle genti. Non contenderà, né griderà, né si udrà sulle piazze la sua voce. La canna infranta non spezzerà, non spegnerà il lucignolo fumigante, finché abbia fatto trionfare la giustizia; nel suo nome spereranno le genti. (Mt 12,18ss).

 

Il modello del vero umile è Gesù: egli è l'incarnazione del servo di Javé, totalmente rivolto al Padre; totalmente e fedelmente dedicato al servizio della missione di salvezza

 

Abbiate in voi ali stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù

 

il quale, pur essendo di natura divina,

non considerò un tesoro geloso

la sua uguaglianza con Dio;

ma spogliò se stesso,

assumendo la condizione di servo

e divenendo simile agli uomini;

apparso in forma umana.

umiliò se stesso

facendosi obbediente fino alla morte

e alla morte di croce.

Per questo Dio l'ha esaltato

e gli ha dato il nome

che è al di sopra di ogni altro nome;

perché nel nome di Gesù

ogni ginocchio si pieghi

nei cieli, sulla terra e sotto terra;

e ogni lingua proclami

che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre. (Fil 2,5‑11)

 

Qui s. Paolo ci dice in cosa è consistita l'umiltà di Cristo: assume la forma di servo fino ad essere obbediente fino alla morte. al fine di adempiere la missione che il Padre gli ha affidato.

 

Dando una scorsa ai vangeli vediamo qualche aspetto dell'umiltà di Gesù:

 

Intanto i discepoli lo pregavano: “Rabbì, mangia». Ma egli rispose: «Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l'un l'altro: «Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera (Gv 4,31‑34).

 

Gesù riprese a parlare e disse: «In verità, in verità vi dico, il Figlio da sé non può fare nulla se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa” (Gv. 5,19).

 

Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire: «Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo! ». Ma Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo (Gv 6,14).

 

Chi parla da se stesso, cerca la propria gloria; ma chi cerca la gloria di colui che l'ha mandato è veritiero, e in lui non c'è ingiustizia (Gv 7,18).

 

Lavanda dei piedi (Gv 13, 1 ss)…

“Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: Sapete ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi. In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo ha mandato”.

 

Orto degli ulivi (Mt 26,39)

“E avanzatosi un poco, si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!».

 

Mc 14,36: E diceva: «Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu».

 

Lc 22,42: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia, non sia fatta la mia, ma la tua volontà».

 

L'umiltà dei discepoli:

 

Chi è il più grandé?

 

“Sorse anche una discussione, chi di loro poteva esser considerato il più grande. Egli disse: I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori. Per voi però non sia così; ma chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve” (Lc 22,24-27).

 

Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli, e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Dì che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli soggiunse: «II mio calice lo berrete; però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio».

 

Gli altri dieci, udito questo, si sdegnarono con i due fratelli; ma Gesù, chiamatili a sé, disse: «I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti» (Mt 20,20‑28).

 

Questo battesimo nella sacra parola di Dio che abbiamo effettuato, ci riconduce a ciò che dicevamo all'inizio:

 

L'UMILTÀ CRISTIANA RIFLESSO DELL'UMILTÀ DI CRISTO È:

 

LA VIRTÙ DELLA VERA E GIUSTA CONSAPEVOLEZZA DI SÉ,

COME ESPRESSIONE DI ADORAZIONE VERSO IL PADRE

E SPIRITO DI SERVIZIO VERSO IL PROSSIMO.

 

 


la riflessione del Padre Alberto Moscatelli OMV, durante l'incontro delle Comunità del Centro Italiano - Roma, 3 - 4 gennaio 2006