La Congregazione delle Suore Orsoline del S. Cuore di Gesù Agonizzante

Madre Orsola Ledóchowska

STORIA della CONGREGAZIONE

 

(pro manoscritto, Roma)


D A N I M A R C A (3)

L'anno 1920

Di nuovo vennero le feste di Natale, silenziose, belle - le ultime feste che avremmo passate assieme. Nellanno nuovo saremo già separate - questo pensiero conferiva alle feste unatmosfera dì maggiore commozione, ed un'impronta più viva di quell'amore soprannaturale che ci faceva costituire un cuore ed un'anima sola.

Passarono le feste, ritornarono le studentesse e bisognava pensare al passaporto di Sr. Zaborska; ella era pronta a ubbidire - ed io anche a fare il sacrificio da parte mia, pur se sapevo che mi sarebbe stato difficile restare senza il mio "braccio destro". Questo sacrificio era necessario, perchè il bene della Congregazione ha un'importanza maggiore dei nostri sentimenti. Quando proprio bisognava iniziare le pratiche per ottenere il passaporto per Sr.Zaborska, ricevetti il telegramma da Cracovia: "Sospendere la partenza di Sr. Zaborska; segue lettera".

Da una parte fui contenta che Sr. Zaborska rimanesse, dallaltra parte mi sentivo preoccupata. Che significa questo? Dopo poco tempo arrivò la lettera e dissipò tutte le speranze dellattesa unione.

La Superiora Generale scriveva che avevano considerato ancora la questione col Consiglio Generale ed erano arrivate alla conclusione che non potevano unirci alla loro Congregazione; potevano accoglierci come aiutanti, però senza essere considerato religiose. In una parola - rottura completa.

So che questa lettera fu scritta in buona fede, però fu dura. La Superiora Generale non intuiva quanto mi sentivo sola e senza aiuto in quel paese straniero. Il Signore aveva voluto anche questo. Forse se ella avesse compreso il peso, che stava gettando sulle mie spalle - mi avrebbe compatito - Dio però volle così ed ella fu uno strumento nella sua mano; Iddio voleva che sorgesse la nostra Congregazione così come essa è oggi e perciò avvenne tutto questo.

Le mie suore erano felicissime potevano rimanere con Matuchna. Si affidarono a me; tutto sarebbe andato bene. Per me invece fu un colpo gravissimo. Naturalmente scrissi subito rispondendo che non avrei inviato alle Orsoline delle aiutanti secolari, perché eravamo religiose. avrei trattenuto Sr. Zaborska e avrei formato un nuovo ramo delle Orsoline. Allora la Superiora Generale cominciò a chiederci affinché non ci chiamassimo Orsoline, perchè questo avrebbe potuto tornare a loro svantaggio - non ho potuto soddisfare la sua preghiera, perché eravamo sempre Orsoline come loro e non avevamo nessuna ragione di abbandonare l'Ordine nel quale per tanti anni avevamo lavorato ed al quale avevamo appartenuto.

Mio fratello poi le rassicurò riguardo a questo "pericolo immaginario". Inviai la prima lettera della Madre Generale a Padre Vlodimiro. Sentivo una grande amarezza, un rancore verso questa casa di Cracovia, ove avevo lavorato per tanti anni (20). ove durante tre anni fui superiora e amata dalle mie suore; adesso quando mi trovavo in una situazione difficile, mi respingevano e chiudevano davanti a me la porta di casa, della mia casa. Il dolore mi stringeva il cuore ed anche la preoccupazione di come dirigere le sorti delle mie figliuole.

Padre Vlodimiro mi rispose tranquillizzandomi, mi dimostrò che così era meglio e che adesso avevano fatto-bene. Allora cominciai a guardare con maggior fiducia verso il futuro; mi spogliai dal mio rancore dicendomi: Se Padre Vlodimiro dice che così va bene. allora bisogna cercare di regolare la nostra vita religiosa, nella quale usufruivamo ancora dei permessi speciali datici dal Pio X e procurarci il lavoro in Polonia. Là avremmo trasferito dopo i lunghi anni di esilio la nostra Congregaz1one; là avrebbe continuato a svilupparsi.

Avevo dunque il doppio compito. Già al momento della mia partenza dalla Polonia incaricai Sr. Pradzynska di cercare una piccola tenuta per noi, ove potere aprire il collegio per i bambini che avremmo portato dalla Danimarca e la scuola dì economia domestica per le ragazze polacche. Mi accorsi, che in Polonia nessuno ci avrebbe affidato un'opera perchè tutti ci guardavano con una certa diffidenza. bisognava arrangiarci da sole.

Sr. Przadzynska viaggiava, cercava, però non trovava nulla di adatto. In quei viaggi si raffreddò, prese la spagnola e dovette interrompere le sue ricerche - nessuno ci veniva incontro e cominciai già a perdermi di coraggio se non ci vogliono in Polonia bisognerà rimanere in Scandinavia e il cuore mi si stringeva dolorosamente a questo pensiero.

Provammo ancora un mezzo - la novena alla beata Teresina - chiedendo per noi una casa in Polonia. Tutte le suore pregavano, e pregò evidentemente anche la Santa, perché il 12 o il 13 febbraio il telegramma di Sr. Pradzynska ci portò la notizia dell'acquisto della tenuta di Pniewy.

Una grande gioia, avevamo dunque un "pied à terre" in Polonia - inizieremo là il nostro lavoro ed Iddio ci aiuterà.

Pniewy furono comperate l'undici febbraio, il giorno della festa della Madonna di Lourdes. Però quando si fa un acquisto bisogna anche pagare. Avevo un po' di denaro risparmiato in banca ma sapevo che ci sarebbe servito in Polonia. Sarebbe stato meglio organizzare ancora una tournée de conferences in Scandinavia e raccogliere qualche cosa per la nostra nuova casa.

I primi di marzo mi misi in viaggio. Mi sembra di non aver parlato in Danimarca, ma di essermi recata direttamente da Kopenhagen a Halsingborg. Pardon, ho sbagliato. Le tenni anche lì, ma non mi ricordo dove né quante.

In Danimarca infieriva la spagnola. Mi sentivo male a Kopenhagen, però lo stesso continuai il viaggio - misurai la febbre nel treno - 37.5 - sarà la spagnola - cosa fare?

A Halsingborg mi accolsero con grande ospitalità i signori … non mi ricordo il cognome - genitori della nostra Greta (una studentessa) - li avvertii che forse avevo la spagnola, però non si spaventarono, mi diedero una medicina e già la sera potei tenere la conferenza.

Da Halsingborg andai a Malmo o non mi ricordo dove ed arrivai fino a Stoccoma, ove non ebbi una molto buona riuscita.

Il Console polacco mi permise di tenere una conferenza gratuita nel Grand Hotel, questa doveva essere una prova di riconoscenza, perchè gli Svedesi avevano fatto del bene ai Polacchi. Ne tenni una a K.F.U. Sal - scarse furono le entrate allora già un po' abbattuta mi avviai verso la Christiania.

Veniva con me Doktorinnan Sundstrom e le Signorine Foss, presso le quali abitai durante il mio soggiorno a Stoccolma. Lì di nuovo mi ricevette la sign. Egeberg. Fu fissata una conferenza a Christiania ed alcune nelle cittadine e paesi norvegesi. Ci avrebbero dato qualche cosa? A Christiania il locale era pieno; prima della conferenza mi avvicinò la Sig. Stolt Nielsen, madre di una delle nostre alunne ad Aalborg Lillì e mi consegnò un assegno di 2.000 corone norvegesi. Evidentemente per la gioia parlai con maggior calore. Parlavo del collegio che avrei voluto aprire a Pniewy per i nostri bambini polacchi di Aalborg, del nostro lavoro e finalmente proposi alla Norvegia di offrirmi le 20.000 corone necessarie per pagare la tenuta di Pniewy - sarebbe stato questo il suo nobile dono alla Polonia in quel tempi così duri e tristi. Per riconoscenza lIstituto porterà il nome di SantOlaf.

Terminò la conferenza e le offerte affluivano abbastanza generose; contente ritornammo a casa con la sign.Egeberg.

Dopo un momento mi chiamarono al telefono. Una voce maschile dice: "Signora, lei deve avere ancora una conferenza nel paese" - "Si". “Ma allora lasci stare, è un lavoro tanto stancante, le 20.000 corone necessarie gliele darò io". 'Veramente lei ci vuole offrire 20.000 corone?" "Sì, passi da me, sono il Console Stolt Nielsen - gliele consegnerò". Gli spiegai che dovevo andare per forza ove le mie conferenze erano state già annunziate e che dopo il mio ritorno mi sarei recata subito da lui.

Il giorno dopo mi misi in viaggio, andai in qualche piccola città e nei paesi; era molto interessante poter conoscere quei villaggi norvegesi durante l'inverno. Andavo sola, sola col cocchiere e sentivo che il Signore vegliava su di me. E' bello che in Norvegia non si risparmia l'energia elettrica - davanti ad ogni casa rimane accesa per tutta la notte una lampadina elettrica. Arrivando alle undici di sera con le slitte nella cittadina ove avrei dovuto tenere la conferenza, ammirai una veduta bellissima. Tutto il pendio del monte disseminato di luci, come se fossero stelle che brillavano in quella notte d'inverno, piena di neve - Com'è bella la Norvegia!

Mi fermai tutto il giorno presso la famiglia del medico del paese e seguii con interesse la vita delle famiglie dei piccoli impiegati del paese. I bambini crescono molto indipendenti: una ragazzina di 10 anni, va a giocare con gli altri bambini, ritorna la sera tardi, non ha paura di nulla, piena di vitalità e di coraggio. I più grandi si recano d'inverno a scuola distante di 2 ore con le slitte trainate da un cavallo e viaggiano soli, senza cocchiere, attraverso i boschi ed i monti, la mattina l'andata, la sera il ritorno. A nessuno viene in mente di temere qualche pericolo. La signora della casa conosce molti libri, perfino "Con la spada e col fuoco» in traduzione - le piaceva molto questo capolavoro ed in questo villaggio inaccessibile sperduto tra i monti della Norvegia un grande, bellissimo cane, amico della casa si chiama “signor Giovanni” (Pan Jan) - protagonista del libro.

Verso il 15 marzo tornai a Christiania. Subito nel pomeriggio mi recai a Thomas Heftyesgate 20, presso il Console Stolt Nielsen. Mi ricevette molto cordialmente la signora “Konsulinde”. Quando era tornata dalla conferenza aveva detto al marito: “Se tu avessi ascoltato la conferenza sicuramente le avresti dato le 20.000 corone che chiedeva. - "Tu pensi?" - "Certamente". Allora gliele darò" e si avvicinò al telefono.

Entra il Console. Mi alzo, gli tendo la mano e come so, ringrazio con tutto il cuore. Egli si commosse fino alle lacrime - che buon uomo, andò poi in un'altra stanza, ritornò coll'assegno di 20.000 corone e disse: "Mi deve scusare che mi sono lasciato prendere dalla commozione”. Mi spiegava poi, che dato che il Signore gli aveva dato le risorse, ha il dovere di aiutare gli altri.

Lasciai questa casa scossa e felice. Che il Signore lo benedica! Poi ancora una volta mi diede 10.000 corone.

Adesso che era finita la mia tournée” avevo fretta di tornare a casa, per godere coi miei di questa grande grazia.

Mi congedai forse per sempre dalla Sig. Egeberg, Drinnan Sundstrom; dalle signorine Foss, le quali tutte partecipavano alla mia gioia. Lasciai Christiania il 18 marzo, il 19 la festa dì San Giuseppe alle 8 del mattino fui a Goteborg. Alle 10 la nave doveva partire per Friedrikshavn in Danimarca - da lì andavo col treno ad Aalborg.

In mattinata venne un vento fortissimo, che continuava ad aumentare - partire o non partire? Il visto mi scade proprio oggi, sarà un guaio se non partirò, però con il tempo così cattivo si può correre il rischio? Mi confessai, scrissi per ogni eventualità una cartolina a casa e salì a bordo. Domandai al capitano se avrebbe salpato. Rispose di sì. "E arriveremo?" “Siamo nelle mani di Dio - da lui dipende tutto". Andare o non andare? Un'altra signora (altri passeggeri non si presentarono) anche esita - sto seduta in cabina e non mi decido, poi sento che siamo già in movimento, perciò la questione é risolta; bisogna distendersi ed affidarsi al Signore. Partimmo alle 10 però, che viaggio fu questo! La nave era piccolina, il vento fortissimo ci sballottava tra le onde, un silenzio completo interrotto, solo dal rumore delle stoviglie nella sala da pranzo.

Rimango sdraiata, sento un tremendo mal di mare, mi unisco col Signore, in quanto la malattia mi permette di pensare e finalmente sento che il movimento è un po' diminuito. La nave proseguiva con maggiore tranquillità. Alle 6.30 siamo a Friedrikshaven. Mezzo morta raccolgo i miei pacchi mi guardo attorno: aspettavo che Sr. Zaborska venisse - non ce - bisogna chiamare il facchino - domando: "E' venuta qui una signora vestita di nero?" Sì, - era abbastanza grassa e i parlava insieme in svedese, in danese ed in tedesco, però se nè andata via”. Forse era Sr. Zaborska? Non ebbi forza di cercarla, tanto più che non ero sicura se ci fosse ancora. Mi feci accompagnare all'albergo missionario. Chiesi la portiera di telefonare ad Aalborg, che domani mattina alle 8 sarei stata sul posto. Mi misi presto a letto, per ritornare in forze dopo questo orrendo mal di mare che tanto mi butta giù.

Sarà stata questa Sr. Zaborska? - Forse no, perché mi avrebbe cercato. Il giorno dopo, alle 5 partii - arrivo alle 8 ad Aalborg. Nessuno alla stazione. Prendo le mie valigie e vado alla Stella Maris - non c'è nessuno - solo vicino alla porta incontro Isa Sopocko - "Matuchna!” - chiama; accorrono le Suore: “Matuchna, Matuchna!" “E dove sta Sr. Zaborska?” – “A Friedrikshaven” “E non avete ricevuto la mia telefonata?" Avvenne così: la telefonata la ricevette unallieva e non domandò da quale albergo si telefonava - disse alle Suore che sarei arrivata domani. Intanto dopo un momento era arrivata la telefonata di Sr. Zaborska: "State tranquille, però pregate, la nave ancora non è arrivata, dicono che si è fermata vicino a qualche isola". Hanno telefonato da un albergo, che la Madre verrà domani". “Sarà questo uno sbaglio, perchè la nave non è arrivata, pregate".

Povere suore, povera Sr. Zaborska, avevano dormito poco questa notte - pregavano e si preoccupavano ed intanto eccomi qua. Subito telefonai a Sr. Zaborska a Friedrikshaven - non voleva credere alle proprie orecchie, ora contentissima - all'una ritornò ad Aalborg e pianse, poveretta, quando mi rivide, perchè era stata tanto preoccupata. Come avvenne questo malinteso? Ella a andò al porto - il mare era agitatissimo; le dissero che nessuna nave era salpata, né di qui né da Goteberg - salvo la mia però non era possibile che potesse arrivare - probabilmente e rimasta ferma nel porto di qualche isola ad attendere che passasse la tempesta. Sr. Zaborska si fermò in finestra di qualche osteria sulla riva del mare e fino alle 6 aveva guardato continuamente l'arrivo della nave. Tutti dicevano che non sarebbe stato possibile. Si fece buio, i marinai ed i pescatori presenti nel locale diventavano sempre più allegri; dovette andarsene e sistemarsi in un albergo. Ancora la sera aveva domandato se fosse arrivata qualche nave, dissero di no ed allora andò a dormire e per tutta la notte aveva sentito il rumore del vento, immaginato me già in fondo al mare. Tutto finì bene, la più grande felicità era di trovarsi sempre insieme e bisognava anche godere di avere le 20.000 corone e ringraziare di tutto il Signore.

Quei momenti di trepidazione vissuti insieme uniscono più che I lunghi anni dì convivenza.

Voglio ricordare qui un'altro avvenimento simile, pur se meno pericoloso, del quale mi dimenticai di parlare nel mese marzo del 1917.

Lo descrivo, perchè ritengo che in tutti quei momenti difficili nei quali mi trovavo per volontà di Dio, la Sua Provvidenza sempre vegliò su di me. Avevo da sbrigare un affare a Copenaghen; la sera andai da Stoccolma a Malmo e lì alle otto passai direttamente dal treno sulla nave. Verso le 10 dovevamo trovarci a Copenaghen. Mi sembra che era il 9 marzo - molto freddo e sul mare galleggiavano molte lastre di ghiaccio. Per unora e mezza non volli prendere la cabina e rimasi nel salone a scrivere lettere. Più ci avvicinavamo a Copenaghen, più la nave doveva lottare con il ghiaccio. Finalmente, malgrado tutti gli sforzi - non ci potevamo più muovere, rimanemmo imprigionati. La nostra nave comincia a fischiare. Vediamo dietro a noi le altre navi, le quali imprigionate anchesse fischiano lamentosamente. Per fortuna da lontano si vedeva già la terra e potevano venirci in aiuto, perchè potevano mancare anche i viveri, dato che non si prevedeva di fornire al passeggeri tutti i pasti della giornata. Il necessario per il pranzo si trovò - attendiamo. La nave al lamenta niente, attendiamo il rompighiaccio non arriva. Verso sera vediamo i pescatori che si avviano verso di noi attraverso il ghiaccio. Avevano con loro una scialuppa per qualche evenienza. Si offersero di prendere con loro le persone che volevano trovarsi a Copenaghen prima della notte. Vi si poteva ancora arrivare col tram. Io così al buio non volevo giare per una zona sconosciuta e dissi che sarei rimasta - c'era anche un religioso sacerdote sulla nave, perciò in caso di necessità si poteva ricevere l'assoluzione. Riposai sopra un divano, perchè le cabine erano tutte occupate - il giorno dopo ci trovavamo ancora sempre allo stesso punto. Verso le dieci vennero di nuovo i pescatori con la barca da salvataggio e domandarono se avremmo voluto andare con loro alla riva; quasi tutti i passeggeri se ne andarono con loro, salvò una signora che rimase perché aveva con se i bambini. Venne anche il sacerdote e pure io. Si comminava con una grandissima difficoltà, perchè era non il ghiaccio solido ma solo lastre, che si attaccarono l'una all'altra. C'era un vento fortissimo ed una volta la barca affondò e tutti corsero via lontano dal buco che essa fece nel ghiaccio. Dopo un ora di faticosissimo cammino arrivammo alla riva e proseguimmo col tram per la non lontana più Copenaghen. Da lontano vedemmo che finalmente un rompighiaccio partì per liberare la nave. Poteva finire male, perchè talvolta il ghiaccio stringe tanto, che la nave ci buca. Però il Signore sempre buono vegliava su di me.

Adesso ritorno al mese li marzo 1920. Il problema più importante di questo momento fu per noi di regolare la nostra posizione come Congregazione religiosa. Per poter fare questo dovevo recarmi a Roma, perché fino adesso mi attenevo ai permessi straordinari ricevuti da Pio X. Mi inviarono la nuova edizione de1 diritto delle religiose secondo il Codice di Diritto Canonico; cominciai a leggerla, ma poi la rimisi presto nel cassetto - perchè mi dovevo causare degli scrupoli con questa lettura, fino adesso non potevo applicare a noi quasi nulla di queste leggi.

Per la tenuta di Pniewy già si pagava - bisognerebbe già inviarvi le Suore, perchè si sistemassero, il lavoro ci attende - forse durante lestate una parte di noi si trasferirà in Polonia - però prima di tutto bisogna legalizzare la nostra posizione a Roma.

Il 17 aprile, giorno del mio compleanno - 55 anni, partii da Aalborg e con me fino a Berlino viaggiava Giovanna Dziekonska e due suore Converse - le quali per prime inviai a Pniewy. A Berlino appresi che la comunicazione con la Polonia fu interrotta per 10 giorni e cominciai a pensare e cosa fare con le Suore e con Giovanna. Per fortuna mi salvò la Superiora delle Orsoline berlinesi, la quale sempre mi accoglieva con tanta bontà. Le prese per quei giorni nel suo convento ed io potevo continuare tranquillamente il mio viaggio.

Il giorno 21, mi pare, partii per Monaco ove dovetti rimanere per due giorni nell'albergo perché la nave per Lindau non partiva tutti i giorni. Dopo due giorni a Lindau, poi con la nave alla stazione svizzera doganale. Lì di nuovo bisognava aspettare - inviai il telegramma a mia sorella avvisandola che sarei arrivata. La sera a Milano dovetti ancora attendere tutta la giornata. Era domenica. Approfittai del tempo per pregare, andai al Duomo. La sera proseguii per Roma via Genova.

Arrivai finalmente il 26 mattina. Viaggiare nel primo dopoguerra era molto faticoso, ma finalmente mi trovavo a Roma. Alla stazione non c'era nessuno. Presi il facchino ed andai in via Olmata. Li trovai proprio la fine della funzione, perché c'era la festa del Sodalizio - la Madonna del Consiglio. M.Teresa m'incontrò uscendo dalla cappella era questa una sorpresa per lei perché non aveva ricevuto il telegramma. Che gioia di rivederci dopo tanti anni e ci volevamo tanto bene. Ella era sempre più magra e sempre più malata, però il suo spirito forte la sosteneva. Naturalmente presto andai anche dal Padre Vlodimiro - fu tanto buono con me, e poi bisognava subito mettersi al lavoro per legalizzare la nostra posizione. Portai le lettere di raccomandazione - una dal Vescovo Bitter di Stoccolma, piena di calore, l'altra dal Vescovo Euch di Copenaghen - chiusa - mi pare per niente “en ma faveur”. Questo ultimo era mal disposto verso di me - voleva che con la mia collaborazione i bambini polacchi si trasformassero in piccoli Danesi, affinché propagassero poi il cattolicesimo in Danimarca ed io non volevo, perciò non volle accogliere favorevolmente la mia domanda di poter aprire un noviziato ad Aalborg, e nella sua lettera doveva parlare di me anche in una maniera negativa. Era un grande vescovo ed un Sant'uomo, però voleva il lavoro per la Danimarca e non poteva capire perché proprio in questo momento desiderassi lavorare per la Polonia. So che ogni religiosa dovrebbe avere lo spirito di universalismo ed essere pronta a lavorare dovunque, a sacrificarsi per qualunque nazione, però sapevo che nelle circostanze nelle quali si trovava la nostra Congregazione, l'unica speranza di sviluppo - come diceva anche il buon Padre Benelius S.J., si poteva avere iniziando il lavoro in Polonia. Di questo il vescovo non era contento, non voleva che portassi in Patria i bambini polacchi.

Consegnai le lettere alla Sacra Congregazione - vi trovai un grande movimento. Durante il mese di maggio c'era tutta una serie prima di canonizzazioni poi di beatificazioni - avrebbero avuto luogo quasi ogni domenica. La prima beata era Margherita Maria Alacoque, poi Giovanna d'Arco e per quest'ultima solennità si mosse metà della Francia; pieno di vescovi, diffici1e al arrivare dovunque, di prendere un qualunque appuntamento. I nostri affari ci stavano molto a cuore e non si sapeva come sistemarli. Tutti i nostri documenti avevo a Roma da M.Teresa, non escluso il decreto dell'erezione della casa di Pietroburgo ed il permesso di Pio X per i voti privati - però ce li considereranno adesso come voti religiosi?

Andavo da Padre Vidal e scrivevo le nostre Costituzioni adattandole alle nostre necessità - mi recai dal Cardinale Prefetto, dal Segretario - dappertutto dovevo attendere senza fine e sentivo che la pratica non andava avanti. Per fortuna trovai confessore ideale - Padre Aloisi Masella S.J., il quale mi sostenne e consolò nei momenti difficili e trovai prima dì tutto lavvocata e la consolatrice, la mia dolcezza e speranza: Maria SSma della Strada. Durante quella lunga attesa di quasi 8 settimane rimanevo nellincertezza di cosa sarebbe stato di noi, se non decideranno che i voti delle Suore (e quasi tutte avevano ì voti privati) non possono essere considerati come voti religiosi, come io li ritenevo in base al permesso straordinario dì Pio X., se si disporrà che avrebbero dovuto rifare il loro noviziato e chi allora avrebbe potuto iniziare il lavoro. - Che cosa avrebbero detto le Suore? Forse che le avevo ingannato? In quei 2 mesi così difficili pregavo ogni mattina presso l'altare della Madonna asoltandovi sempre più di una Messa ed affidandole le mie preoccupazioni, i miei timori, chiedendo il suo aiuto» ed infatti, questottima Madre non mi aveva mai abbandonato.

All'inizio del mese di maggio andai con le Suore di San Pietro Claver alla canonizzazione di S.Margherita Maria Alacoque. Avevamo i posti in piedi e rimanemmo lì dalle sei alle due - vidi le punte delle mitre di 200 vescovi che passavano in processione davanti alla sedia gestatoria sulla quale sì trovava il S.Padre. Era uno spettacolo imponente, però ero già troppo stanca per poterlo godere. Pregavo come potevo - chiedevo a S.Margherita Maria il miracolo di guarire le emicranie di Sr. Zaborska. Non ho potuto vedere per niente la Messa Papale, si sentiva solo un pochetto - cercavo di unirmi alle preghiere liturgiche. Dopo la cerimonia portarono via il S.Padre benedicente - era un grande momento!

Così il tempo passava e non si faceva nulla - nessuno ci tendeva la mano - portai le nostre Costituzioni alla Sacra Congregazione, però non sapevo come tutto sarebbe andato a finire e sentivo che tutti quelli che parlavano con me non sapevano come risolvere la nostra situazione piuttosto complicata. Mi opprimeva sempre di più la tristezza ed il peso della responsabilità e sempre di più mi fermavo presso la Madonna della Strada.

Verso la fine di maggio andai da Padre Vlodimiro, - mi domandò come andavano le nostre pratiche - non riuscii a trattenermi e piansi: “Non so niente, tutto da sempre allo stesso punto". Il mio buon Padre intuì quel che passava nel mio cuore. Non dimenticherò mai con quanta bontà mi consolava: “Non piangere, mi occuperò io della questione, che cosa hai fatto fino adesso? Gli risposi che avevo consegnato le Costituzioni già alla Sacra Congregazione e che non sapevo altro. Mi chiese di mandargli subito i documenti che avevo ricevuto dal Pio X e l'erezione e mi invitò a tornare più tardi, mi avrebbe indicato che cosa dovevo fare.

Dopo forse due giorni mi diede un appuntamento verso sera - aveva già preso in considerazione tutto - disse che riguardo ai voti risultava chiaramente dai documenti di Pio X che avevano valore da voti religiosi e riassunse brevemente tutta la questione in 4 punti: - chiedevamo affinché l'erezione data alla casa di Pietroburgo potesse valere per la casa di Pniewy; affinché per adesso potessimo continuare a portare gli abiti secolari e trasformare lentamente le nostre Costituzioni e presentare questa breve, ma molto chiara domanda alla Sacra Congregazione. Adesso sentivo che eravamo sulla buona via, grazie proprio a questa sua brevità e chiarezza. Si vedeva subito che cosa volevamo. Attendevo già tranquillamente. Del resto P. Vlodimiro, penso aveva parlato col Segretario della Sacra Congregazione e so che a Roma si affidano moltissimo alle sue capacità. Se lui parlerà a mio favore tutto andrà bene, pur se avevo impressione che la Sacra Congregazione non era verso di me ben disposta. Sarà stata le lettera del Vescovo Euch o altre accuse e calunnie? Intanto rimanevo più tranquilla e potei prendere parte con tutto il cuore alla bellissima cerimonia della beatificazione dei Martiri di Uganda; mia sorella attendeva in una maniera particolare questo bel giorno, perchè ella viveva e respirava per l'Africa, tutta dedita al lavoro a vantaggio delle missioni.

Qualche giorno prima della cerimonia arrivò il vescovo di Uganda con due negri i quali appartenevano ai paggi cristiani condannati a morte, però a causa della loro giovane età non li bruciarono come i loro compagni, ma avevano trattenuto uno per molto tempo in carcere, percuotendolo tutti giorni; tuttavia non aveva rinnegato la fede. Visitarono mia sorella ed il vescovo tenne da noi una conferenza molto interessante - ci raccontò le vicende di quei Martiri e parlò della fortezza dei negri con lui presenti - stavano seduti li - sorridevano e non capivano niente - era molto interessante.

Questa volta per la cerimonia della beatificazione, grazie a M.Teresa ebbi un ottimo posto. Fu questo una domenica mattina, non mi ricordo la data.

E' un momento meraviglioso, quando dopo la lettura dellatto della beatificazione cade il velo che copre il quadro sopra l'altare maggiore ed in un'aureola di luci appare un enorme immagine dei martiri di pelle nera con le vesti bianche e le palme del martirio. Dirimpetto, più vicino all'altare maggiore, c'era la tribuna coi bianchi Padri ed i negri. Che felicità per loro. Nel pomeriggio una bellissima cerimonia durante la quale il Santo Padre viene portato nella basilica per venerare le reliquie dei Beati. Anche M.Teresa voleva esservi presente - ci siamo andate lei, io e la Suora che le fa da infermiera, la quale la doveva portare davanti alla chiesa, perché era così debole - l'aveva portata fino alla tribuna - un buonissimo posto. Quel corteo col S.Padre portato sulla sedia gestatoria attraverso la basilica fino all'altare maggiore fa una grande impressione. Il S.Padre tutto bianco sta seduto sulla sedia e benedice a destra ed e sinistra e vi è un entusiasmo incontenibile ed irresistibile tra la folla.

Com'è grande e santa la nostra Chiesa cattolica! La Benedizione con il SS. mo Sacramento chiuse questa cerimonia commovente; di nuovo riportarono in processione il benedicente buon Pastore, quando scompare nella porta della cappella laterale il cuore si stringe dolorosamente. Uscendo avevano visto unaltra bella manifestazione del calore dei sentimenti degli Italiani. Salutavano con calore i negri che uscivano dalla basilica, perchè anche loro avevano sofferto per la fede. Anche noi ci avvicinammo a loro e stringemmo le loro mani ed essi sorridevano a tutti con tanta cordialità. M.Teresa era tanto felice, perché questo fu un grande giorno per la sua cara Africa.

Il 31 maggio - la festa di Sant'Angela ebbi l'udienza privata dal S.Padre Benedetto XV. Vi andai con un po' di timore, sola, senza M.Teresa. Avevo preparate due domande: una della benedizione per il nostro lavoro che stava per iniziare in Polonia, l'altra per un indulgenza per le nostre Suore ed i nostri bambini, ogni qualvolta ripetono la giaculatoria "O Vergine Santa.."

Dopo avergli baciato la mano mi fece sedere - il cuore mi batteva - aveva un aspetto molto serio e piuttosto severo. Brevemente riassunsi lo scopo della mia venuta a Roma, dopo tutto il peregrinare, dopo le persecuzioni e l'esilio. Il S.Padre mi ascoltò e poi disse : «Et maintenant vous ferez bien de rentrer dans votre couvent ». Trepidai... dove ? abbandonare le mie Suore e tornare a Cracovia? - Allora dissi timidamente: « Mais très Saint Père, où? Je suis dans mon couvent" Ed il Santo Padre continua: « Car une religieuse qui court ainsi le monde ne fait pas bien". Avrei voluto piangere. Dico sinceramente, pensavo che gli altri per aver sopportato l'esilio e la persecuzione vengono accolti festosamente - ed io - non lo pretendevo nè desideravo, però un rimprovero simile da parte del S.Padre fu molto doloroso. Je suis prete à suivre en tout la volonté de votre Sainteté, maintenant je fais tout comme mon frère me le dit". Il viso del S.Padre si rischiarò un po': "Si vous etes dans les mains de votre frère alors vous ne pourrez etre dans de meilleures mains » - « Donc Votre Sainteté, je puis men tenir à ce que mon frère me dit? » E la seconda e la terza volta ancora il S.Padre ripetè: "Si vous etes dans les mains de votre frère alors vous ne pourrez etre dans de meilleures mains » - Respirai perché sapevo che Padre Vlodimiro era favorevole alla formazione della nostra Congregazione, che non mi farà abbandonare le mie Suore. Timidamente presentai al S.Padre le mie due domande - mi scrisse una bella benedizione per il nostro nuovo lavoro, e diede per iscritto un indulgenza di 300 giorni per la recita della nostra giaculatoria. M'inginocchiai, gli baciai il piede, mi benedisse, però avevo sentito tanta freddezza da parte sua. Il S.Padre è verso di me mal disposto, perchè?

Andai da P.Vlodimiro - gli raccontai tutto il decorso delludienza e l'impressione che fece su di me. Mi tranquillizzò dicendomi che ci aveva scritto una benedizione molto bella, però rimase meravigliato quando gli dissi che avevo baciato il piede al S.Padre. Ed il S.Padre lo ha permesso?” “Sì, senza esitazione”.

Si vede, sentiva che questo non apparteneva alle sue abitudini ed era piuttosto una prova di poca benevolenza.

Ci fu una bellissima novena prima della festa del Sacro Cuore nella chiesa del Gesù - pregavo quanto potevo ed il Cuore di Gesù preparò per me la sua consolazione. La Sacra Congregazione accettò la mia domanda redatta secondo il consiglio di P.Vlodimiro. Pnievy furono riconosciute come ma casa autonoma delle Orsoline col noviziato - i nostri voti cioè i voti delle suore che li fecero privatamente - furono riconosciuti come voti religiosi e ricevemmo anche il permesso di formare una Congregazione; il futuro delle mie Suore era già assicurato.

Mi liberai da un grande peso. Questa felice soluzione la dobbiamo a P.Vlodìmiro, e perciò la nostra Congregazione gli deve essere sempre grata per quel che ha fatto a suo favore. Da allora tutti i giorni preghiamo per il Padre Generale dei Gesuiti, che il Signore lo ricompensi; aveva salvato la nostra Congregazione dalla distruzione.

Avevo, è vero, tutti i permessi di Pio X. però egli era morto da tanto tempo e la Sacra Congregazione non ci conosceva perchè non era possibile durante il periodo della persecuzione rivolgersi ad essa, quando bisognava decidere immediatamente ed agire in fretta. Se non ci fosse stato P.Vlodimiro probabilmente non ci avrebbe riconosciuto come una Congregazione religiosa - ma la testimonianza di lui, che sapeva tutto ci fece pervenire alla vittoria.

Potevo pensare già al ritorno, ma decisi di fermarmi ancora fino al 13 giugno, perchè quel giorno doveva aver luogo la beatificazione delle Orsoline Martiri di Cambrai. Cito qui ancora una prova quanto mal disposto fu il S.Padre verso di me.

Quando il nostro futuro ci si presentava molto, molto incerto, M.Teresa cominciò di nuovo ad invogliarmi di unirmi a lei - questo pensiero - fin quando non ricevetti la risposta dalla Sacra Congregazione fu per me come una tavola di salvezza. Parlai di questo con la Sua Eccellenza Mons. Streicher dei Padri Bianchi di Uganda, che venne a Roma coi negri, anche lui mi avrebbe voluto; allora M.Teresa gli suggerì di parlarne al S.Padre. Egli lo fece ed il Papa però fu molto contrario: "Elle ne la vaut pas - diceva di me. S'intende che non uguagliò M.Teresa, però in queste parole il S.Padre fece capire che mi vedeva nella luce molto scura. Perché? Non mi conosceva, non sapeva nulla di me, perché mi giudicava così male? Non vi è però un male che non si possa trasformare nel bene. Proprio per questo Padre Vlodimiro mi prese sotto la sua protezione. Diceva egli stesso a M.Teresa: Hanno parlato tanto male di lei al Vaticano che bisogna che mi occupi dì lei." Tenni durante gli ultimi giorni del mio soggiorno a Roma una conferenza sulle sofferenze della Polonia, nel palazzo Rospigliosi - generalmente ne parlarono bene. Durante l'ultima settimana cercai di andare molto dalla mia Madonna della Strada. Vi prendevo parte nelle funzioni del mese di giugno.

Il 13 andai alla beatificazione delle Ornoline do Cambrai, Già tornando in via dellOlmata mi sentivo male. Mi venne una forte febbre, temevo di dover ritardare la mia partenza. Padre Vlodimiro venne a salutarmi, perché doveva partire - tanto buono - mi lasciò un foglietto con dei consigli, ed indicazioni come avrei dovuto comportarmi. Mi era sempre tanto difficile congedarmi da lui.

Grazie Dio mi sentii meglio ed il 15 sera lanciai Roma. Il congedo da M.Teresa, la quale era tanto buona con me, fu anche molto doloroso; ogni sera mi fermavo da lei e qualche volta quando la salute le permetteva rimanevamo sedute nel giardino - la rivedrò ancora? - E' tanto debole. Infatti questa fu l'ultima volta che vidi la mia buona e cara sorella.

Alle undici di sera lasciai la Città Eterna, ove molto avevo sofferto. Sono grata però al Signore sia per la sofferenza, sia per la consolazione che dopo mi diede. Torno per portare la buona novella alle mie Suore. Adesso il treno andava direttamente da Roma a Berlino ed il viaggio era meno faticoso.

A Berlino m fermai per pochissimo tempo, e lunedì - il 21 giugno andai in Polonia a Nowy Tomysl, ove mi doveva attendere Sr. Pradzynska per accompagnarmi con una carrozza a Lwòwek. Arrivammo a Zbaszyn mi pare alle 11 del mattino - bisognava attendere il treno circa 3 o 4 ore. Partii senza essere del tutto guarita dopo la febbre passata a Roma e mi sentivo molto male quel giorno. Non conoscevo la zona. Se scenderò a Nowy Tomysl e non troverò Sr.Pradzynska... Forse il telegramma non era arrivato... Provai di telefonare a Lwòwek - per fortuna ci riuscii e la sign. Lacka mi assicurò che già mi attendevano; cominciai aspettare il momento di partenza con maggior coraggio. A Nowy Tomysl Sr. Pradzynska subito si occupò dì me, con una sensazione dì distensione salii sulla carrozza, perchè è tanto brutto trovarsi sola quando ci si sente male. A Lwòwek mi accolsero con molto calore - vi trovai il Padre Tuszowski il quale si occupa di noi tanto cordialmente; subito cominciarono a curarmi e presto mi sentii meglio.

Andai - questo era lo scopo principale del mio viaggio in Polonia - a vedere la nostra nuova sede a Luboczesnica - Pniewy.

La giornata era bruttissima perchè pioveva a dirotto. I villini erano belli, in particolare i più grandi perché restaurati. Le Suore vi si erano già un po' sistemate - non potevamo vedere bene come si presentava la zona perché la vedevamo sotto la pioggia scrosciante. Però mi potevo un po' orizzontare. Il fabbricato più grande lo destinai per la scuola ed il pensionato ed il più piccolo per la cappella e la clausura. Mi consigliai col Padre Tuszowski se di fronte alla guerra coi bolscevichi non sarebbe meglio rimandare a più tardi il ritorno in Patria, ma e tutti gli altri non erano di questo parere.

Dopo qualche giorno di riposo partii; mi ritrovai ad Aalborg dopo un'assenza di due mesi. Adesso il nostro pensiero si volge sempre verso il ritorno in Patria. Dovevo portare con me in Polonia una parte delle Suore e circa una ventina dei bambini più grandi, gli altri sarebbero rimasti ad Aalborg. Per il nuovo anno scolastico si sono iscritti poche alunne, però ancora per un anno o due bisogna mantenere la scuola perché si possa vivere fino alla liquidazione definitiva dellIstituto danese.

L'anno scolastico si è chiuso come al solito; abbiamo preso un po' di villeggianti ed io ho girato per ottenere il viaggio gratuito per ferrovia e per nave e per poter spedire il vagone con la roba attraverso la Germania, il che in quei tempi era molto difficile e rischioso, perché molte volte tutto andava perduto, però eravamo costrette a correre il rischio.

A casa grandi preparativi - bagagli su bagagli; una ventina di casse dovevano partire con noi, il resto per ferrovia. Il lavoro era enorme ed intanto sempre di più si scrive, che i bolscevichi ci si avvicinano sempre più a Varsavia. Di nuovo ho scritto a Padre Tuszowski - partire o rimanere? “Partire” - diceva la risposta.

Il 2 agosto - la festa della Madonna degli Angeli, dopo aver ascoltato molto presto la mattina la S.Messa, una parte delle Suore ed un gruppetto di 20 bambini lasciarono, con il treno delle 7 del mattino, Aalborg. Venivano con me in Polonia Sr. Lozinska ed alcune Suore Converse. Mi faceva compagnia in questo viaggio la sign. Lisa Anderson, mia amica svedese. Sr. Wielowiejska con alcune Suore, le avevo inviate già all'inizio delle vacanze. Rimanevano ad Aalborg: Sr. Zaborska, Sr. Maculewicz, Sr. Rodziewicz, Sr. Monkiewicz, Sr. Januszkiewicz, Sr. Czernilowska, Sr. Matulajtis, Sr. Tyszkiewicz, Sr. Brennan. Piano piano le avrei fatte venire a Pniewy, quando ad Aalborg non avrebbero più servito. A Sr. Czernilowska affidai il collegio (l'asilo) con 20 piccoli. Solo il piccolo Wicus di 3 anni venne con noi. Sr. Tyszkiewicz, dovevo prestarla a M.Teresa a Roma. Sr. Zaborska ci aveva accompagnato a Copenaghen. Il viaggio era difficile - un cambiare continuo, dal treno alla nave e poi di nuovo il treno... Bisognava correre con tutto il gruppo dei bambini - infilarli nella vettura... Per fortuna il tempo era buono - verso le 11 della sera eravamo già a Copenaghen. Là alla stazione già ci attendevano le signore della legazione con a capo la sign. Dzieduszycka.

I bambini trovarono alloggio presso i buoni Padri Gesuiti - le Suore si sistemarono in diversi ponti e così passammo la notte. La mattina subito andammo a prendere i bambini, alla stazione e trasportare il bagaglio sulla nave. Poi vi sistemammo i bambini e verso le undici del mattino già eravamo sistemate. I bambini portavano la loro divisa alla marinara ed avevano la bandiera polacca.

Ore 12 - il segnale della partenza - saluto Sr. Zaborska, le buone signore polacche e la nave comincia ad allontanarsi dalla riva. I bambini intonano Jeszcze Polska nie zginela” (linno nazionale polacco) e poi, Z tej biednej ziemi” (un popolare canto religioso). Sventoliamo i fazzoletti, ci allontaniamo sempre dalla terra - non si vede più nessuno - andiamo in Polonia.

Abbiamo il tempo bellissimo; il mare è azzurro e tranquillo, i bambini giocano sul ponte. Li offrono da mangiare. Il personale li circonda di bontà e di premure - ci allontaniamo sempre di più - vediamo soltanto il mare ed il cielo. Un bellissimo tramonto - il cielo ed il mare diventano tutto oro fuso; comincia a farsi buio. Raduno i bambini per la preghiera della sera. Singinocchiano, recitano le solite preghiere poi iniziamo il canto Ave Maria - Risuonano nel silenzio le voci dei bambini - così solennemente. Ascoltano fermi i marinai ed il capitano - nessuno ride e noi sentiamo che la Madonna nostra Stella del Mare veglia su di noi e ci difende dal male.

La mattina seguente la preghiera e di nuovo i bambini giocano a bordo della nave; verso il mezzogiorno appare la terra, A mezzogiorno siamo nel porto di Danzica. Scendiamo coi bambini e le casse - cì sistemano nelle baracche degli emigranti - specie di un grande granaio con dei letti uno sopra l'altro - ci siamo sistemati come abbiamo potuto. Grazie al tempo bellissimo non sentivamo tanto il disagio di rimanere nei locali tanto scomodi; ero contenta di questo, perché bisognava attendere qui per due giorni il vagone con quale saremmo andate a Poznan. Per ì pasti portavamo i bambini in un'altra barca ove c'erano dei lunghi tavoli - il mangiare era sufficiente. Ai bambini piaceva la novità la mattina si lavavano alla fontana - il sole brillava intorno i prati scintillano di rugiada e si sente il profumo della campagna malgrado che la città sia così vicino.

Avevo, diversi affari da sbrigare presso la Direzione della Compagnia dellemigrazione e nella Danzica stessa, i bambini godevano perché ogni novità ha sempre tanto fascino per l'infanzia.

Dopo la merenda dei bambini mi si avvicinano gli operai polacchi arrivati quel giorno dall'America. Cominciano a domandare che Istituto fosse e da dove venissero i bambini, chi li mantiene e, quando ho detto che li manteniamo noi stesse, dopo un momento uno di loro - si vede uno dei più seri - venne da me e disse: "Organizzi un raduno, signora, noi inviteremo tutti gli operai - che i bambini recitino qualche poesia, cantino, lei ci racconterà qualcosa sul conto dellIstituto e poi con un bambino potrà fare una specie di questua tra di noi. Ognuno darà volentieri e lei raccoglierà un bel po di dollari.” Accettai volentieri. Verso le 6.30 o le 7, gli operai si radunarono sul prato; aprii la grande porta della nostra baracca che si trovava molta sollevata dalla terra e vi sistemai i bambini vestiti della loro divise di festa: una bambina recitò la poesia dell'orfanella. Poi cantarono ed alla fine il piccolo Wicus di 3 anni gridò: “Jeszcze Polska nie zginela” - il piccolo aveva una voce fortissima ed una buffissima pronuncia. Dopo parlai un po' io e cominciai a raccogliere i soldi con Wicus. La gente era tanto cordiale, si vedeva che dava volentieri - mi domandava: "Ci dica, signora, ma lei chi è? (eravamo ancora vestite da secolari). “Sono la Contessa Ledòchowska, ma adesso e qui particolarmente la madre di questì bambini". Erano tutti simpatici, stringevo la mano a tutti e ci trovavamo molto bene insieme.

Il sole stava tramontando - il cielo si tingeva di porpora. "Forse reciteremo assieme la preghiera della sera - volete?” domandai. C'inginocchiammo tutti; gli operai venuti dall'America ed i bambini sul prato - si fece silenzio, iniziai il Padre nostro e tutti si unirono questa preghiera, poi cantammo insieme - mi pare - l'Ave Maria - questa preghiera mi rimase impressa nella memoria. Gli ultimi raggi del tramonto illuminavano il prato e le figure inginocchiate - un silenzio nella natura si sentiva solo le voci degli oranti - era una preghiera commovente, che sicuramente s'innalzava direttamente verso il Padre celeste, che con tanto amore guarda, e protegge i suoi figli.

Il giorno dopo verso le 2 partimmo; ci diedero il vagone di quarta classe, ove entrarono le Suore, i bambini e tutti i bauli e le casse. Eravamo contente perchè fra poco ci saremmo trovate in Polonia. A Danzica si sente un atteggiamento nemico verso i Polacchi - si sentono delle parole volgari indirizzate a chi parla polacco. Il nostro vagone va avanti, indietro, si ferma - dopo due ore di viaggio di nuovo ci fermiamo in una stazione. Mi sporgo dal finestrino e domando in tedesco a un ferroviere: “Was ist das fur eine station?" Danzig”. “Noch immer Danzig” (sempre ancora Danzica) esclamo - perché già da due ore ci muoviamo e si tratta sempre solo di una manovra. Ja noch immer Danzig und wird Danzig bleben. (“ancora Danzica e Danzica rimarrà sempre“.) Ed io: „Es handelt sich nicht darum. Aber zwei Stunden fahren wir schon herum und sind noch immer in Danzig. (siamo in viaggio da due ore e ci troviamo sempre a Danzica). Si rabbonì e domandò gentilmente dove andavamo e quando gli risposi che a Poznan osservò garbatamente: Ja, aber das ist di Frage, ob die Bolschewiken schon die Eisenbahn nicht bessetzt haben. (Si, ma bisogna vedere se i bolscevichi non hanno ancora occupato la stazione ferroviaria), e vedendo la mia espressione spaventata, soggiunse guardando la nostra quarta classe: "Aber furehten sie nicht. Ihnen thun sie nichts an” (non abbia paura, a lei non faranno nulla). Non era questa una grande consolazione, ma non ero nemmeno molto spaventata, pensavo che esagerasse. Tutto il tempo prima della partenza vi fu da noi tanta confusione a causa dei preparativi, che nessuna aveva guardato i giornali e non sapevamo che cosa succedeva in Polonia; intanto i bolscevichi avanzavano, bruciando, uccidendo e seminando il terrore. Perciò la povera Sr. Zaborska da quando tornò piena di tristezza dal porto e cominciò a leggere i giornali moriva di paura fino al 15 agosto - il giorno del miracolo sulla Vistola.

Finalmente ci mettemmo in moto. Il viaggio era stancante, faceva caldo e mancava l'aria. A Tczew - la frontiera polacca, vi arrivammo alle 11 di notte - svegliai i bambini più grandi, erano sistemati per dormire alla meglio, sopra i sedili ed i bauli - pregammo - entrammo nella nostra Patria - siamo in Polonia, è un momento grande e solenne - è bene che i bambini lo ricordino.

La notte passò non tanto male. Tutta la giornata seguente passò ancora nella vettura calda e piena di polvere, Una bambina che nella baracca era caduta dal letto cominciava ad avere la febbre. Sr. Lozinska ha una gamba rossa, come se dovesse ammalarsi di erisipela. Ero molto preoccupata. Saremmo arrivate a Poznan alle 8 di sera - come saremmo arrangiate poi sul posto? Rimanemmo ferme un bel po' di tempo a Gniezno. Sullaltro binario c'era un treno coi soldati feriti il fronte si avvicina però, grazie a Dio nessuno ci impediva di tornare in Patria. Dopo le otto arriviamo a Poznan. Avevamo telefonato da Danzica alle signore che prestavano lassistenza alla stazione ed alla Croce Rossa, che arrivavamo coi bambini. Ci attenderà qualcuno alla stazione? Io non conoscevo quasi per niente questa città e non sapevo dove girarmi, bisognava sperare nellaiuto di Dio. Ed infatti sulla pensilina ci aspettavano alcune signore. Tra di loro c'erano le mie due ex alunne di Cracovia: Elena Jurasz in Polczynska e Jadwiga Szczaniecka in Plucinski. Ci accolsero con la massima cordialità tutte, sia le conosciute, come le sconosciute. Ci aiutarono di mettere al deposito i bagagli e di sistemare i bambini nelle baracche. Trovammo già preparata anche la cena. Mi volevano portare via con loro, però preferii rimanere coi bambini.

Il giorno dopo era domenica - c'era la S.Messa nella cappella appartenente alle baracche. Sr. Lozinska, grazie a Dio stava bene ed i bambini hanno potuto visitare un po' la città. Io sono andata in giro per gli affari. Vi era un unico treno per Pniewy alle nove della sera - verso le sette ci siamo incamminate verso la stazione. C'era un po' di difficoltà perchè non ci volevano dare un vagone a parte; le signore ci aiutavano moltissimo. Abbiamo sistemato i bambini e la roba nello scompartimento e le signore hanno telefonato alla Croce Rossa di Pniewy di venirci in aiuto - sarebbero venute anche le nostre suore e così arrivò la fine di queste peripezie. Dopo le undici arriviamo a Pniewy. I bambini sono insonnoliti, appena siamo riuscite a svegliarli. Alla stazione attende Sr. Pradzynska coi cavalli, la sign. Szoczòwna e le sorelle della Croce Rossa. Tutte ci aiutano a prendere i bambini ed i bagagli, verso le dodici siamo già a "Sant'Olaf” noi, la prima notte sotto il nostro tetto polacco. Ancora c'era molto da fare per sistemare tutti; i bambini dormono nel sottotetto sulla paglia, siamo riusciti a trovare posto por tutti. Finalmente, lultima luce si spegne; anche i bagagli sono dentro ci siamo addormentate stanche dopo quel lungo viaggio che durò dal lunedì mattina fino alla mezzanotte della domenica.

I giorni seguenti sono anche molto faticosi. ma anche gioiosi. Il tempo è bellissimo. Questa volta Pniewy sì presentano molto bene; davanti alla casa un prato - oltre il quale vi é il lago circondato dai boschi; nel giardino un bel viale di tigli e di ippocastani; i bambini incuriositi girano, guardano, giocano all'aperto, i e noi sistemiamo, facciamo ordine più che si può, perché non c'è niente - appena qualche letto, alcune sedie ed i tavoli, perché il vagone con la roba ancora non è arrivato. "Quattro angoli e la quinta la stufa» (come dice il proverbio polacco) però per fortuna sta per venire lestate e siamo in casa nostra.

Intanto l'offensiva dei bolscevichi diventa sempre più minacciosa, avanzano con una velocità spaventosa. A Varsavia regna il panico. Le due legazioni abbandonano la capitale - le persone più abbienti seguono il loro esempio - uomini e donne lavorano costruendo le barricate e le trincee; le chiese della città sono piene e le processioni si snodano passando da una chiesa all'altra, impetrando la misericordia di Dio per la Plonia che appena risorta di nuovo si trova nel gravissimo pericolo.

Sr.Zaborska, temendo che i bolscevichi ci avrebbero preso» inviava delle lettere piene di disperazione, però noi non avevamo molto tempo per preoccuparci. C'era un'infinità di lavoro ed il 15 agosto - giorno dell'Assunzione di Maria SSma si doveva celebrare la prima Messa nella nostra poverissima cappella. L'altare con la statua del Sacro Cuore ci regalò la sign. Sadowska. Celebrò il Padre Tuszowski, che si trovava allora a Lwòwek. Come ci sentivamo felici, quando il Signore discese sul nostro altare, per rimanere con noi per sempre! La vita è diversa quando c'è il Signore in casa; e sotto il patrocinio della sua Madre restiamo tanto sicure. Nello stesso giorno si sparge la notizia: "Il miracolo sulla Vístola”. I bolscevichi fuggono via; una grande vittoria. Varsavia è salva, la Regina della Polonia ci ha liberati.

Il giorno prima avevo ricevuto il telegramma dalla povera Sr.Zaborska, spaventata dalle notizie riguardanti i bolscevichi: "Conseille, revenez tous". Naturalmente non c'era nemmeno da pensarci, ma potevo telegrafarle la notizia della grande vittoria - chiedendole di venire, perché sarebbe stata necessaria, qui per dirigere la scuola ed in Danimarca ormai poche alunne si erano iscritte.

Il giorno del 15 agosto restò memorabile per noi. Il Signore in quel giorno prese possesso della prima cappella della nostra Congregazione in Polonia - e noi per mezzo della Madonna vogliamo cercare di essergli sempre più vicine.

Cominciavano a venire i primi freddi ed il vagone con la roba non arrivava. Vi erano tutti gli indumenti invernali delle suore e dei bambini, i letti, i mobili; fui presa dalla paura cosa faremo se questo vagone, come successe con tanti altri, andrà perduto? Ci troveremo veramente nella miseria, perché adesso nel primo dopoguerra è difficile comperare qualunque cosa ed i prezzi sono elevatissimi. Per me fu questa una grandissima preoccupazione.Verso il 20 arrivò Sr. Zaborska - non si fece attendere molto. Alle undici di sera sentii chiamare sotto la finestra: “Giacché mi avete invitato, fatemi entrare". Ero molto contenta, perché non arrivavo più con tutto il lavoro. Dopo alcuni giorni partii per la Danimarca per andare dalle mie Suore di Aalborg e sistemare lì tutte le cose. Vi lasciai Sr. Maculewicz come superíora, a Sr.Czernilowska affidai i bambini, le altre Suore le avrei portate via quando tutto sarebbe stato venduto, per riunire tutti suore e bambini nella Patria. Sr. Maculewicz era piena di buona volontà, le alunne erano poco numerose e le suore tanto piene di dedizione, pur se a tutte costava restare lì sole, perché ognuna di noi deve essere sempre pronta al sacrificio.

L'otto settembre ricevetti ad Aalborg il telegramma da Pniewy che il vagone con la roba era arrivato e mi tranquillizzai riguardo alla nostra esistenza materiale.

Dopo qualche giorno mi congedai dalle mie figliole di Aalborg e circa il 15 settembre ero già a Pniewy. Già la roba era arrivata e potevamo un po ammobiliare gli ambienti. Cera una fretta con la sistemazione della scuola perché già verso il 20 vennero le allieve erano 12 in tutto per cominciare la nostra scuola di economia domestica; agli inizi tutto era ancora molto primitivo però ci sentivamo in famiglia. Le ragazze erano carine ed e i piccoli tanto graziosi. Si prometteva un bel lavoro.

Per aver la conferma del decreto della Sacra Congregazione mi dovevo rivolgere al Nunzio Apostolico Mons. Ratti, il nostro odierno Papa Pio XI. Lui evidentemente voleva farsi un idea sulla nostra Congregazione, perché nei primi di ottobre mi avvisarono che il Padre Brzeziewicz di Varsavia si trovava a Poznan e mi voleva vedere. Mi recai subito da lui ed egli mi disse che il Nunzio Apostolico ci vorrebbe conoscere più da vicino. Lo invitai allora a Pniewy pur se la casa era ancora tanto povera. Venne, vi pernottò e si fermò da noi due giorni - era tanto simpatico; tutto gli piacque molto. Avevamo allora per cappellano il Canonico Szyszko, della diocesi di Luck; purtroppo dopo breve tempo vi dovette tornare - ci trovavamo tanto bene con quei due santi sacerdoti.

Il 6 ottobre il Padre Brzeziewiez consacrò la nostra Congregazione al Sacro Cuore dì Gesù. Ci è dispiaciuto quando ci ha lasciato. Lo abbiamo salutato con la speranza che avrebbe fatto un rendiconto riguardo alla nostra Congregazione al Nunzio Apostolico.

Poco dopo anch'io andai a Varsavia, per trovarvi un po' di viveri e di indumenti per i nostri orfani. Mi dovetti fermare nella capitale più a lungo di quanto avessi desiderato, perchè vi fu lo sciopero delle ferrovie. Mi fermai dai buoni signori Lozinski e grazie a questo soggiorno prolungato raccolsi un bel po di roba. Finalmente il 24, o il 23 sera, potei partire.

Il 24 mi trovavo a Poznan. Andai dal Cardinale Dalbor ed egli mi avvertì che il 26 sarebbe venuto da noi con la macchina il Nunzio Apostolico. Eravamo piene di gioia e di timore. Come prepararci in un tempo tanto breve ad accogliere un così grande ospite? Un enorme movimento a Pniewy, perchè ci mancava anche il minimo necessario - "quattro angoli e la stufa" - però avremo fatto tutto quello che potevamo per accoglierlo degnamente.

Mila Puszetòwna studiava in fretta un saluto da rivolgergli in francese. Sr.Lozinska cerca di imprimere nella memoria di Vicus una poesia che aveva imparato già poco prima per la mia festa. Ma ora c'era un grande lavoro, perchè anziché di dire Matuchna” bisogna cambiare e mettervi la parola "Padre". Si adorna la cappella con le ultime foglie d'autunno e le alunne esercitano Ecce Sacerdos Magnus”. Sr. Zaborska cerca di trovare le tazze ed i piattini almeno simili se non si trovano a sufficienza quelli appartenenti alla stessa famiglia, perché con il Nunzio bisognerà ospitare anche gli altri sacerdoti. Abbiamo dovuto inviare qualcuno a Posadòw per farci prestare una poltrona perché avevamo soltanto le sedie.

Lunedì alle undici tutti attendono davanti alla cappella: i ragazzi fanno la sentinella nulla strada, perchè ci devono avvisare quando arriva. Eccolo! Eccolo gridano correndo senza respiro la macchina si trova già vicino, però non prende la direzione di Luboczesnica. L'avranno informato male e forse si dirige verso il paese. Infatti così era. Dopo un momento ritorna e già si trova di fronte al cancello. Scende accompagnato da due sacerdoti - lo accompagno in cappella, ci dà la benedizione, poi passiamo al parlatorio. Dopo un momento di riposo si inizia il giro della casa. Prima andiamo nella sala da pranzo - ovo lo attendono alunne e i bambini in piedi formando un semicerchio. Mila gli rivolge il suo saluto a nome dì tutti, poi Wicus, con la sua pronunzia buffa recita la poesia: "Io, il piccolo Wicus voglio salutarla e baciarle le mani, però ancora non so niente, gioco tutto il giorno, ma una volta, quando sarò grande celebrerò per Lei la S.Messa”. Aveva fatto una faticaccia Sr.Lozinska per fargli pronunciare la parola “Msza” (la Messa) però nel momento critico disse lo stesso “musze” (devo). Il Nunzio si rivolse in una maniera molto affettuosa ai bambini, mi pare in italiano ed il Padre Czapski tradusse quel che aveva detto. Poi visitammo la fattoria ancora molto povera - i cavalli, le mucche ed i maiali e, alla fine venne nel nostro refettorio, ove tutte le Suore erano riunite e ci rivolse alcune parole cordiali. Dopo consumò il pranzo sopra un piccolo tavolino del parlatorio. Nel pomeriggio vennero il Parroco ed il Vicario di Pniewy. Alle quattro ripartì lasciando nei nostri cuori la gioia e la fiducia, che conoscendo la nostra casa, la quale malgrado la nostra grande povertà gli piacque molto, ci avrebbe protette e aiutate - come del resto nella sua lettera mi aveva assicurato.

Dopo il primo Natale in Patria il tempo passava presto - arrivavano nuove alunne - la chiesa si riempiva e la fattoria continuava a svilupparsi. Feci venire un'istruttrice per la tessitura e 4 telai dalla Danimarca. Le nostre postulanti Sr.Lorentz, Sr.Skrzynska e Sr. Tyszkiewiez imparavano a tessere e facevano delle cose molto belle.


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