La Congregazione delle Suore Orsoline del S. Cuore di Gesù Agonizzante

Madre Orsola Ledóchowska

STORIA della CONGREGAZIONE

 

(pro manoscritto, Roma)


D A N I M A R C A (2)

l'anno 1919

    Intanto bisognava pensare a procurare il denaro per l'asilo, ove avevamo già 40 bambini da uno a dieci anni e poi pensavo sempre che avremmo dovuto anche procurarci dei mezzi per il ritorno in Polonia per potervi iniziare le nostre opere. Di conseguenza di nuovo una rappresentazione.

Per me questa impresa non costituiva un piacere, ma ci forniva l'entrate. Abbiamo cominciato ad esercitare delle commediole una francese, una inglese ed una tedesca e le danze ‑ kozak, krakowiak, lezgica opftertanz ed i piccoli avrebbero rappresentato le bamboline. C’era di nuovo molto lavoro.

La rappresentazione si tenne il ... febbraio nel teatro di Aalborg, il quale era gremito di gente. La recita ebbe un'ottima riuscita, la gente era piena di entusiasmo ‑ le entrate erano buone ‑ mi decisi di ripeterla a Kopenaghen. Vi andai con le mie amiche Etatsraadinde Hansen, Frokentilberti e cominciai ad organizzare l'impresa nel Oddfellow Palais. il locale più grande in tutta Kopenaghen. Mi pare che era il 9 marzo. Un lavoro enorme, bisognava prendere in affitto la sala, sistemarla, procurare l'orchestra ecc. Poi l'arrivo dei bambini, delle Suore necessarie per l’aiuto ‑ le studentesse alloggiarono presso I loro parenti o conoscenti in città, ai bambini offrì l'ospitalità l'albergo. Avevano viaggiato tutta la notte con la nave, però quel che impor­tava era l'enorme sala riempita di gente ‑ la recita piacque enormemente a tutti ‑ in particolare le bamboline e quando alla fine l'orchestra suonò la mazurka di Moniuszko ed entrarono in scena 4 coppie in costume nazionale polacco, tutti applaudirono ed i cuori polacchi si riempirono di gioia. Mi pare che nessuna nazione abbia delle danze belle come le nostre. Di nuovo le otti­me entrate premiarono il nostro grande lavoro. Penso che questa rappresentazione abbreviò di un bel po' le pene del purgatorio che ci spettavano, perchè costituiva una maggiore penitenza del cilicio e della disciplina.

Dopo queste grandi imprese ritornò di nuovo il tempo più tranquillo. Venne la primavera, la Pasqua, i nostri piccoli cor­revano attraverso il giardino e diventavano sempre più graziosi; le domeniche moltissima gente si fermava a guardare attraverso il recinto i bambini che giocavano ed in questo modo guadagnammo molte simpatie.

Abbiamo organizzato ancora nel nostro bel giardino, un “garden party". Il tempo era bellissimo (era la fine di maggio o i primi di giugno) e la gente numerosa. C'erano le danze sul prato e l'orchestra infantile con un piccolo maestro Antonio di dieci anni, che la dirigeva in una maniera comicissima. C'erano le sorprese‑ ‑ si poteva vedere “the end of the war” (la v grande) in una stanzetta separata, pagando 20 o 30 ore, c'era la pesca di un agnellone ecc. La gente si divertì ottimamente e ci fu, naturalmente molto lavoro, però anche le entrate, perchè c'era anche il buffet il quale fa sempre guadagnare molto.

Un'altra volta, però in una maniera un po’ più modesta ripetemmo la stessa festa gratuitamente per i vecchietti, i quali non lontano da noi avevano il loro ospizio, ed i nostri bambini passando avevano fatto l'amicizia con loro. Fu per loro un piacere immenso. Come erano contenti! Le nostre studentesse anche furono con loro molto carine ‑ questa è stata la festa più cara al cuore, pur se non portò dei guadagni, ma piuttosto le spese.

Per la chiusura dell’anno scolastico ‑ un pranzo come saggio – al quale invitammo i redattori dei giornali di Aalborg ‑ era molto gustoso, perciò anche le recensioni furono ottime.

Adesso di nuovo le vacanze ‑ un po' di silenzio e di pace. Le Orsoline di Cracovia scrissero a me, perché le lettere di nuovo circolavano liberamente, che i conventi delle Orsoline polacche si univano in congregazione e che il Nunzio Apostolico Mons. Ratti, aveva loro dato questo permesso. Risposi che avrei desiderato molto unirmi a loro, e che sarei andata sul posto per parlare della questione ‑ perchè bisognava riflettere in quale maniera si potesse realizzare quest'unione.

Le vacanze. Ancora non mi ero mossa dal posto. Abbiamo modificato le nostre ville, perché in quei tempi comperai anche "Stella Maris” per avere più posto. Contavo di avere adesso meno ragazze scandinave, però pensavo che dalla Polonia avrebbero inviato volentieri le studentesse alla scuola di economia domestica in Danimarca ‑ perciò chiamai un architetto ‑ una persona eccezionalmente buona ‑ proprio un sant'uomo il quale soprannominammo “l'Arciprete". Egli dirigeva i lavori e fu nel medesimo tempo un ospite tanto simpatico tra i nostri villeggianti.

C'era la signora Hejnowska coi figli, c'erano "mina barn" una giovane coppia Kerzog e la sign. Edyta WBlom e Sog. Lander con alcune Danesi, un insieme molto simpatico e cordiale. Venne anche la Signora Zamoyska pure ella tanto carina.

Avevo una preoccupazione che mi riempiva di timore. Ai pri­mi di luglio ci fu a Cracovia l'elezione della superiora generale della nuova congregazione, la quale pur se non era ancora approvata dalla Sacra Congregazione dei Religiosi, si fermò col per­messo del Nunzio Apostolico. Fu eletta Madre Ignazia Szydlowska. Poi venne il turno delle assistenti e la designazione delle Su­periore per le singole case, un grande sconvolgimento nei con­venti che fin ora erano stati autonomi, però tutto si svolse in una maniera tranquilla e dignitosa e le case diedero la prova di disciplina e di una buona formazione religiosa.

Improvvisamente ricevo la lettera della Superiora Generale ‑ la quale mi informa dei diversi cambiamenti e trasferimenti e mi rende noto che sono stata nominata superiora del convento di Leopoli. Non potevo credere ai miei propri occhi. Superiora a Leopoli col permesso di portare con    me una sola suora con le funzioni di prefetta. Scoppiai a ridere, bellissimo, e le altre Suore? Cosa sarà di loro? Per Aalborg non fu designata alcuna superiora, allora che cosa avrebbero fatto loro, abbandonate in un paese straniero ove io sola veramente parlo bene la lingua danese? Poi mi vennero degli scrupoli; ero stata io a scrivere che avrei voluto unirmi a loro – questa è la nostra casa, forse ciò significa che già apparteniamo a loro ed io sono obbligata all’obbedienza? D'altra parte non ho il diritto di abbandonare qui in paese straniero queste suore che lasciarono tutto e mi seguirono attraverso un infinità di difficoltà, attraverso la persecuzione. Sentivo che non si poteva agire assolutamente in quel modo, però per assicurarmi di agire bene mi recai dai Padri Gesuiti di Achus ove si trovava il buon Rettore Padre Schmidt, siccome era religioso avrebbe potuto meglio dissipare i miei timori. Difatti mi tolse ogni scrupolo. Non avevo nessun dovere di ubbidire, perchè per adesso ancora non mi ero unita a loro e non potevo abbandonare le mie suore. Risposi allora alla Superiora Generale che non mi era possibile accettare la cosa secondo il contenuto della lettera ‑ sarei andata da loro durante il mese di ottobre e sul posto avremmo deciso come risolvere il problema della nostra unione con loro. Correvano le voci che alcune avevano considerato questo mio atteggiamento, come il rifiuto all'obbedienza, però, veramente non era così. Essendo una superiora indipendente da Cracovia ed ancora non unita alla Congregazione non avevo alcun dovere di ubbidire. Del resto se la Superiora Generale considerava la casa di Aalborg come appartenente a loro avrebbe dovuto designare una superiora anche per le mie suore; il fatto stesso che non lo fece, provava che non le considerava di sua apparte­nenza ed era chiaro che non si poteva separare la superiora dalla sua casa religiosa.

In conclusione per il convento di Leopoli fu nominata un'altra Superiora.

Il mese di settembre ci portò di nuovo le studentesse come prevedevo già meno numerose, perchè le ragazze scandinave, finita la guerra di nuovo cominciavano a recarsi in Inghilterra, in Germania e in Francia. Però ancora ne avemmo un' bel gruppetto. Di nuovo riprendemmo la scuola e tutto proseguiva normalmente solo che facevo delle pratiche per ottenere il passaporto per la Polonia. Bisognava stabilire come effettuare la nostra unione con le Orsoline polacche e cercare il campo di lavoro in Polonia.

Ricevetti il mio passaporto polacco, i visti ed all’inizio di ottobre salutai le mie suore e partii sola per Berlino via Warnemunde. Mi assicurai l'alloggio presso il console polacco, il Signor Rosen; pur se mi erano sconosciuti, lui e la sua moglie mi accolsero molto cordialmente. Non conoscevo per nulla Berlino ed ero molto grata ai signori Rosen per la loro bontà. La vita era ancora difficile in questa città. In una casa ricca non si trovava il pane bianco, ma solo nero, ed il salame; come allora dovevano trovarsi i poveri?

Uno dei signori del consolato andava in Polonia ‑ mi misi in viaggio insieme a lui. Inviai il telegramma a Isa Drwecka, moglie del primo presidente della città e mia ex-allieva di Cracovia ed alle Orsoline di Poznan.

A Zbaszyn la dogana ‑ entriamo in Polonia troviamo un sol­dato polacco di guardia in quell'ufficio, sentiamo la lingua polacca ‑ ci troviamo nella Polonia libera, Polonia risorta. Una bellissima giornata d'autunno, il tramonto indora i boschi e le campagne ‑ il cielo rosseggiava ‑ tutto era così silenzioso – una pace diffusa in tutta la natura entrava insieme alla gioia nell’anima.

Arrivammo a Poznan verso le 8.30, già era buio fuori ‑ la stazione era illuminata, cerco qualche persona conosciuta ‑ non trovo nessuno. Mi rattristai un po', non conoscevo nessuno e non sapevo nemmeno dove abitavano le Orsoline. Il mio compagno di viaggio, il signor X. si offrì gentilmente di accompagnarmi dalle Orsolíne, accettai la proposta con una grande riconoscenza. Chi sa se non sarà chiusa la porta?

Improvvisamente vidi sulla via Dworcowa una persona che frettolosamente cammina verso la città ‑ Netka Pradzynska. Sr. Pradzynska, perchè pur se da lontano, già l'avevo accettata in Congregazione. Divisa da noi dall’inizio della guerra, non poteva malgrado tutte le pratiche ricevere il permesso per la partenza per la Danimarca. Chiamo: “Netka” ‑ Si volta, la carrozzella si ferma, lei sale ed andiamo dalle Orsoline, ove trovo già il posto per dormire. Non mi trovò alla stazione, preoccupata, ritornava al convento - adesso una doppia gioia dopo 6 anni di separazione.

Nel convento ove Madre Immacolata era Superiora, furono contente di vedermi ‑ ed io godevo di sentire intorno a me la lingua polacca! Come si sta bene nella Patria!

Subito nei primi giorni mi recai dal Cardinale Dalbor. Attraversando la Piazza della Libertà vidi la benedizione dello sten­dardo dell'Esercito Polacco. Un altare da campo ‑ il Cardinale celebrò la S.Messa ‑ intorno c'era l'esercito ‑ per l'Elevazione tutti in ginocchio - pieno di gente intorno a questa grande piazza ‑ quanta gioia! Come è bello vedere il nostro esercito che cade in ginocchio davanti all'Ostia bianca! - Il nostro esercito polacco! Naturalmente solo il giorno dopo andai dal Cardinale, fu tanto buono con me, gli dissi che avrei desiderato trasferirmi in Polonia e domandai se avessi potuto tenere una conferenza affinché conoscessero qui la nostra attività e così trovassimo il lavoro. Me lo permise. Allora cominciai ad adoperarmi per preparare la conferenza. Conobbi alcune signore che presero la cosa a cuore. Andai, mi pare per due giorni a Lwòwek, ove conobbi personalmente la ben conosciuta dalle Lettere, contessa Konstancja Lacka, con suo marito conte Stefano. Gente tanto buona, si occuparono di noi con tanta premura. La contessa (zia di Sr.Pradzynska) pagò il mio viaggio – ed il o il 19 partii a Varsavia.

Abitai dall’Abbadessa delle Canoniche, Contestanza Micielska, la quale mi circondò di una grande bontà.

Il giorno di Sant'Orsola mi recai dal Nunzio Apostolico Mons. Ratti, odierno Papa Pio XI. Fu molto buono con me, anche mi per­mise di tenere la conferenza ‑ gli dissi che andavo a Cracovia, desiderando di unirmi alle Orsoline Polacche. Questo era lo scopo più importante del mio viaggio. Era tanto buono e paterno. E qui preparai il terreno per la conferenza.

Dopo due o tre giorni partii con Sr. Pradzynska per Cracovia. Dopo una lunga assenza dal mio sempre tanto caro convento, come godevo dì ritrovarmi di nuovo in seno alla famiglia!

Vi trovai la Superiora Generale M. Ignazia. Madre Cecilia Lubienska, la Superiora della casa di Cracovia Madre Stanislaa qui pare procuratrice o superiora di qualche casa, la Madre Giovanna, e la Segretaria Generale. Mi accolsero con molta cordialità. Mi sentivo bene in mezzo a loro. Avevo un unico desiderio di unirmi con le Orsoline di Cracovia o piuttosto con la loro Congrega­zione; togliermi di dosso il peso della responsabilità ed appoggiare il mio debole gruppetto che mi seguiva a occhi chiusi con tanta fedeltà, a questa già forte istituzione religiosa – disfarsi del timore dell'incertezza come avrei dovuto dirigerlo.

Conferivamo molto seriamente con la Superiora Generale e con le Consigliere e decidemmo di unirci, e le mie Suore avrebbero costituito la famiglia di Soeurs agrégées» e si sarebbero occupate particolarmente nei lavori a contatto con l’esterno. Avrebbero dovuto avere un noviziato ed una superiora a parte, però dipendente dalla Superiora Generale delle Orsoline. Dovevo ritornare compilare lo statuto e cercare di avere la sua approvazione a Roma, come pegno della nostra unione avrei dovuto mandare a Gracovia, dopo il Capo d’Anno, come aiuto, Sr. Zaborska. Questo fu per me il sacrificio più grande perché alla è stata sempre finora il mio braccio destro ‑ però proprio col sacrificio ‑ avrei voluto santificare la nostra unione e pagarne la grazia, dimostrando come sin­ceramente volessi restare al "servizio" delle nostre sorelle più anziane.

Mi ero liberata da un grande peso. Rimasi ancora qualche giorno da loro fino al 31 ottobre.

Mi recai da sua Eccellenza Mone. Sapieha, e naturalmente più volte m’incontrai nel Carmelo col Padre Tuszowski.

Il 31 sera partii, di nuovo, per Varsavia. Arrivammo il mattino del 1 novembre. La terra era coperta di neve e c’era un gelo forte; grandi danni procurò quest'inverno precoce, perchè c'erano ancora nei campi molte patate.

Questa volta abitai dai Signori Lozinski, genitori di Sr. Lozinska, i quali risiedevano nel pensionato Goplana, dopo aver perduto il loro bellissimo podere in Ucraina. Erano felici di vedermi, perché portavo notizie della loro carissima figliuola.

Tenni una conferenza nel locale delle donne cattoliche, parlai del nostro lavoro in Danimarca, dissi che volevamo ritornare in Patria, ove cercare lavoro. Conobbi molte persone. Lasciando il risultato di quest'impresa al Signore tornai dopo circa 10 giorni a Poznan.

Anche qui tenni una conferenza in una grande sala, non mi ricordo quale. Andai dal superiore della “Caritas” per offrirgli il nostro lavoro, perchè in quei tempi tutti istituivano degli asili e cercavano per loro le religiose, alle quali fino al momento della liberazione era vietato l'ingresso al Regno e nella zona dì Poznan. Pensavo che forse anche a me avrebbero affidato un lavoro. Mi guardò attentamente: "Ma lei, Madre, sarà capace di adattarsi alle nostre esigenze? Noi pretendiamo molto." ‑ Sapevo che non ci volevano, perchè sentivano che avrei voluto lavorare seguendo i nostri principi e non le loro "grandi esigenze».

Due anni più tardi mi costrinsero quasi ad occuparmi di un delle loro istituzioni; in che stato pietoso me la consegnarono: ‑ “Aber fragt mich nur nicht wie”. Le grandi esigenze si ridu­cevano ad un esercito di cimici, pidocchi ed altra grande spor­cizia.

Presi parte in una riunione serale delle signore, le quali avrebbero dovuto formare un Comitato per aiutarmi di fondare un'istituzione di beneficenza in Polonia; lo promisero...

Qualche giorno passai a Lwòwek ‑ e bisognava pensare al ritorno a Aalborg. Non trovai ancora alcun lavoro, però raggiunsi lo scopo principale del mio viaggio ‑ l'unione con le Orsoline polacche; pur se la sua forma non era ancora ben definita ed approvata da Roma, ma intanto la cosa era già sicura.

Nei primi di dicembre tornai ad Aalborg. Le suore ed i bambini stavano tutti bene, godevamo di ritrovarci insieme, tanto più che durante la mia assenza erano restati poco in comunicazione, perché la corrispondenza nell’immediato dopoguerra circolava ancora molto male.

Comunicai alle suore il risultato degli accordi presi a Cracovia. Le suore abituate ad accettare bene ogni volontà di Dio dissero il loro “fiat”, pur se non tutte si sentivano contente. Le mie figliuole di coro pensavano con tristezza che avrebbero avuto un'altra superiora generale, che Matuchna non avrebbe avuto più a che fare con loro, le Converse rimanevano dispiaciute perchè non avrebbero portato l'abito religioso col velo -     perché dovevano conservare le nostre modeste nere vesti laiche (per questa ragione una mi chiese di poter passare dalle Suore dì Cracovia e naturalmente glielo permisi), però presso tutte trovai la buona volontà ‑ "ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum”.

 


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