La Congregazione delle Suore Orsoline del S. Cuore di Gesù Agonizzante

Madre Orsola Ledóchowska

STORIA della CONGREGAZIONE

 

(pro manoscritto, Roma)


L'anno 1913

    Passai a casa il Natale e subito dopo il Capo d’Anno (1913) Sr. Zaborska mi accompagnò a Halila. Una villa privata per i malati ‑ la prima settimana rimasi a letto, poi uscivo fuori all'aria e non parlavo molto con le altre ricoverate russe, pur se avevamo dei rapporti pieni di gentilezza.

Lavoravo silenziosamente, leggevo molto in finlandese e facevo delle conversazioni religiose con le inservienti. Hanno visto che avevo appeso un crocifisso sopra il mio letto e volevano sapere se ero veramente credente, se amavo il Signore “perché a loro dicevano, che l'uomo è come l’albero del bosco, quando cade, tutto muore – finisce”.

Una volta una di loro mi disse che la povera lavandaia avendo sentito che ero credente, voleva parlare con me. Naturalmente ne ero molto contenta. Venne da me una sera e mi raccontò, che lo so pastore che si occupava di loro presentemente non credeva e non faceva nulla per i suoi parrocchiani. Il suo marito anche senza fede, sul letto di morte chiedeva perdono al Signore ed invocava la sua misericordia. “Lei, pensa che Dio gli abbia perdonato?". Cercavo di tranquillizzarla e di infondere fiducia in quella povera anima. Anche i suoi figlioli erano senza fede ed ella sola senza aiuto di nessuno, di notte pregava e cercava Dio. Le diedi un libro di preghiera in finlandese e feci tutto quello che potevo per infondere un po' di consolazione nel suo povero cuore. Poveri Finlandesi. Per natura sono pii; vengono così volentieri nella nostra cappella pur se è cattolica. Mi ricordo sempre una “vanha Maria” ‑ la vecchia Maria, una delle mie amiche vecchiette finlandesi, mi baciava ringraziandomi e dicendo che da nessuna parte si prega così bene, come nella nostra cappella.

E l'altra alla quale la nostra infermiera Lonia aveva portato una medicina (avevamo una piccola farmacia e curavamo i Finlandesi  - perché il medico e la farmacia distavano da Merentathti di 25 km) dicendole: "Vedete com'è buona la contessa", rispose: "Si, perché è cattolica. Anche noi eravamo una volta cattolici, ma Lutero ha cambiato tutto ed era un uomo cattivo lui”. Povera gente. A loro possiamo riferire quel brano del Vangelo (Mat. 9,36)”…Quando vide quelle moltitudini, ne ebbe compassione, perché erano stanche ed abbattute, come pecore senza pastore...”

Mi telefonavano qualche volta da Merentahti ‑ una volta venne il sacerdote per portarmi la Comunione e così passò questo mese di vera penitenza. Poi Sr. Zaborska confessò che avevano inventato l’infezione tubercolare col Dott. Arenkin, per togliermi po' di tempo dal lavoro, però ho impressione di non essermi rimessa in salute per niente.

Il 1º febbraio tornai con Sr. Zaborska a Merentahti. Eravamo tutte molto contente, però poco dopo mi ammalai di stomaco veramente. Sono stata per un bel po' di tempo a letto e Merentahti, poi mi hanno trasportato a Pietroburgo e lì rimasi a letto ancora e pensavo già di andarmene all'altro mondo. Ricevevo delle bellissime ­lettere dal P.Vlodimiro e dal Padre Tuszowski, le quali mi incoraggiavano alla fiducia e alla tranquillità se il Signore veramente avesse voluto prendermi con sé. Ma si vede, che ancora non mi voleva. Migliorai e M.Teresa insisteva affinché venissi ­a Roma per un periodo di riposo ‑ mi aveva preparato il posto nella villa Stella Maris a Nettuno. P.Vlodimiro per ordine del re telefonò a Padre Tuszowski affinché venissi ‑ ecco le parole del telegramma: "Roma Urszula veniat, sì vires portmittunt Roma sanatorium Nettuno paratum. Papa desiderat. Ledòchowski". Allora avevano deciso che dopo le feste sarei andata per un periodo ­più lungo a Roma ‑ Nettuno. Prima delle feste tornai a Merentahti ‑ le passammo assieme; poi di nuovo a Pietroburgo e a Roma. Da Merentghti intanto le bambine dovevano partire fra poco per Pietroburgo, perché si avvicinava il tempo degli esami. Pasqua cadeva piuttosto tardi quest'anno ‑ e sapeva che a Pietroburgo potevo ­essere sicura della coscienziosità e dello spirito di sacrificio delle suore, perciò partii sola, mi pare verso la fine di aprile, direttamente da Pietroburgo per Roma. L’ appresi una triste ­notizia: il S.Padre era malato. Non poté ricevere nemmeno i pellegrini venuti da molto lontano in occasione del giubileo proclamato nel 16 centenario dell’Editto di Milano (313-1913). Mi consolavano che stava già un po’ meglio. Sarei andata per qualche settimana a Nettuno, poi forse il S.Padre mi avrebbe ricevuto. No… questa volta avevo sbagliato. Andando a Roma mi fermai a Cracovia e qui devo notare uno di quegli avvenimenti che indicano così chiaramente che la Provvidenza dirige le nostre sorti. Già menzionai che cercavo di ottenere la concessione per il proginnasio a Merentahti, ma invano. M.Teresa mi spiegava da molto tempo, che se non avessi potuto mantenermi in Russia con le mie suore avrei dovuto unirmi con loro al Sodalizio di S.Pietro Klaver. Mi pare che anche il S.Padre cominciava a vedere il nostro lavoro in Russia nelle tinte piuttosto scure. Di tornare presso le Orsoline di Cracovia – M.Teresa lo sapeva – non avevo una grande voglia.

I nostri rapporti con Cracovia in questi ultimi anni divennero stranamente tesi – non attribuisco colpa alle nostre suore, pur se era questa una cosa che mi fece molto soffrire - Dio volle ed oggi lo comprendo, che questo era necessario, perché si adempissero i suoi disegni riguardo al nostro piccolo gruppo. Mi recai a Cracovia ove Madre Teresa, la superiora che succedette alla Madre Stanislaa morta nel dicembre 1911 ‑ mi accolse molto cordialmente. Vi trovai la lettera di mia sorella molto contenta dello scritto del S.Padre, in cui egli ci permetteva con gioia, in caso che non avessimo ricevuto il permesso per la scuola a Merentahti, di lasciare la Russia e di unirci al Sodalizio di San Pietro Klaver. Mi sentii un po' incerta – lasciare il lavoro ivi iniziato. Ma il S.Padre lo desiderava – come fare. La mia incertezza durò poco tempo. Dopo qualche ora, oppure il giorno seguente arrivò la lettera da Merentahti - abbiamo ricevuto la concessione per il proginnasio. La risposta del Signore stesso. Dobbiamo rimanere in Russia. Naturalmente mi incontrai con Padre Tuszowski e poi proseguii per Roma. M.Teresa e P.Vlodimiro erano per me infinitamente buoni. Mia sorella dopo nualche giorno mi accompagno personalmente a Nettuno in quella bellissima villa sul mare. Avevo preparata una camera che affacciava sul mare – il tempo fu bellissimo; davanti a me tutto uno spazio azzurro seminato di barchette dei pescatori con delle bianche vele; una cappella tanto carina sul posto, perché la casa era nelle mani delle suore non mi ricordo di quale congregazione.

M.Teresa presto ripartì. Vi trovai molte signore che soggiornavano a Nettuno per ragioni di salute. Tutte molto simpatiche, ci vedevamo a tavola e qualche volta con una o l’altra uscivo a passeggio, per il resto della giornata rimanevo sola. Scrivevo lettere, leggevo in italiano, ogni giorno andavo in chiesa ove era esposto nel mese di maggio il quadro miracoloso di Nostra Signora delle Grazie, e talvolta andavo alla piccola cappella dei Passionisti ove durante l’anno rimane questo quadro.

Silenziosamente passarono queste settimane di riposo – ricevevo le lettere da casa – gli esami andavano bene, un’allieva fu promossa anche all’esame di maturità – pregavo molto per rinforzarmi per il mio futuro lavoro. Il 31 maggio presi parte in una processione durante la quale fu riportato il quadro miracoloso dalla chiesa parrocchiale di Nettuno alla piccola cappella dei passionisti. Detta processione ebbe luogo di sera. Qui in Italia non esiste il silenzioso raccoglimento, ma c’è una gioia chiassosa. Già prima dell’inizio della processione non si poteva pregare in chiesa – perché si sentiva ripetutamente “evviva Maria” come gli spari dei cannoni. Molti bambini travestiti da angeli e santi, moltissima gente, i pescatori – la via da percorrere passava lungo il mare – non si poteva entrare in cappella tanta era la folla. Però questo loro entusiasmo, forse un po’ infantile per la Madonna riscaldava il cuore.

Ai primi di giugno venne a prendermi M.Teresa. Le mie compagne mi hanno salutato con tanta cordialità – e tornai a Roma. M.Teresa mi ottenne di poter prendere parte in una udienza generale nel cortile di San Damaso. Il Santo Padre è ancora molto debole, perciò riceve nel cortile affacciandosi  sul balcone. Attendevamo cantando "Noi vogliam Dio” ‑ alle ore 17 apparve il S.Padre. Il battimani , lo sventolare dei fazzoletti – “Evviva il Papa” – si sente un calore ed il cuore batte più rapidamente. Il S.Padre sorride, saluta con la mano, ringraziando, tutti in ginocchio, poi ci benedice e scompare. Com’è bello! Il Padre amoroso in mezzo ai suoi figliuoli. Dopo qualche giorno ricevetti l’udienza privata – malgrado che il S.Padre era ancora indebolito dopo la recente malattia. Riceve solamente gli alti dignitari della chiesa. Il Padre Skirmuntt spiegò al Vaticano, che siccome il S.Padre si occupava personalmente dei nostri affari avrebbero dovuto ammettermi. Ricevemmo l'invito con M.Teresa. All’ora stabilita ci troviamo al Vaticano – aspettiamo nell’aula magna. Non c'è nessuno, solo qualche ciambellano di servizio ed alcuni monsignori. Vediamo che sono molto agitati – parlano tra di loro, gesticolando ‑ si vede che si tratta di un affare importante. Cominciano a guardarci, parlano di noi, finalmente uno si avvicina: "E la Contessa Ledèchowska vero?” - accenniamo di sì. Loro conoscono l'Arcivescovo Kluczynski di Pietroburgo? Rispondo che ero di Pietroburgo, e che lo conoscevo bene. Ed ha il diritto di indossare la porpora?». Non m'intendo molto di queste cose, però tranquillizzai gli animi agitati ‑ forse questo sarà un privilegio, perché là non possono esservi i cardinali. Dopo un momento entra l'Arcivescovo K1uczynski, non ci riconosce, e noi entriamo dal S.Padre. "Andate dal vostro Arcivescovo” dice e ci indica la porta ridendo – e io dico che preferisco andare dal S.Padre. Ci invita a sedere. Il S.Padre considera in una maniera molto pessimistica il nostro lavoro in Russia. Ritiene che non vi si può più fare del bene. Domando se ci ordina di partire. No, ci lascia libere, perché abbiamo il permesso per la scuola, però si vede che non ha speranza che le condizioni in Russia possano migliorare. Naturalmente Glio do di nuovo un’immaginetta per firmare ed una cartolina con la Stella del Mare di Merentahti. Il S.Padre firma – pieno di bontà, come sempre. Adesso la cartolina montata ed appesa nel coro della casa di Pniewy. Ci benedisse – ce ne andammo – non lo dovevo più rivedere.

Bisognava pensare già al ritorno – la mia salute era migliorata. Bisognava tornare al lavoro. Grazie a Dio avevo trovato tutto bene e di nuovo cominciarono le vacanze. Questa voltaoltre le allieve di Pietroburgo vennero da Cracovia la Madre Immacolata e Sr.Brennan. Venne anche Zula Ostachiewicz, Netka Pradzynska e Gabrynia Skrzynska, le Signore Skrzynskie – maestre di Varsavia e ancora la sig.na Sofia Wolowska con due compagne. Le ultime due signorine desideravano di conoscere la nostra Congregazione e di aggregarsi a noi.

Un grande movimento in casa – il tempo bellissimo – Merentahti ha una strana attrattiva – tutti vi si sentono come in paradiso: anche le vocazioni cominciano a venire: Netka Pradzynska si decise di entrare e si prenotano più tardi Gabrynia Skrzynska. Sign. Stanislaa Skrzynska e sr. Brenna col permesso dei suoi superiori vorrebbe rimanere da noi per l’anno scolastico 1913/14. La costruzione va avanti. Si costruisce un edificio che congiunge la casa di prima con la seconda casa, le quali finora erano congiunte solo per mezzo di un corridoio – così sorge una grande sala da pranzo, un dormitorio e quattro piccole celle. Il tetto della torretta è di latta e in cima vi è una grande croce, che brilla nella luce del sole. Cosa diranno i Russi? Siamo nell'anno giubilare. Sedici secoli sono passati dall’Editto di Milano, dal giorno in cui Costantino vide tra le nubi la croce con lo scritto: "In hoc signo vinces” – perciò questo abbiamo fatto per ricordare il giubileo non solo cattolico ma cristiano. Verso la fine delle vacanze venne da noi Giovanna Dziekanska, la chiamai secondo il desiderio del Padre Budkiewicz, affinché piano piano, potesse sostituire nella direzione del ginnasio Sr. Maculewicz. Ella fu per noi una creatura provvidenziale, però allora nessuna di noi ancora lo sapeva. All'inizio ha fatto su di noi un'impressione molto spiacevole ‑ poi piano piano divenne più  carina ‑ ed io ci tenevo tanto, affinché qualcuna potesse sostituire una volta Sr. Maculewicz - Giovanna era la mi ex-alunna, ed essendo molto affezionata a noi si sarebbe fatta anche trasformare - era un po' “troppo importante”. La fattoria anche cresceva sempre - la stalla era stata ingrandita, avevamo anche due cavalli - questo villaggio così silenzioso diventava sempre più accogliente.

Verso la fine delle vacanze accettai al postulato delle suore di coro la sign. Szyrajew ‑ maestra di musica. Le alunne si presentarono più numerose, circa 40 ‑ e tutto andava avanti bene sotto la vigilanza della Stella del Mare. Avevo portato una bellissima fotografia della Stella del Mare da Roma. Essendo a Nettuno avevo visto nella sacrestia della chiesa parrocchiale un antico quadro della Madonna ‑ Stella del Mare ‑ la Vergine Santa col Bambino in braccio in una navicella in mezzo al mare in tempesta. Maria Teresa le fotografò; mi diede una fotografia grande e con la più piccola fece stampare le immaginette con la nostra poesia "Stella del Mare". Questo quadro appeso nella nostra cappella stimolò ancora di più la nostra devozione speciale alla Madonna sotto questa invocazione. Sentivamo molto bene che la barchetta della nostra Congregazione navigava sopra un mare molto burrascoso ‑ e che in un qualunque momento avrebbe potuto scatenarsi la tempesta; che dovevamo chiamare incessantemente: “Stella del Mare, salvaci ‑ illumina ‑ indicaci la via”.

Il ritorno a Pietroburgo fu questa volta tragico, perché du­e tutto il viaggio ad Usikkirkko piovve a dirotto, le bambine si bagnarono completamente. Pure le suore, ma grazie a Dio nessuno s'ammalò; poi ci fu soltanto tanto da raccontare da ridere.

L'anno scolastico iniziò con la tosse convulsa, la portarono due Mejsztozicz e da loro la presero le altre ‑ quasi fino a Natale combattemmo con la malattia, il che non fu molto piacevole.

Nel mese di ottobre si iniziò di scavare un pozzo artesiano. Ogni giorno ci si domandava: Ci sarà l'acqua? Non c'è e non c'è; si continuava a scavare; finalmente il giorno di Sant'Orsola – ero a Pietroburgo ‑ ricevo la telefonata: "c'è l'acqua". Era un problema molto importante per noi ‑ Il pozzo ordinario ci bastava ­finchè c'erano in casa meno persone. Adesso la nuova riserva forniva a sufficienza l'acqua fresca e buona. La scuola continuava ­ad ingrandirsi, così pure la Congregazione. Nel nostro e refettorio eravamo sempre più suore e ci trovavamo tanto bene insieme, allegre e serene. A novembre ebbe luogo un incidente ­molto spiacevole. Una mattina me ne stavo seduta sul letto dell’ammalata Irene Kruszanowska, vicino c'era il cane fedele Wahti il quale a volte veniva a visitare l’infermeria. Volevo passare alla ragazza un piattino e Wahti mi si buttò addosso, pen­o evidentemente che gli volevo togliere quel che aveva da mangiare; mi diede un morso alla mano arrivando fino all'osso. Mi hanno medicato subito, però la ferita mi ha dato fastidio per molto tempo; finalmente, dopo un bel po' è guarita. Ero convinta che Wahti non era ammalato di rabbia, ma le suore inquiete a causa dell'incidente l'uccisero ed inviarono la sua testa a Pietroburgo per sottoporla agli esami. Lì scoprirono che aveva avuto la rabbia, alla quale cosa io non credetti. A dicembre m’invia­rono un invito per sottopormi alla cura di Pasteur. Misi il foglio nel cassetto della scrivania e sorisi a P.Vlodimiro domandando che cosa avrei dovuto fare! Per conto mio ritenevo che sarebbe stato bene affidarsi al Signore e lasciar perdere la cura. Mio fratello rispose che era d'accordo con me, ma subito dopo arrivò un telegramma, il quale diceva che dovevo sottopormi al trattamento, giunse una lettera di M.Teresa con la firma del S.Padre e la sua benedizione: "Benediciamo di cuore la diletta Maria Orsola, pregando il Signore di liberarla da qualunque sofferenza. Il 22 dicembre 1913 P.P. X" Si precipitò da me Sr. Zaborska, la quale per caso venne a sapere il risultato dell’analisi, spaventata ‑ pensava che avevo già la rabbia - mi voleva via immediatamente, però sì consolò avendo visto che bevevo tranquillamente il tè (ridevo di lei), allora si rassegnò a rimanere per la notte. Bisognava di nuovo prepararsi ad un’assenza di qualche settimana e di essere lontana da Merentahti durante le feste di Natale. Il giorno dopo partii con Sr.Zaborska e subito iniziai la cura di Pasteur. A Natale ritornai solo per la Messa di Mezzanotte e il giorno di festa. Poi ritornai subito a Pietoburgo viaggiando in mezzo ad una tormenta di neve, e mi ritrovai a Merentahti solo l’otto gennaio 1914, questa volta per rimanervi.


SCRITTI