La Congregazione delle Suore Orsoline del S. Cuore di Gesù Agonizzante

Madre Orsola Ledóchowska

STORIA della CONGREGAZIONE

 

(pro manoscritto, Roma)


L'anno 1910

    In quei tempi un'importante questione occupava gli animi della società russa; il movimento verso il cattolicesimo ‑ e tra i cattolici russi la divisione tra il rito greco e romano. Proprio allora fu nominato arcivescovo di Mohylew Monsign.Wnukowski, il quale non comprendeva molto la questione. Il parroco di S.Caterina provò ad introdurre nella sua chiesa la predica in russo per i giorni festivi - il che fu una cosa giusta e necessaria a causa di un numero sempre crescente di cattolici russi. Dopo due di queste prediche, l'Arcivescovo le proibì. Seguì una grande agitazione: i cattolici russi si amareggiarono ed il fatto li allontanava piuttosto dal cattolicesimo. Proposi allora una specie di giardino di Froebel per i bambini dei professionisti e di aprire una cappella per i cattolici russi, in cui tutti e due riti, il latino ed anche quello greco avrebbero potuto trovare asilo. Le signore russe furono molto contente: una di loro piena di gioia così mi diceva ‑ me lo ricordo fino ad oggi: "La nostra Madre ci fonderà tutte in uno". Prima di tutto bisognava ottenere il permesso del governo russo per la cappella. Menzionai nella domanda, che dalla parte di Pietroburgo non vi era alcuna chiesa cattolica e inaspettatamente ricevetti il permesso molto presto. Fu accolto con grande gioia; bisognava però ancora cercare di avere il permesso dal vescovo. Invitai il vescovo da noi ‑ venne nel pomeriggio con il parroco, Padre Budkiewicz ed il Canonico Ostrowski; c'era pure, mi pare, P.Urbano, S.J. (in Russia come sacerdote secolare) quello a cui maggiormente la cosa stava a cuore. I sacerdoti attendevano giù, mentre io mi recai con il vescovo nello studio; allora cominciò una lunga, molto lunga discussione. Non capisco fino adesso, come poteva un sacerdote cattolico, buono, pio e pieno di fervore e tanto più ancora perché vescovo, ve­dere in questo modo la questione. Non voleva permettere assolu­tamente i Russi, nella capitale avessero le prediche nella lo­ro lingua. Diceva che questi desideri avevano la loro fonte nell'orgoglio ‑ hanno il Signore nel SSmo Sacramento e questo deve loro bastare; del resto possono leggere i libri francesi - ­non esiste ancora una traduzione russa del Vangelo ‑ assoluta­mente non permetterà di aprire questa cappella per i Russi.

Con tutto il rispetto, dissi tutto quello che si poteva, citai l'ordine di Gesù di predicare il Vangelo a tutte le genti, parlai del lavoro dei missionari, ecc. ‑ niente da fare. Non so quanto tempo durò questa lotta a parola ‑ final­mente dovetti ammettere che la causa era persa. ‑ "Credo, che per adesso questa sia la volontà di Dio, e più tardi, forse il Signore le darà un'altra luce ‑ dicevo. Mi sottometto alla vo­lontà di vostra Eccellenza". Il governo russo diede il permesso per la cappella, il vescovo cattolico lo negò. Fu questo un grave colpo per noi tutti che desideravamo questa cappella missionaria e per i Russi che l'attendevano. Oggi dobbiamo ammettere, che questo è stato un bene, a causa della incipiente persecuzione religiosa.

I sacerdoti attendevano giù emozionati ‑ ritorno con il vescovo e con un cenno faccio loro capire che abbiamo perduto la causa.

Si scatenò una tempesta, perché gli animi erano pieni di amarezza. Arrivò il rapporto a Roma. Il povero arcivescovo ora molto preoccupato a causa delle mie parole e di quelle che gli aveva detto P.Urbano. In breve tempo ricevette un severo ammo­nimento da Roma. Molto presto dopo la nostra conversazione si ammalò ‑ spesso diceva: “Questo P.Urbano, questa Madre Ledòchowska". In breve tempo morì. Mi dispiaceva tanto, ma non ha dei rimorsi, perché avevo parlato con tutto il rispetto, come lo dettava la coscienza. Anch'io avevo scritto della ques­tione al mio fratello ‑ perché generalmente gli parlavo di ogni cosa che facevo, però lui non ne aveva parlato con nessuno ma intanto a me furono attribuiti i rapporti inviati a Roma e per questo le autorità ecclesiastiche per molto tempo mi trattarono con mancanza di fiducia e col sospetto, ‑ non vi era nulla di vero e ne ero tanti dispiaciuta.

Dopo circa un anno e mezzo seppi da sua Eccel. Mons. Cieplak, si riteneva che la lettera da Roma riguardante il permesso della cappella era arrivata all’Arcivescovo Wnukowski per mio mezzo: questo non era assolutamente vero, perché no ricevevo mai della lettera dai vescovi di Roma.

Per quanto riguarda la nostra vita religiosa, cominciavamo a prepararci ad una grande festa – i voti di Sr. Zaborska. Avevo per lei il permesso per un anno solo di noviziato. Il 25 marzo, giorno dell’Annunciazione ebbe luogo nella nostra cappellina questa bella cerimonia. Celebrò la mattina molto presto il canonico Orstrowski. Tutto questo si doveva svolgere nella massima segretezza – non invitai nessuno – ma il mio cuore era pieno di gratitudine quando il canonico Orstrowski infilò l’anello al dito di Sr.Zaborska, ed ella coi suoi voti si donò a Cristo per sempre. E’ vero che erano questi ancora voti temporanei, ma lo sapevo che Alina si era donata per sempre. Adesso apparteneva completamente a Gesù ed alla Congregazione, la mia fedele collaboratrice. Dopo questa cerimonia il nostro pensiero cominciò a volgere verso Roma. Avevo bisogno di consigli – dovevo chiedere dei permessi al S.Padre – perché la nostra posizione non era facile – prima di tutto avevo bisogno di riscaldare di nuovo il mio cuore, dopo l’agghiacciante atmosfera di Pietrogrado.

Partii il 10 aprile con Sr. Zaborska, affidando il pensionato alla Sign. Maculewicz, H.Reutt e Z. Rodziewicz. Sapevo, che potevo contare su di loro.

Prima andammo a Cracovia ove indossammo gli abiti religiosi e il giorno dopo partiamo per Roma. Naturalmente di nuovo ci fermammo dalla mia sorella, la quale ci circondò di tanto amore. Stavamo tanto bene a Roma. Subito all’inizio del nostro soggiorno ricevemmo l’udienza dal S. Padre ‑  già prima – avendo saputo che dovevo venire  ‑ aveva detto alla mia sorella: "Portamela subito ‑ le devo parlare”. Il 6 maggio abbiamo avuto l'udienza. Sr. Zaborska attendeva alla porta ‑ ed io entrai con la mia sorella. Era tanto buono, sorridente, stava accanto al­la scrivania. Dopo avergli baciato le mani ci invitò a sedere ‑ Gli parlai del nostro lavoro in Russia - alla fine si rivolse a me:

"Adesso noi faremo insieme un contratto: ci incontreremo ogni giorno ad una certa ora ai piedi di Gesù; io ho già messo questo intenzione e la metto ancora di pregare per voi e voi pregherete per me davanti al Tabernacolo durante la S. Messa e dopo la Comunione".

Subito m’inginocchiai davanti al S. Padre, commossa, felice. Non sapevo quel che facevo. Mi alzai e corsi da Sr. Zaborska, affinché anch’essa potesse sentire queste belle parole; peccato interruppi, ma seguii la voce del cuore il quale voleva dividere la sua felicità con quest'anima fedele e piena di dedizione. Dissi che pregavamo e che pregheremo molto ‑ si alzò, si avvicinò all'armadietto accanto alla scrivania, prese una corona bianca e me la diede, poi le medaglie per la mia sorella, per Sr. Zaborska e per me. Siamo ritornate a casa tanto contente. La parole del S. Padre mi sono rimaste impresse nel cuore e nella memoria.

Che felicità poterci dire: “Il S. Padre prega per noi”.

Ancora una volta mi recai dal S. Padre con mia sorella - parlai dell'ambiente di Pietroburgo ‑ ci benedisse ‑ bisognava congedarsi da Lui di nuovo per tanto tempo. Non avevo alcun presentimento di quel che mi attendeva a Pietroburgo a breve scadenza.

Mi pare che abbiamo passato a Roma circa tre settimane - visitammo le chiese, i luoghi santi, la Scala santa, il Carcere Mamertino. Una volta andai con M. Teresa alla sua villa di Nettuno ‑ Stella Maris ‑ una bellissima villa sulle rive del Mediterraneo. Questi furono i giorni di respiro prima della tempesta.

Da Pietroburgo ricevevamo spesso le lettere con delle buone notizie. Una volta sola arrivarono molte lettere dispera­te. Durante la “risurrezione” (molto più tardi in quest’anno che negli altri paesi), il Te Deum fu un fiasco completo: vi furo­no tali urli al posto del canto, che tutte le responsabili piansero il loro dolore tra i cuscini. Noi a Roma abbiamo riso di quest’avventura che sul posto fece versare tante lacrime.

Venne il momento del ritorno. La separazione con la mia sorella era sempre per lei e per me molto dura, ma il dovere chiamava ‑ salutammo Roma. Dal finestrino del treno guardavo ancora a lungo la cupola di S. Pietro. Finalmente sparì dalla vista ‑ torniamo. Avemmo un po’ di paura nell' attraversare la frontiera; dovessero questionare riguardo ai vari oggetti sacri che portavamo da Roma. Per fortuna l'impiegato fu talmente interessato degli enormi limoni che avevamo portato, e li am­mirava tanto, che non s'interessò d'altro. Vi fu tanta gioia a Pietroburgo per il nostro ritorno ‑ con le forze rinnovate ci rimettemmo al lavoro.

Si avvicinava già la fine dell'anno scolastico, perciò cominciammo i preparativi di partenza per il nostro caro Me­rentahti.

Dopo il nostro ritorno da Roma ci fu l'ingresso del nuovo arcivescovo Monsign. Kluczyñski. Mi rimase impresso il mio pri­mo incontro con lui. Venne a S. Caterina e si trattenne nel sa­lotto con me. Dopo qualche frase banale mi chiese: “Da chi di­pende lei, propriamente, Madre?” ‑ Dalla Sacra Congregazione ed un po' da vostra Eccellenza". ‑ Questo evidentemente non gli piacque. Desiderava da me un’ubbidienza totale. Risposi, che non potevo, perché questo non era nello spirito della nostra regola: “Perché dipendiamo da Roma” – però soggiunsi – ho eseguito sempre la volontà dei nostri vescovi ‑ provi Eccel­lenza ‑ e vedrà che so ubbidire. “No, così non voglio, o tutto o niente”.

Non era contento di me, ‑ e nemmeno io fui contenta di questa prima visita ‑ ma non potevo agire diversamente ‑ par­ticolarmente dopo le recenti esperienze, riguardanti il modo di comprendere il cattolicesimo.

Molto presto cominciarono quest'anno le vacanze ‑ di nuovo la partenza per Merentahti ‑ un bel gruppetto di allieve, Suore. Com'è bello uscire finalmente dal chiuso edificio di S. Caterina all'aria, alla libertà, al mare.

Durante queste vacanze ci fu un giorno particolarmente caro a noi: la benedizione della bella statua della Madonna Stella del Mare. M. Teresa inviò 500 rubli per questa statua, lo eseguì una scultrice di Pietroburgo. Nel giardino vicino alla riva del Mare preparammo con la sabbia un rialzo sostenuto da grandi pietre. Lì collocammo la Madonna con una corona di stelle ‑ e le braccia allargate come se volesse dire: ‑ "Venite da me tutti, io vi consolerò, tranquillizzerò, aiuterò". Adornata di fiori guardava il mare infinito, che si stendeva ai suoi piedi. La festa della benedizione fu fissata per il 16 luglio. P. Marchauff, un francese, venne da Pietroburgo per benedire la nostra Stella del Mare. Alla vigilia pioveva, eravamo preoccupate, come sarebbe stato con la benedizione: invece l’indomani venne il bel sole – una grande gioia e d un gran da fare. Bisognava adornare la statua col verde e coi fiori i quali erano pure pochi. Tutto da preparare, anche i canti. Composi una poesia alla Stella del Mare e la Sig. Ranuszewicz la musica e tutto con tanta gioia nei cuori. Raccomandammo la casa, il villaggio, la futura scuola – alla protezione della nostra fulgida Stella del Mare.

Il 16, verso le 4 del pomeriggio, i Finlandesi già avvertiti, cominciarono a radunarsi nella nostra cappellina – s’iniziò la funzione, poi la processione alla statua accompagnata dalla recita del rosario. Sul posto c’inginocchiammo, il sacerdote benedì la statua, poi parlò esaltando la bontà della Madonna ed invitandoci alla fiducia; seguì il canto delle allieve e delle suore. Il rumore del mare si univa al nostro canto, mentre i raggi del sole illuminavano la bianca statua della nostra Madre – gioia, fiducia e sicurezza si effondevano nei cuori.

Accada qualunque cosa – Maria ci guiderà sempre. L’anima che sa alzare gli occhi verso la fulgida Stella, verso Maria non ha da temere il mare burrascoso della vita. Non sapevamo ancora che la tempesta si avvicinava, che nubi scure s’addensavano sull’orizzonte intorno a noi, - ma la nostra casa, la nostra Congregazione così piccola e debole – il piccolo gregge non hanno da temere, perché li protegge la Madre di Dio – Maria.

Avemmo ancora un’altra bella cerimonia religiosa il 15 agosto – l’accettazione al noviziato di due Suore di coro – Sr. Maculewicz, direttrice del Ginnasio di S. Caterina e Sr. Monkiewicz.

Questa cerimonia ebbe luogo in assoluta segretezza, perfino senza sacerdote, la sera nel nostro coro per non attirare l’attenzione. La prima ricevette il nome di M. Alma, l’altra M. Enrica. Tre giorni prima feci con loro gli esercizi spirituali. Erano molto prese ed io fui tanto contenta e ringraziavo il Signore che il nostro gruppetto cresceva, per il lavoro e per la gloria di Dio.

Già qualche mese prima avevo deciso di aprire a Merentahti un ginnasio per i bambini polacchi con l’insegnamento in lingua­ russa. Mi servi come spinta l'ostile atteggiamento della colonia polacca (non di tutti, s'intende) e le difficoltà col sindacato. Ci terranno maggiormente in considerazione se avremmo una propria scuola oltre S. Caterina. Durante le vacanza cominciammo ad ingrandire la casa aggiungendo una seconda villa alla prima. Non si poteva annunziare l'apertura della scuola per non attirare l'attenzione del governo russo e di conseguenza si presentarono pochissime alunne. Mi assicurai a Roma due sacerdoti i quali avrebbero dovuto abitare e cele­brare da noi. Arrivarono, mi pare in agosto; li alloggiamo in una casetta nuova costruita appositamente per loro nelle vicinanze dell'istituto.

Passarono di nuovo le vacanze ‑ questa volta non tutte tornammo a Pietroburgo. A Merentahti lasciai a capo Sr. Zaborska, la quale aveva per aiuto la “zia Rosetta” ‑ Madre Rosalia di Cracovia che ci inviarono per un po' di tempo ‑ e Sr.  Czerni³owska con qualche suora conversa.

All'inizio solo 5 allieve, tra queste due gratuite: la casa piena di pittori. Il lavoro a Merentahti iniziò in condi­zioni molto difficili. Nella prima settimana, quando venni da Pietroburgo, trovai una di quelle allieve, Giovanna Bia³a ‑ malata di asma. Il suo fratello ci avvertì, che aveva degli attacchi, ma che non vi era alcun pericolo; però per la prima volta Sr. Zaborska si spaventò, poverina; pioveva a dirotto e già la sera presto si faceva buio. Intuivo, quanto la preoc­cupava il fatto che l'indomani sarei dovuta partire. Anch’io temevo di lasciarla sola con le allieve e don una bambina ma­lata in quel deserto ‑ a 35 km. dalla stazione ferroviaria, a 25 km. dal medico. Durante la notte vegliammo la malata; la mattina ella migliorò; smise anche di piovere e si fece vedere il sole. Partì un po' più tranquilla, ma quella notte mi ri­mase impressa nella memoria, così buia, piena di preoccupazio­ni, la notte che svegliò nel mio cuore un timore ‑ la scuola a Merentahti non è un'impresa troppo arrischiata? Da allora regolarmente ogni settimana, giovedì dopo aver finito le le­zioni nel ginnasio partivo per Merentahti, portando i viveri ed altre cose necessarie e alla domenica dopo la Messa nella nostra cappellina in riva al mare, tornavo a Pietroburgo.

Grazie all’energia e perseveranza di Sr. Zaborska, malgrado le difficoltà l’atmosfera di Merentahti diventava sempre più familiare.

Arrivò per aiutare la Sign. Pisarzewska, il 4 novembre  una candidata di coro, Alessandra Arcaiszewska (?), molto istruita e ben formata spiritualmente e per di più una figliola buona e dolce di carattere. Il numero delle allieve lentamente cresceva: arrivò fino a 12. Bella era la nostra Merentahti e l’aria così buona.

L’inverno arrivò molto presto. Già all’inizio di ottobre si viaggiava con le slitte. La casa non era ancora ben sistemata e le Suore soffrivano molto il freddo; le bambine di meno, perché si faceva di tutto per farle star bene, ma nessuno si ammalava. Silenziosa era quella scuola in un “deserto finlandese”, Le lezioni si svolgevano regolarmente e le alunne si affezionarono molto alle Suore e alla casa. Erano per noi questi i momenti di tanta serenità, venivo da Pietroburgo a Merentahti.

Ricordo la festa di Sant'Orsola. La giornata non fu molto fredda, ma grigia e silenziosa. La Sign. Pisarzewska rappresentò con le bambine una recitina drammatizzando la ballata "Il ritorno del babbo", vicino alla statua della Stella del Mare. I bambini pregavano vicino alla grotta, il cavallino Wirku riportò il babbo ed i briganti lo assalirono; il tutto era molto simpatico.

La differenza dei calendari in vigore, ‑ quello nuovo in Finlandia ed il vecchio Pietroburgo – permettevano di passare la maggior parte delle feste di qua e di là.

Nel dicembre ci arrivò la triste notizia della malattia mortale della madre di Sr. Zaborska. Vi fu una grande lotta nel cuore di Sr. Zaborska, la quale voleva un bene immenso alla sua mamma. Io non potevo però mandarla. Lasciare la casa durante questi grandi freddi di dicembre – e del resto sarebbe stato un permesso contrario alla Regola – ho avuto dei momenti duri con essa. “Madre, la prego, mi permetta di andare a salutare la mia madre morente”. Da casa inviavano un telegramma dopo l'altro. Dovevo rispondere: "Vai, però non tornerai più”. Fu una risposta dura per un'anima ancora non assuefatta al rigore della vita religiosa ‑ vivente sempre in mezzo a tanto movi­mento e tante preoccupazioni. Mi si spezzava il cuore, vedendo la sua lotta tremenda, però rimase.

Quando venni la settimana seguente a Merentahti, la madre di Sr. Zaborska era già morta. ‑ La mia poveretta era molto sofferente, ma tranquilla. Sentivo che soffriva ed io con lei. Sono dei momenti duri. Le condizioni di vita religiosa di Suor Zaborska erano eccezionali. Senza una preparazione appropriata a questo genere di vita, senza aver veramente salutato la mamma quando entrava in Russia, per precauzione avevo ritenuta la cosa un po' segreta, e perciò quel che per una religiosa nelle condizioni normali è una cosa naturale, per lei fu come “un ful­mine a ciel sereno” ‑ con la volontà di ferro vinse la natura ‑ ma quanto dolore gliene derivò. Ne parlo intenzionalmente, affinché rimanga questa tradizione nella nostra Congregazione, che non partiamo per andare in famiglia, nemmeno per salutare i genitori morenti. Ricordiamo, che Gesù stesso non permise a colui che lo voleva seguire, di tornare per un breve momento a salutare il padre.

Le feste di Natale le trascorsi a Merentahti ‑ una parte delle bambine rimase, le altre partirono. La Sign. Pisarzewska preparò una molto bella recita di Natale. C'era anche l'albe­ro addobbato per i Finlandesi. che vennero numerosissimi, e l'adorazione durante tutta la giornata. Poi tornai a Pietro­burgo, ove trovai di nuovo le feste con la Messa di Mezzanotte l'albero illuminato... ancora tutto nel silenzio e tranquillità prima della burrasca.


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