La Congregazione delle Suore Orsoline del S. Cuore di Gesù Agonizzante

RITIRO ANNUALE 2006

Padre Armando Genovese, mSC



30 agosto 2006

Veracità

Oggi la veracità ha subito un assassinio. Per veracità s’intende l’amore per la verità, il desiderio che la verità venga conosciuta e accettata. Questo significa anzitutto che chi parla dica ciò che è, per come lo vede e come lo sente, che esprima anche con la parola quanto ha dentro. A volte può essere difficile, può provocare fastidi, danni, pericoli; ma la coscienza ricorda che la verità obbliga, che essa ha qualcosa di incondizionato. Di essa non si dice: tu la puoi dire quando ti piace, o quando devi raggiungere uno scopo; ma: tu devi dire la verità; non la devi né ridurre né aumentare. La devi dire sempre, semplicemente, anche quando la situazione ti induce a dire qualche altra cosa, per difenderti, o per nasconderti.

Il nostro essere si fonda sulla verità. I rapporti tra gli uomini, le strutture delle comunità, l’ordine dello stato, le abitudini della gente, le cose che quotidianamente si fanno, tutto si fonda sul presupposto che la verità sia un valore. Veracità, dunque, significa che l’uomo possiede questo sentimento interiore: che la verità deve essere detta, assolutamente. Supponendo, naturalmente, che l’altro abbia un diritto di essere informato in proposito. In caso contrario, sarà una questione di esperienza e di prudenza intuire la forma corretta del silenzio.

Certo va tenuto anche presente che per la veracità della vita quotidiana non è indifferente la sicurezza propria, e neppure il possesso della propria lingua, o la facilità di parola. C’è chi non dice la verità semplicemente perché non è stato formato a questo, o perché ha difficoltà di linguaggio. Altri problemi nascono in particolari situazioni storiche: quando, per esempio, un regime tirannico opprime la libertà personale, l’uomo deve difendersi: coloro che usano violenza non hanno nessun diritto di pretendere la verità e sanno pure che non possono aspettarsi la verità da nessuno. Ma noi, in linea di massima, non viviamo queste situazioni, e dobbiamo essere veraci, e non solo una volta, ma di continuo, in modo che ne venga fuori un atteggiamento costante. Un atteggiamento che non implichi soltanto il dire la verità, ma anche farla; perché si può mentire anche per mezzo di azioni, atteggiamenti e gesti.

Ma veracità è ancora di più. Esistono persone veraci per natura: sono troppo pulite per mentire; hanno fatto unità di sé, e riescono subito a discernere il centro della questione e a dirlo, e questa a prima vista è una cosa magnifica. Tuttavia, persone del genere sono esposte sempre a un pericolo, di dire cose in momenti in cui farebbero meglio a non dirle, di ferire o danneggiare altri. Una verità detta in un momento falso o in un modo falso può anche sconvolgere un altro, al punto che questi non riuscirà più a capire nulla di sé. Questa sarebbe una verità unilaterale, che produce dei disastri.

Indubbiamente esistono dei momenti in cui non bisogna guardare né a destra né a sinistra; siccome, però, noi ci troviamo nel contesto dell’esistenza, in questo contesto oltre alla verità bisogna sempre considerare il principio del rispetto per la persona altrui. Perciò, la manifestazione della verità deve essere regolata anche dal tatto e dalla bontà, se vuole avere un suo valore umano. La verità in sé non è qualcosa di asettico, ma va in direzione di un altro, e chi la dice deve anche sentire che cosa essa provoca nell’altro. S. Paolo lo ha espresso in un modo meraviglioso scrivendo ai cristiani di Efeso (4,15), con un’espressione che è difficile rendere in italiano: avlhqeu,ontej evn avga,ph|; cioè: facendo (dicendo, vivendo) la verità nell’amo­re. Perché la verità sia viva deve esserci amore.

Questa attenzione per l’altro in alcuni è fortemente sviluppata. Essi subito avvertono la sua situazione intima, il suo stato d’animo, i suoi bisogni, i timori, i tormenti, e quindi vivono un pericolo, quello cioè di cedere all’influsso della sfera vitale dell’altro: non soltanto hanno riguardo, ma per di più si adattano; indeboliscono la verità, manifestano identità di opinioni dove in realtà non esiste. Sviliscono la verità, anzi quest’influsso può già a priori determinare i loro pensieri a tal punto che non sono più autonomi nel giudizio.

Abbiamo così determinato due elementi costitutivi nell’amore della verità se questa vuole essere una virtù: il riguardo a colui che ascolta e il coraggio di parlare nei momenti difficili. Ma ancora occorrono altri elementi: per esempio, esperienza della vita e comprensione della vita per quel che è: chi vede la vita con eccessiva semplicità crede di esprimere la verità, quando invece le reca una violenza. Per esempio, è facile che uno di noi dica di un altro: «è un meschino!». In realtà, la persona in questione semplicemente non è sicura di sé, la sua coscienza è angosciata e ha paura di agire. Perciò, nella verità e nell’amore, la persona va aiutata a percepire se stessa e ad agire. Per continuare gli esempi, in un altro caso saremo tentati di pensare che l’altro è uno sfacciato, mentre invece è un timido che sta tentando di vincere le proprie costrizioni interiori. Per la veracità occorrono, insomma delicatezza e forza, attenzione e decisione.

 

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L’uomo è un mistero. Mi sta di fronte: ne vedo la figura, sento la sua voce, posso afferrare la sua mano, ma ciò che sta dentro di lui veramente non lo so. è qualcosa di inquietante: i rapporti tra le persone sono rapporti che vanno da ignoto a ignoto. Qual è il ponte tra questi mondi? L’espressione del volto? I gesti delle mani? Gli atteggiamenti? Le azioni? Tutto questo, ma soprattutto la parola: la parola è un mezzo privilegiato di comunicazione, e quanto più la parola è degna di fiducia, tanto più il rapporto diventa stabile e sicuro.

Le relazioni tra le persone hanno diversi gradi di profondità e di intensità. Si va dalla conoscenza semplice e casuale fino alla vita del cuore, alle cose dello spirito, alle questioni di responsabilità, al rapporto da persona a persona; la strada avanza sempre più in profondità verso le zone dell’intimità personale, verso la sfera della libertà dove non è possibile il calcolo. E così la verità della parola diventa sempre più importante: questo vale per ogni forma di rapporto, ma soprattutto per quelle forme su cui si fonda la vita autentica: amicizia, collaborazione di lavoro, amore, matrimonio, comunità, famiglia. Al contrario, ogni mancanza di verità distrugge la comunione tra gli uomini.

Ma il mistero va ancora più in là e consiste non solo nel fatto che i rapporti vanno da ignoto a ignoto, ma anche nel fatto che ognuno di noi ha relazione con se stesso. L’uomo, potremmo dire, si affaccia anche sulla porta del suo cuore. Io mi osservo, mi esamino e mi giudico, e decido a riguardo. Poi questa dualità si risolve di nuovo nell’unità dell’io. Nello svolgersi dei giorni, questo accade innumerevoli volte. Ma che cosa accade se io stesso non sono vero di fronte a me? Se io inganno me stesso? Se io invento le cose a me stesso? L’uomo che crede di avere sempre ragione non ha forse torto in un modo veramente pericoloso? E l’uomo per il quale gli altri sono sempre colpevoli, non è quello che sorvola un po’ troppo spesso sulla propria colpevolezza? E quello che impone sempre la sua volontà non vive forse in un fatale inganno su quanto sia presuntuoso, prepotente, chiuso di cuore? Se dunque io voglio comunicare correttamente con me stesso –e, partendo da me stesso, con gli altri– non posso sorvolare sulla mia realtà, non posso fantasticare, ma devo essere vero verso me stesso. Ma questa è un’arte difficilissima, e molte cose avremmo da cambiare, se ci esaminassimo con lealtà.

 

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La verità dona all’uomo solidità e fermezza. Egli ne ha bisogno, perché la vita non è soltanto un’amica, ma anche una nemica. Dappertutto gli interessi si scontrano, dappertutto nascono invidia, gelosia, suscettibilità, odio. Già la diversità di carattere e di punti di vista crea fastidi. Anzi: già il fatto che per me esista l’altro, per il quale io a mia volta sono l’altro, è radice di conflitti. Come li posso risolvere? Difendendomi, senza dubbio, perché la vita è anche lotta. Ma quello che nel complesso dà sicurezza è la verità, la lealtà; queste attitudini creano ciò che veramente dura: la stima e la fiducia.

La verità è pure ciò per cui l’uomo sta saldo in se stesso e diventa un carattere. Si ha carattere quando si è convertita in natura quella fermezza, per cui uno può dire: ciò che è, è; ciò che è giusto si deve verificare; io rispondo di quanto mi viene affidato. Più questo si verifica, più l’uomo acquisisce stabilità in se stesso. Sembrerebbe una cosa scontata, eppure bisogna tener presente che l’uomo non è semplicemente se stesso, il proprio esatto io, ma lo diventa sempre di più giorno per giorno: in ogni vero pensiero, parola, azione, si conferma l’intimo centro dell’uomo; magari senza accorgersene, ma sicuramente così.

Gesù parla di se stesso nei termini della Verità. Noi possiamo attingere la Verità nella misura della fedeltà: Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi (Gv 8,31-32). Ultimo approdo della ricerca della verità è la libertà.