LETTERA della Superiora Generale alla Congregazione

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            Amate Suore,

(...) Scrivo questa mia alla vigilia del periodo della Quaresima; voglio dunque incoraggiarvi a vivere questo tempo particolare di preparazione al Triduo Pasquale in un clima di raccoglimento, cercando di accompagnare Gesù nella Sua sollecitudine per la salvezza di ogni uomo.

Per sua natura, il tempo di Quaresima è un tempo di penitenza, di digiuno e di conversione. È segno ed espressione della partecipazione al mistero pasquale di Cristo, alla Sua passione, morte e risurrezione. Nell’Anno della Fede, desideriamo, con una maggiore convinzione, conferire il carattere cristocentrico alle pratiche penitenziali, tenendo presente, allo stesso tempo, che la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta1. È in considerazione dell’amore per Gesù, che ha sofferto ed è morto per noi e che, anche oggi, non cessa di chinarsi amorevolmente su ogni uomo. Desideriamo, nella vita di ogni giorno, ravvivare nuovamente la nostra fede e testimoniare, sul Suo esempio, il nostro incondizionato amore ad ogni persona. Per una più piena comprensione delle esigenze della nostra fede, diventi un aiuto il Messaggio per la Quaresima del Santo Padre Benedetto XVI, rivolto a tutta la Chiesa, per la Quaresima 2013. Vi esorto non soltanto ad una lettura approfondita di questo testo, ma anche ad una comune riflessione nelle nostre comunità.

In riferimento alla Giornata della Vita Consacrata di quest’anno, desidero trasmettervi le parole del Santo Padre rivolte ai consacrati, il 2 febbraio u. s., durante la solenne Santa Messa, nella Basilica di San Pietro in Vaticano (il testo completo dell’omelia, lo troverete nel Messaggero Grigio, che tra poco arriverà nelle nostre comunità oppure sull’internet). Il Santo Padre in spirito di gratitudine e di comunione con le persone consacrate, ha rivolto a noi tre incoraggiamenti, per poter entrare pienamente nella “porta della fede”, sempre a noi aperta (cfr. Lettera apostolica Porta fidei, 1). Eccoli:

1. “Vi invito in primo luogo ad alimentare una fede in grado di illuminare la vostra vocazione. Vi esorto per questo a fare memoria, come in un pellegrinaggio interiore, del «primo amore» con cui il Signore Gesù ha riscaldato il vostro cuore, non per nostalgia, ma per alimentare quella fiamma. E per questo occorre stare con Lui, nel silenzio dell’adorazione; e così risvegliare la volontà e la gioia di condividere la vita, le scelte, l’obbedienza di fede, la beatitudine dei poveri, la radicalità dell’amore. A partire sempre nuovamente da questo incontro d’amore voi lasciate ogni cosa per stare con Lui e mettervi come Lui al servizio di Dio e dei fratelli (cfr. Esort. Ap. Vita consecrata, 1).

2. In secondo luogo, vi invito a una fede che sappia riconoscere la sapienza della debolezza. Nelle gioie e nelle afflizioni del tempo presente, quando la durezza e il peso della croce si fanno sentire, non dubitate che la kenosi di Cristo è già vittoria pasquale. Proprio nel limite e nella debolezza umana siamo chiamati a vivere la conformazione a Cristo, in una tensione totalizzante che anticipa, nella misura possibile nel tempo, la perfezione escatologica (ibid., 16). Nelle società dell’efficienza e del successo, la vostra vita segnata dal «minorità» e dalla debolezza dei piccoli, dall’empatia con coloro che non hanno voce, diventa un evangelico segno di contraddizione.

3. Infine, vi invito a rinnovare la fede che vi fa essere pellegrini verso il futuro. Per sua natura la vita consacrata è pellegrinaggio dello spirito, alla ricerca di un Volto che talora si manifesta e talora si vela: «Faciem tuam, Domine, requiram» (Sal 26, 8). Questo sia l’anelito costante del vostro cuore, il criterio fondamentale che orienta il vostro cammino, sia nei piccoli passi quotidiani che nelle decisioni più importanti. Non unitevi ai profeti di sventura che proclamano la fine o il non senso della vita consacrata nella Chiesa dei nostri giorni; piuttosto rivestitevi di Gesù Cristo e indossate le armi della luce – come esorta san Paolo (cfr. Rm 13, 11-14) – restando svelti e vigilanti. San Cromazio di Aquileia scriveva: «Allontani da noi il Signore tale periodo affinché mai ci lasciamo appesantire dal sonno dell’infedeltà; ma ci conceda la sua grazia e la sua misericordia, perché possiamo vegliare sempre nella fedeltà a Lui. Infatti la nostra fedeltà può vegliare in Cristo» (Sermone 32, 4).

Che la paterna sollecitudine del Santo Padre Benedetto XVI, susciti una viva risonanza nei nostri cuori e nella nostra vita, sia di rafforzamento per ciascuna di noi, sia nella gioia che nelle difficoltà che richiedono, a volte, sacrificio e dedizione.

Saluto cordialmente ciascuna di Voi e assicuro il mio ricordo orante davanti al Signore

(-) m. Francesca Sagun

Varsavia, 7 febbraio 2013

 

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