CUORE DI GESU' (devozione al)

dal: Dizionario Enciclopedico di Spiritualità a cura di Ermanno Ancilli e del Pontificio Istituto di Spiritualità del Teresianum, Città Nuova Editrice


2. LE FORME STORICHE PIU’ TIPICHE.

d) Il compendio della religione cristiana. Durante il sec. XVIII la devozione al cuore di Gesú, che nel passato era stata praticata soprattutto negli ambienti claustrali, diventa una «devozione popolare» che si diffonde in tutte le nazioni cattoliche e fra tutte le categorie di persone. Vi contribuirono particolarmente: il beato Claudio de la COLOMBIERE, Froment, Croisset, Gallifet e, più tardi, sant'Alfonso De' Liguori, con la sua celebre Novena del cuore di Gesù. A questi autori si devono anche le prime sintesi dottrinali. L'istituzione della festa (1765) contribuì a dissipare numerose prevenzioni.

Il secolo XIX si apre con la pregevole Dissertazione sulla devozione al cuore di Gesú, dovuta al can. A. Muzzarelli (Roma 1806). Con straordinaria chiarezza, egli scrive che «sotto il nome del cuore simboleggiato, noi intendiamo comprendere e l'amore increato e l'amore creato di Gesti Cristo, perché di ambedue è simbolo il di lui cuore». Con J. Perrone (1842), la dottrina sul cuore di Gesú viene inserita nei manuali di teologia. Contemporaneamente si sviluppano vasti movimenti che resero veramente popolare la pratica di questa devozione. All'inizio del sec. XX, il Pourrat potrà infatti definirla come «la forma attuale della devozione cristiana alla persona del Redentore». Le principali pratiche (come l'adorazione riparatrice, l'ora santa, il primo venerdì del mese, le immagini e gli scapolari, la consacrazione degli individui, delle famiglie e delle nazioni, i pellegrinaggi ai santuari celebri) diventarono così comuni in seno al popolo cristiano, da caratterizzarne la vita religiosa in tutte le sue manifestazioni. A questa diffusione contribuirono particolarmente: il padre Ramière (con l'apostolato della preghiera), il padre Leone Dehon (con l'apostolato della riparazione) e inoltre il padre M. Crawley-Boevey (con l'opera della intronizzazione). L'azione di questi trovò facile e generosa collaborazione da parte di numerose Congregazioni religiose, maschili e femminili, e ancor più da parte di associazioni e confraternite, sorte appunto allo scopo di promuovere e diffondere la devozione. Al fervore dei pastori d'anime si associò, nella prima metà del sec. XX, lo sforzo di ricerca e di chiarificazione di numerosi ed eminenti teologi, sostenuti e stimolati in questo da frequenti interventi del magistero ecclesiastico, cui dobbiamo, fra l'altro, le grandi encicliche Annum sacrum di Leone XIII (1899) e Miserentissimus Redemptor di Pio XI (1928).

La crisi di ripensamento e di rinnovamento, già in atto in ogni settore della vita della Chiesa, assunse proporzioni allarmanti anche nel settore della devozione al Sacro Cuore intorno al 1950. A renderla più acuta vi aveva contribuito, in campo speculativo, una concezione dell'oggetto piuttosto angusta e in campo pastorale una certa lentezza e difficoltà ad acquistare e assimilare i dati più positivi del rinnovamento biblico e liturgico in atto. Contemporaneamente, però, già cominciano a manifestarsi i primi frutti di un profondo ripensamento che, mettendo in evidenza i fondamenti biblici e patristici della devozione al cuore di Gesti, portò i teologi a una rinnovata concezione della stessa natura del simbolo, e svelò a tutti la inesauribile fecondità pastorale, apostolica e spirituale, di questa spiritualità.

L'enciclica Haurietis aquas è l'espressione più autorevole e qualificata di questo travaglio, che portò a una concezione interamente rinnovata del simbolo in genere, e del mistero del cuore trafitto in specie. L'attenzione non è più rivolta, prevalentemente, al cuore di Gesú inteso come «parte della sua santissima umanità», ma all'amore di Dio che in esso si esprime e si dona. La devozione, afferma esplicitamente Pio XII, «è in sostanza il culto dell'amore che Dio ha per noi nel Cristo, e insieme la pratica del nostro amore verso Dio e verso gli altri uomini» (Haurietis aquas, in AAS, 48 [19561, 345).


INIZIO