CUORE DI GESU' (devozione al)

dal: Dizionario Enciclopedico di Spiritualità a cura di Ermanno Ancilli e del Pontificio Istituto di Spiritualità del Teresianum, Città Nuova Editrice


2. LE FORME STORICHE PIU’ TIPICHE.

Questa nuova prospettiva spirituale, per la quale la Chiesa, da sposa che esce dal costato ferito, diventa la sposa che si accosta adorante alla ferita del costato per dissetarsi alla sorgente dell'amore, è maturata quasi insensibilmente all'inizio del secondo millennio. Dapprima affiora solo qualche testimonianza isolata, poi si accentuano de­terminati filoni di spiritualità, più che di pensiero, nei quali però confluiscono, oltre i motivi della tradizione biblica e patristica già considerati, altre immagini e altri valori, come una maggiore considerazione per la santa umanità di Cristo, il desiderio di poggiare il capo come Giovanni sul petto del Salvatore, la contemplazione amorosa del Crocifisso, la devozione amorosa alle cinque piaghe, il motivo biblico del Vulnerasti cor meum, l'immagine mistica dello scambio dei cuori, ecc. Le prime indicazioni in questo senso, se prescindiamo da Origene e la scuola siriaca, si hanno con sant'Anselmo D'Aosta, Ugo di San Vittore, san Bernardo. Nel sec. XII, con Guglielmo di Saint-Thierry, il Liber de doctrina cordis e l'inno Summi regis cor aveto, il mistero del cuore di Gesù è già così esplicito da caratterizzare la vita spirituale di quegli autori.

a) Universalità del fenomeno. Tutte le scuole spirituali dei secc. XII e XIII parteciparono a questa maturazione quasi improvvisa, eppure tanto feconda, portandovi ciascuna una sua particolare impronta. Ricordiamo, dei premostratensi: Ermanno Joseph autore dell'inno Summi regis; dei cistercensi, oltre san Bernardo, santa Lutgarda di Aywières, esempio eminente di spiritualità riparatrice.

L'Ordine benedettino ha avuto la sua espressione più suggestiva nel gruppo di Helfta: Matilde di Magdeburgo, santa Matilde di Hackeborn, che Gesú favorì dello scambio dei cuori, e santa Gertrude che scrisse il celebre libro L'araldo dell'amore divino. Per queste sante, il Cuore di Gesù è il santuario glorioso dell'amore, dove si riassume il culto che, da tutto il creato, sale verso il trono dell'Altissimo.

La scuola francescana è rappresentata da san Bonaventura, autore di Vitis mystica; la beata Angela da Foligno, che scrisse il Libro della grazia speciale; e Ubertino da Casale, il quale, per il suo Arbor vitae crucifixae Jesu, è detto il doctor medievalis cordis Jesu. San Bonaventura e Ubertino da Casale danno alle intuizioni dei secoli precedenti una vigorosa ossatura teologica, cui però non va disgiunto un caldo afflato interiore.

   L'Ordine domenicano è rappresentato soprattutto da sant'Alberto Magno e dai mistici tedeschi G. Taulero ed E.Suso. Spiritualmente apparentata alla scuola domenicana è anche santa Caterina Da Siena.

A questa fioritura, teologica e mistica, che va dal 1250 al 1350 ca., seguì una generale decadenza che continuò, più o meno grave, fino al sec. XVII. I pochi epigoni dì questo periodo, come Stefano Maconi, J. Lanspergio, L. Blosio si limitarono a ripubblicare opere dei precedenti. ll movimento riprese, più sicuro, nel sec. XVII:  J. Dei Nente a Firenze, G. Aniès in Spagna, K. Druzbicki in Polonia, G. Anchieta nel Brasile pubblicano libri o diffondono pratiche di devozione al cuore di Gesti, e i loro sforzi non sono privi di successo. Le benedettine del Calvario, fondate in Francia dal padre Joseph nel 1617, fra le altre pratiche in onore della passione, hanno un esercizio per guidare le anime all’amore del cuore di Gesú. La vita di Suor Caterina di Québec, pubblicata nel 1641, riferisce «rivelazioni» che richiamano da vicino la spiritualità riparatrice di Paray. In questo contesto riescono più comprensibili, pur nella loro straordinaria originalità, le due grandi figure del secolo: san Giovanni EUDES  e santa MARGHERITA MARIA ALACOQUE.

b) San Giovanni Eudes (1601-1680). Formato alla scuola berulliana, tutta assorta nella contemplazione e nella imitazione dei sentimenti e stati interiori di Gesú e di Maria, san Giovanni EUDES è stato il primo e più ardente apostolo del culto liturgico ai Sacri Cuori di Gesú e di Maria. Nel 1641 fondò due Congregazioni religiose, una maschile e una femminile, dedicate ai Sacri Cuori. Nel 1643 cominciò a far celebrare la festa del cuore di Maria, cui considerava inseparabilmente unito anche il cuore di Gesti. Ma nel 1670 venne nella determinazione di istituire una festa distinta, dedicata al cuore di Gesù, e che celebrò per la prima volta il 20 ottobre 1672, con ufficio, messa e litanie proprie. Nella sua opera Il cuore ammirabile, egli non parla di oggetto del culto, né materiale né formale; propone semplicemente « ciò che si deve onorare » e « le ragioni» che fondano il culto da lui proposto. In esso, egli intende onorare non «qualcuno dei misteri o delle azioni» di Gesú (o di Maria), e neppure solamente la sua degnissima persona, ma anzitutto e principalmente «l'origine e la fonte di tutti i suoi misteri e azioni», e ciò che fonda «la dignità» della sua stessa persona, ossia il suo amore. Per lui, quindi, il culto del Sacro Cuore di Gesú è il culto della persona, in quanto esso è l'origine e la fonte della dignità e della santità della persona; o, se si vuole, è il culto della persona, in quanto valorizzata, santificata, infiammata dall'amore. Cosí la parola «cuore» ritrova tutta la sua ricchezza biblica, e insieme riassume ed esprime quanto di meglio era maturato nella scuola francese del sec. XVII. Per lui il cuore diventa una nozione sintetica, un centro, un clima, nel quale converge tutto ciò che vi è di più espressivo e profondo nel mondo della natura, della grazia, della gloria, per esprimere il mistero del Cristo totale (cf. J. Arraguin, Il cuore di Gesú secondo S. Giovanni Eudes, in Il cuore di Gesù e la teologia cattolica). Il cuore si trova al punto di incontro del corpo e dell'anima, dell'essere e dell'agire; è al centro della persona e delle persone. E’ ad un tempo interiorità e apertura, perché dice reciprocità nell'amore. Il cuore di Cristo, in particolare, è la persona stessa dei Verbo incarnato, vista come mistero d'amore, in quanto è in relazione d'amore col Padre, con gli uomini e col cosmo, e anche in quanto è proteso a ricondurre tutto e tutti nell'unità dell'Amore che è in Dio.

c) Santa Margherita Maria Alacoque (1648-1690). Gli anni che precedettero l'enciclica Haurietis aquas, mentre avevano portato a una riscoperta del pensiero eudi­sta, avevano invece registrato uno strano declino della corrente spirituale «paredia­na», ritenuta responsabile di alcune forme deteriori di pietà, che si erano diffuse un po’ dovunque negli ultimi due secoli (esteriorismo, sentimentalismo, dolorismo, ecc.). Che fenomeni patologici si siano avuti anche in alcune pratiche che si ispirano alla devozione del Sacro Cuore è fuor di dubbio; che santa Margherita Maria Alacoque abbia adottato espressioni o assunto atteggiamenti meno graditi ai nostri contemporanei è ugualmente possibile. Ma chi sa distinguere tra accessorio ed essenziale, non può esitare di riconoscere in questa umile visitandina un’anima di eccezione, un'esperienza religiosa privilegiata. Nel riferire le numerose apparizioni di cui è stata favorita, la santa attira la nostra attenzione sul cuore veramente umano di Gesti; ma e ancor più preoccupata di farci comprendere e il mistero del suo amore divino, misericordioso e fedele, oltraggiato e misconosciuto dagli uomini. I suoi scritti sembra vogliano attirare la nostra attenzione, più che sulla realtà fisica del cuore di Cristo, sul suo valore simbolico, cioè sulla persona che ama e sulla grandezza del suo amore. L'aspetto personale è quindi molto accentuato in santa Margherita Maria Alacoque.

E’ per questo, del resto, che la sua vita spirituale diventa un tutt'uno con la sua devozione al cuore di Gesú. Il suo incontro personale con l'amore di Dio, che si esprime in pienezza nel cuore di Cristo, la impegna a rispondere personalmente, in pienezza d'amore: è la consacrazione. L'esperienza di un amore misconosciuto e oltraggiato stende su di lui un velo di tristezza che l'associa al mistero della passione redentrice. La « riparazione » richiama la passione, ma non va confusa con un amore morboso per la sofferenza. Riparare è opporsi al peccato e mettersi al servizio dell'amore redentore di Cristo. La stessa riparazione consolatrice consiste soprattutto nella volontà di onorare e di imitare i misteri della vita nascosta e della passione redentrice di Cristo (G. de Becker). Le pratiche di pietà, consigliate a questo scopo, hanno un valore relativo, e possono mutare con l'evolversi della sensibilità. Ciò che resta è il messaggio da esse inteso: ricordarci di continuo che il mistero di Cristo ci riguarda tutti personalmente, e che solo partecipando alla sua passione saremo ammessi a partecipare alla sua gloria.

d) Il compendio della religione cristiana. Durante il sec. XVIII la devozione al cuore di Gesú, che nel passato era stata praticata soprattutto negli ambienti claustrali, diventa una «devozione popolare» che si diffonde in tutte le nazioni cattoliche e fra tutte le categorie di persone. Vi contribuirono particolarmente: il beato Claudio de la COLOMBIERE, Froment, Croisset, Gallifet e, più tardi, sant'Alfonso De' Liguori, con la sua celebre Novena del cuore di Gesù. A questi autori si devono anche le prime sintesi dottrinali. L'istituzione della festa (1765) contribuì a dissipare numerose prevenzioni.

Il secolo XIX si apre con la pregevole Dissertazione sulla devozione al cuore di Gesú, dovuta al can. A. Muzzarelli (Roma 1806). Con straordinaria chiarezza, egli scrive che «sotto il nome del cuore simboleggiato, noi intendiamo comprendere e l'amore increato e l'amore creato di Gesti Cristo, perché di ambedue è simbolo il di lui cuore». Con J. Perrone (1842), la dottrina sul cuore di Gesú viene inserita nei manuali di teologia. Contemporaneamente si sviluppano vasti movimenti che resero veramente popolare la pratica di questa devozione. All'inizio del sec. XX, il Pourrat potrà infatti definirla come «la forma attuale della devozione cristiana alla persona del Redentore». Le principali pratiche (come l'adorazione riparatrice, l'ora santa, il primo venerdì del mese, le immagini e gli scapolari, la consacrazione degli individui, delle famiglie e delle nazioni, i pellegrinaggi ai santuari celebri) diventarono così comuni in seno al popolo cristiano, da caratterizzarne la vita religiosa in tutte le sue manifestazioni. A questa diffusione contribuirono particolarmente: il padre Ramière (con l'apostolato della preghiera), il padre Leone Dehon (con l'apostolato della riparazione) e inoltre il padre M. Crawley-Boevey (con l'opera della intronizzazione). L'azione di questi trovò facile e generosa collaborazione da parte di numerose Congregazioni religiose, maschili e femminili, e ancor più da parte di associazioni e confraternite, sorte appunto allo scopo di promuovere e diffondere la devozione. Al fervore dei pastori d'anime si associò, nella prima metà del sec. XX, lo sforzo di ricerca e di chiarificazione di numerosi ed eminenti teologi, sostenuti e stimolati in questo da frequenti interventi del magistero ecclesiastico, cui dobbiamo, fra l'altro, le grandi encicliche Annum sacrum di Leone XIII (1899) e Miserentissimus Redemptor di Pio XI (1928).

La crisi di ripensamento e di rinnovamento, già in atto in ogni settore della vita della Chiesa, assunse proporzioni allarmanti anche nel settore della devozione al Sacro Cuore intorno al 1950. A renderla più acuta vi aveva contribuito, in campo speculativo, una concezione dell'oggetto piuttosto angusta e in campo pastorale una certa lentezza e difficoltà ad acquistare e assimilare i dati più positivi del rinnovamento biblico e liturgico in atto. Contemporaneamente, però, già cominciano a manifestarsi i primi frutti di un profondo ripensamento che, mettendo in evidenza i fondamenti biblici e patristici della devozione al cuore di Gesti, portò i teologi a una rinnovata concezione della stessa natura del simbolo, e svelò a tutti la inesauribile fecondità pastorale, apostolica e spirituale, di questa spiritualità.

L'enciclica Haurietis aquas è l'espressione più autorevole e qualificata di questo travaglio, che portò a una concezione inte­ramente rinnovata del simbolo in genere, e del mistero del cuore trafitto in specie. L'at­tenzione non è più rivolta, prevalentemen­te, al cuore di Gesú inteso come «parte della sua santissima umanità», ma all'amore di Dio che in esso si esprime e si dona. La devozione, afferma esplicitamente Pio XII, «è in sostanza il culto dell'amore che Dio ha per noi nel Cristo, e insieme la pratica del nostro amore verso Dio e verso gli altri uomini» (Haurietis aquas, in AAS, 48 [19561, 345).


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