La Congregazione delle Suore Orsoline del S. Cuore di Gesù Agonizzante

 

CUORE

 

P.Armando1. La parola «cuore» compare nella Bibbia quasi un migliaio di volte.

L'ebraico ammette spesso una varietà di significati molto maggiore rispetto a quello che le lingue moderne sono in grado di fare.

 

In senso proprio, cuore significa l'organo fisico negli uomini e negli animali. Gli Ebrei ne riconoscono l'importanza per la vita fisica, pur senza sapere esattamente quale sia la funzione nell'organismo. Naturalmente è un organo essenziale alla vita: per uccidere una persona basta trafiggerle il cuore (1Sam 25,37; 2Sam 18,14; 2Re 9,24). L'uso dei senso proprio, sia nell'AT che nel NT, è piuttosto raro in confronto all'uso dei senso metaforico.

 

In senso metaforico.

l. Il cuore è il centro della vita fisica. Quando il cuore sta bene, tutto l'organismo è in perfetta salute (Prv 14,30; Gn 18,5). Il cibo e la bevanda, soprattutto il vino, rallegrano e fortificano il cuore dell'uomo (Giud 19,5; 1Re 21,7; Sal 104,15; Sir 40,20; Zc 10,7; At 14,17). Neppure questo senso è molto frequente.

 

2. Il cuore, conte centro delle facoltà psichiche, ha un ruolo di capitale importanza nella psicologia primitiva dell'AT. Per gli autori sacri esso è la sede e il principio della vita psichica, dei sentimenti, dell'attività della volontà e, soprattutto, dell'intelligenza.

 

a) Come sede della vita psichica, il cuore rappresenta la parte più intima della personalità, la coscienza, che soltanto Dio conosce. Mentre l'uomo riesce a guardare soltanto le apparenze, Dio vede il cuore (1Sam 16,7; Sal 7,10; Prv 21,2; 24,12; Ger 11,20; 12,3; 17,10; 1Ts 2,17). Il cuore, consapevole del male commesso, rimprovera il colpevole con i rimorsi (1Re 2,44; 1Sam 24,6; Gb 27,6; 1Gv 3,20). Il cuore ha i suoi difetti e le sue virtù. Tra le virtù ci sono: la rettitudine, la fedeltà a Dio, la semplicità, la docilità e l'umiltà (Dt 9,5; 1Re 11,4; 15,14; Gn 20,5.6; 1Re 3,9; 9,4; Sai 131,1); tra i difetti: la vanità, la leggerezza, la presunzione, l’ipocrisia e l'incostanza (Sal 5,10; Sír 19,4; Prv 28,26; 1Cr 12,34; Sir 1,28). Dalle passioni dei cuore nascono l'orgoglio, l'invidia, l'avarizia, l'odio e l'amore, il timore e l'audacia, la tristezza e la gioia (Dt 17,20; Ez 28,2.6; Lc 1,51; Prv 23,17; Gc 3,14; Ez 33,31; 2Pt 2,14; Lv 19,17; At 7,54; Sal 73,26; 1Re 11,3; Lev 26,36; Dt 1,28; 20,8; Ger 4,19; 2Sam 7,27; 17,10; 2Cr 17,6; 1Sam 1,8; 2Sam 13,20; Prv 12,25; 25,20; Gv 16,6; Atti 21,13; Es 4,14; 1Sam 2,1; Sal 65,14.

 

b) Come sede della vita affettiva, il cuore è il simbolo dell'amore. La sposa dei Cantico dei Cantici, per dire che il suo amore dura notte e giorno si esprime così: «lo dormo, ma il mio cuore veglia» (Ct 5,2). Gli scrittori sacri esortano spesso l'uomo ad amare Dio «con tutto il cuore» (Dt 6,5; 10,12; 11,13; 2Re 23,25; Mt 22,37; Mc 12,30; Lc 10,27). Questa espressione significa che al compimento dei doveri verso Dio bisogna dedicare tutte le facoltà dell'anima, specialmente la volontà, sintetizzate nella parola «Cuore». Bisogna notare, tuttavia, che il ruolo affettivo dei cuore è secondario in relazione alla sua attività dì discernimento.

 

c) Come sede della volontà, il cuore è in relazione con gli atti dei volere o dei non volere, dei decidersi, dei riflettere (1Re 8,17; Sir 38,26; 39,5; Is 10,7; Lc 21,14; 2Cor 9,7), sì che le manifestazioni esteriori della volontà o del carattere vengono attribuite al cuore (Ger 11,20; Prv 15,32; 2Mac 1,3). Ammesso che la volontà sia libera, essa può opporsi alle suggestioni esteriori; in special modo, può resistere a Dio. Allora si dice che il cuore si indurisce. Questa espressione, frequentissima, denota la indocilità della volontà (Dt 15,7; Sir 3,27; Is 46,12; Ez 3,7; Mc 16,14); invece il passaggio dall'ostinazione all'obbedienza si esprime con la metafora dei cuore di pietra che si muta in un cuore di carne (2Cr 34,27; Gb 23,16; Ez 11,19; 36,26).

d) Come centro della vita intellettiva, il cuore ammette le più svariate attività. Innanzitutto è la sede dei pensiero, della riflessione, della meditazione (Gn 17,17; Dt 8,5; 1Re 3,9; Sal 19,15; Ger 12.11, 19,5; Lc 2,19.51; 24,38; At 7,23; 1Cor 2,9). Riceve la luce della verità, ma può essere velato o totalmente cieco, cioè ignorante o incredulo (Is 6,10; Mc 3,5; 6,52; 8,17; 2Cor 3,15; Ef 1,18; Rm 1,21; 2Pt 1,19). La sapienza di cui il cuore è la sede, assicura all'uomo una vita lunga e felice (1Re 3,12; Prv 2,2.10; 16,21; 23,17; Sir 23,2). Il cuore esercita pure le funzioni della memoria (Dt 4,9; 8,5; Prv 4,21; Is 65,17); perciò si dice che le cose sono scritte sulla tavola del cuore (Prv 3,3; 7,3; Ger 17,1).

 

3. Inoltre, il cuore è la sede della vita morale e religiosa. Può desiderare il bene o il male (Sal 20,5; 21,3; Prv 6,21; Sir 5,2; Mt 5,28; 15,18). La rigenerazione morale e religiosa dell'uomo implica il rinnovamento del cuore. La circoncisione, che sopprime l'impurità e consacra l'uomo al servizio di Dio, è il simbolo della purificazione del cuore (Dt 10,16; 30,6; Ger 4,4). La lotta contro la concupiscenza è un dovere imposto al cristiano, perché dal cuore provengono i cattivi desideri e le cattive azioni (Rm 2,29). Ma dal cuore nasce anche l'amore di Dio e del prossimo (Dt 6,5; Mc 12,30.33); in tal modo il cuore è il tabernacolo dello Spirito Santo (Rm 5,5; 2Cor 1,22; Gai 4,6).

Tante sono le funzioni che gli autori sacri attribuiscono al cuore, da poter dire giustamente, secondo la Sacra Scrittura, che tanto vale l'uomo quanto vale il suo cuore.

 

Detto questo dei cuore in generale, vogliamo fare un passo avanti e parlare dei Cuore di Cristo. Per introdurre questo discorso, va ricordato come il vocabolo cuore venga ricordato negli scritti biblici. Facendo riferimento alla Sacra Scrittura, così come viene riletta nel Nuovo Testamento, mi servirò soprattutto di parole greche. a) καρδία, «cuore », in senso proprio e anche in senso etico e metaforico; b) σπλάγχνα, «viscere», e il suo composto σπλαγχνίζεσθαι, «commuoversi, provare compassione» ; c) κοιλία, letteralmente «cavità, ventre, utero materno, interno dell'uomo» o cuore metaforico e d) qualche volta ψυχή, come sinonimo o complemento di «cuore ».

 

Non sono rare le allusioni al Messia nei diversi passi profetici, sebbene non tutti possano essere presentati con certezza come messianici. Ne ricorderemo alcuni più strettamente collegati con la teologia dei Sacro Cuore, alla luce di altre citazioni dei NT.

 

a) Salmo 40. «lo mi compiaccio di fare la tua volontà, mio Dio; la tua legge è dentro le mie viscere» (40 [39],9). Queste parole fanno parte dell'offerta dei Cristo alla sua entrata in questo mondo, secondo la testimonianza della Lettera agli Ebrei (10,5‑7).

b) Geremia. Passo molto significativo dei carattere sacrificale dei Messia, nuovo Davide, che si «avvicina» per immolarsi: «Offrirgli il suo cuore in sacrificio». «finché non abbia compiuto e attuato i progetti del suo cuore» (Ger 30,21.24). Testo profondissimo, scelto dalla liturgia per l'ufficio del Sacro Cuore.

c) Salmi della Passione. Nel Salmo 69, preludio al Getsemani secondo i Padri, si leggono le parole: «L'insulto ha spezzato il mio cuore e vengo meno. Ho atteso compassione, ma invano, consolatori, ma non ne ho trovati» (69 [681, 21). Lamento piuttosto amaro, per il fatto che sono pronunciate dopo altre parole che danno un quadro dell'abbandono del Redentore nel suo tormento e nella sua sete mortale (Matteo 27,34 le cita come compiute nell'aceto offerto a Gesù dai soldati romani).

Commovente è soprattutto il Salmo 22 per le toccanti parole di Gesù agonizzante: «Il mio cuore è come cera, si fonde in mezzo alle mie viscere» (22 [21], 15). Oltre alla nuova equivalenza tra καρδία e κοιλία, bisogna tener presente l'esattezza drammatica di questa preghiera pronunciata da Gesù sulla croce. Tutto il salmo è come un'eco dei sentimenti intimi dei suo cuore; lo comprovano il sentir citare le prime parole ed il vedere come veramente si compiano i diversi dolori annunciati.

Il Salmo 16, citato da san Pietro come prova profetica della risurrezione, pone sulle labbra dello stesso Messia questo grido di trionfo dopo la morte redentrice: «Di questo gioisce il mio cuore... anche il mio corpo riposa al sicuro» (16 [15],:9).

d) Zaccaria. Nella sua visione profetica, citata varie volte a questo pro­posito da san Giovanni, Zaccaria allude a «colui che hanno trafitto» (12,10). In realtà, Gesù sulla croce fu trafitto da una lancia che aprì il suo costato e, nell'intenzione dei soldato, doveva trafiggere anche il cuore, benché il testo non lo dica espressamente. è un'interpretazione tradizionale della Chiesa, come dice Pio XII nell'enciclica Haurietis aquas.

 

2. Cuore di Cristo nel NT. Il senso semitico della parola «cuore» appare continuamente, soprattutto nei Sinottici e in san Paolo. Più che sorgente della vita, il cuore è la sede intima degli affetti, ma soprattutto dell'amore. è meno fre­quente in san Giovanni, dove significa centro delle emozioni, della gioia e della tristezza, e più ancora della mente e della coscienza morale. Non poche volte comprende tutto l'uomo nel suo aspetto più proprio (Mt 6,21; 15,18‑19; 22,37; Mc 6,52; Lc 2,19; 6,45.47; 12,34; 24,25.32; Gv 14,1; 16,22; Gc 1126; 4,8.

 

a) Sinottici. Soltanto una volta la parola «cuore» allude espressamente al cuore di Cristo, nel celebre testo di Matteo: «Venite a me, perché sono mite ed umile di cuore». La forza dei contesto, in contrapposizione alla durezza rabbinica, esclude l'interpretazione volgare, per accentuare i tratti di semplicità e di mitezza di Cristo ‑ Maestro, la sua condizione e il suo profilo psicologico sintetizzato secondo l'uso semitico dalla parola chiave «cuore».

 

Comunque, anche se il cuore non è espressamente menzionato, lo sì deve sottintendere in una moltitudine di passi che descrivono le emozioni umane e soprattutto l'amore di Cristo con parole ordinariamente equivalenti a quelle succitate. Basteranno alcuni esempi. La compassione è la chiave per spiegare gran parte dei miracoli ed è espressa dai Sinottici col verbo σπλαγχνίζεσθαι. Così vediamo commuoversi le viscere di Gesù (il suo cuore) di fronte alla moltitudine stanca e affamata Questo stesso affetto fa curare i due ciechi di Gerico, come leggiamo in san Matteo (20,29‑34).

Marco soprattutto si compiace nel ripetere (come aveva appreso probabilmente dallo stesso Pietro) una moltitudine di tratti rivelatori dell'affettività di Gesù. Non c’è un miracolo che non abbia questa caratteristica. Nel vedere il povero lebbroso «gli si commossero le viscere» e lo guarì (Mc 1,40‑42). Nelle due moltiplicazioni dei pani «si commosse per loro» e operò il prodigio (Mc 6,34). Nessuno come Pietro ha conservato, per mezzo dei secondo Vangelo, gli sguardi di Gesù, raggi dei suo cuore, come dice la Haurietis aquas: sguardo di simpatia che chiama (Mc 1,16), di compassionevole sollecitudine nella tempesta dei lago (Mc 6,48), di compiacenza davanti al giovane puro (Mc 10,21), davanti ai suoi discepoli (Mc 10,23), di fronte alle necessità delle turbe (Mc 6,34) e davanti all'emorroissa guarita (Mc 5,32); sguardo di pena o di indignazione (Mc 8,33; 9,14.25; 10,23; 11.13; 13,1‑3), di fronte all'incompren­sione dei suoi o alla malizia degli avversari o al fico sterile, o nell'uscire dal Tempio o davanti alla città a causa della prevista distrazione; sguardo radioso nel rivolgersi al Padre (Mc 6,41; 7,34) come preludio di ogni suo miracolo. Anche Luca, con la sua formazione ellenistica, si compiace nel sottolineare questo aspetto psicologico di Cristo, molte volte con lo stesso verbo, come nella risurrezione del figlio della vedova (Lc 7,13). Nel raccontare l'ultima Cena, Luca pone in risalto l'ardente desiderio (Lc 22,15) del cuore di Cristo, come prima aveva indicato la sua gioia (Lc 10,21‑24) nel parlare col Padre suo e il suo dolore davanti alla previsione della distruzione di Gerusalemme, che lo fece gemere e piangere (Lc 19,41‑44), e la sua angoscia mortale fino a sudare sangue (Lc 22,41‑44).

b) Giovanni. Nonostante egli non usi quasi mai i termini suddetti, riesce a descrivere come nessuno ha saputo fare le emozioni (12,27.28; 17,1; 11,33‑43) del cuore di Gesù. Vediamolo mentre parla coi Padre suo davanti al sepolcro dell'amico Lazzaro: si commuove e piange manifestando così il suo amore. Ascoltiamo le parole piene di tenerezza pronunciate durante l'ultima Cena (13,1; 10,14‑18), suprema manifestazione di amore ai suoi e offerta della sua vita come Buon Pastore. Egli, come testimone, ci assicura della trafittura dei costato (19,34‑37) e ci dà un'idea della grandezza della ferita con le parole di Gesù all'incredulo Tommaso: «Metti la tua mano nel mio costato» (20,20.25.27). Infine, basterebbe il passo citato da Pio XII, quale raggio di luce rivelatrice dei mistero di Cristo, sintetizzato nel suo cuore, fonte di acqua viva: «Se qualcuno ha sete, venga a me e beva ... ». Torrenti di acqua viva sgorgheranno (7,37‑38).

c) San Paolo. Infine, scrivendo ai Filippesi, Paolo assicura di amarli molto «nelle viscere di Cristo» (1,7‑8), cioè secondo il suo cuore e ad imitazione dell'ardente amore dei Signore, con il quale è misticamente unito e come identificato (Fil 1,21; Gal 2,20).

Ben a ragione Pio XII può affermare nella sua enciclica che il culto professato dalla Chiesa al cuore di Cristo ha le sue più profonde radici nelle fonti scritte della rivelazione, sebbene a prima vista sembri che esse non lo menzionino.


la riflessione del Padre Armando Genovese, MSC, durante l'incontro delle Comunità del Centro Italiano - Roma, 3 - 4 gennaio 2006