La Congregazione delle Suore Orsoline del S. Cuore di Gesù Agonizzante

 

Incontro/AGGIORNAMENTO delle Comunità del Centro Italiano - Roma, 4 - 5 gennaio 2007


 

FORMAZIONE PERMANENTE

QUID EST?

Prima di tutto intendiamoci sui termini:

FORMAZIONE:

Acquisizione di una determinata consistenza materiale o fisionomia  spirituale: fig. Maturazione dell'individuo, dovuta allo studio, all'esperienza, all'ambiente -etim- Dal latino formatio -onis, derivato di forma `aspetto'.

PERMANENTE: gram- aggettivo e sostantivo maschile e femminile: di cosa o situazione che si protrae nel tempo, spesso associata all'idea di stabile disponibilità.

Da ciò si evince che, per formazione permanente, applicata dall’uomo, significa processo di maturazione che si protrae nel tempo, associata alla volontà di crescere assecondando la realizzazione dello scopo della propria vita, in vista del raggiungimento del fine per cui ciascuno è creato.

Possiamo dire che tutto questo iter è caratterizzato da tre fasi: l’essere – l’esistere – il maturare.

La fase problematica su cui dobbiamo riflettere è ovviamente l’esistere: vale a dire l’autogestione della propria vita. Che in termini più semplici possiamo tradurre con: COME VIVO E VOGLIO VIVERE.

Ora siccome ogni uomo (e per uomo intendo maschio – femmina) è persona, il proprio vivere implica necessariamente la relazione, cioè il modo come io mi pongo con me stesso, con l’ambiente, con gli altri, ma soprattutto con Dio.

In altre parole io sono un individuo distinto dagli altri, tuttavia uguale ai miei simili. Sono dotato di caratteristiche mie proprie che fanno di me un essere irrepetibile, pur tuttavia relazionato a Dio, all’ambiente, alla società nella quale vivo, nella storia che sto vivendo.

Or dunque il problema della formazione permanete mi induce a pormi delle domande: come ho vissuto fin’ora, come vivo adesso, come voglio vivere? Oppure: da dove vengo?, dove vado? E davanti a chi dovrò un giorno rendere conto?

Ci aiuteremo non ricorrendo alle “parole”, ma alla Parola di Dio, perché questa è eterna e vale per tutti i tempi, tutti i luoghi, per tutti i popoli, razze, etnie.

La prima riflessione la faremo sul salmo 1, che è considerato la porta dei salmi.

Salmo 1 Le due vie

 

        1Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi,

        non indugia nella via dei peccatori

        e non siede in compagnia degli stolti;

        2ma si compiace della legge del Signore,

        la sua legge medita giorno e notte.

 

        3Sarà come albero piantato lungo corsi d’acqua,

        che darà frutto a suo tempo

        e le sue foglie non cadranno mai;

        riusciranno tutte le sue opere.

 

        4Non così, non così gli empi:

        ma come pula che il vento disperde;

        5perciò non reggeranno gli empi nel giudizio,

        né i peccatori nell’assemblea dei giusti.

 

        6Il Signore veglia sul cammino dei giusti,

        ma la via degli empi andrà in rovina.

COMMENTO

Il salmo è detto delle due vite, perché presenta due modi di esistere o di vivere:

La via del giusto basata sulla Torah (rivelazione di Dio) che viene meditata giorno e notte; nel senso che il giusto non vive per se stesso ma alla luce dell’alleanza con Dio. Quindi la Parola di Dio è il suo punto di riferimento per crescere e formarsi con un criterio stabile, sicuro, vero.

L’effetto di questo procedere dal salmista viene paragonato all’albero, piantato lungo corsi d’acqua, che darà frutti a suo tempo, sempre verdeggiante, fecondo di opere riuscite.

La stabilità, la crescita, la fruttificazione sono determinati dal fatto che il giusto è piantato lungo corsi d’acqua. E l’acqua della vita è l’alleanza con Dio.

La via degli empi, dei peccatori, degli stolti si può dire è basata sull’aridità che produce pula che il vento disperde, per cui il giusto

non segue il consiglio degli empi,

non indugia nella via dei peccatori

e non siede in compagnia degli stolti;

Chi sono queste tre categorie di persone?

·        Gli empi sono i nemici di Dio che insidiano i suoi fedeli

·        I peccatori sono coloro che hanno sbagliato bersaglio

·        Gli stolti sono coloro che sbeffeggiano perfino Dio ironizzando sul suo reale interesse nei confronti del mondo; sono in realtà i diffamatori coloro che seminano discordie nella vita sociale creando odio e caos.

Ebbene il giusto non seguirà curiosamente le opinioni correnti, né si fermerà ad ascoltare ciò che dicono i ciarlatani, né tanto meno parteciperà alla loro mentalità e quindi entrare nel loro club.

Le comunità religiose non sono realtà che vivono sotto una campana di vetro, le comunità religiose vivono nell’ambito della storia, che si presenta, con il passare dei giorni e degli anni, con luci ed ombre, tragedie e conquiste, guerre e aneliti di pace, ideologie e modi di pensare, nella nostra era impregnati di relativismo e di nichilismo, di consumismo e di pansensualismo.

Volere o no, proprio perché stiamo assaporando l’essere minoranza, possiamo essere tentati dal seguire l’andazzo comune e quindi cercare di trovare soluzioni fuori dalla via tracciata dall’alleanza stipulata con Dio nel giorno della nostra professione.

Perciò, ecco un secondo testo che ci può aiutare a delineare le scelte per una sana formazione permanente:

 

ADAMO DOVE SEI ?

Genesi 3,9

Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l’uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto»

 

COMMENTO

Sembra una domanda quella che Dio rivolge ad Adamo che entra in contraddizione con la sua Onniscienza.

E invece non è così. Disse un Rabbino a uno che lo interrogava su questo problema: “Credete voi che la Scrittura è eterna e che abbraccia tutti i tempi, tutte le generazioni e tutti gli individui?”. “Sì, lo credo” disse quel tale. “ebbene riprese il Rabbino in ogni tempo Dio interpella ogni uomo: ‘Dove sei nel tuo mondo? Dei giorni e degli anni a te assegnati ne sono già trascorsi molti: nel frattempo tu fin dove sei arrivato nel tuo mondo? Dove ti trovi?”

Più semplicemente in che situazione ti trovi? A che punto sei?

Adamo dove sei? E’ a te che Dio si rivolge chiedendoti: dove sei?

Adamo si nasconde per non dover rendere conto, per sfuggire alla responsabilità della propria vita. Così si nasconde ogni uomo, perché ogni uomo è Adamo e nella situazione di Adamo. Per sfuggire alla responsabilità della vita che si è vissuta, l’esistenza viene trasformata in un congegno di nascondimento.

Proprio nascondendosi e persistendo sempre in questo nascondimento “davanti al volto di Dio”, l’uomo scivola sempre più profondamente nella falsità. L’uomo non può sfuggire all’occhio di Dio ma, cercando di nascondersi a lui, si nasconde a se stesso…e allora?

Il nevrotico costruisce castelli in aria – lo psicotico ci abita – e lo psicologo riscuote l’affitto…

Dio vuole turbare l’uomo, distruggere il suo congegno di nascondimento, fargli vedere dove l’ha condotto una strada sbagliata, far nascere in lui un ardente desiderio di venirne fuori.

Ma finché l’uomo non ascolta quella domanda, che è facile soffocare, la vita dell’uomo non può diventare cammino, formazione, crescita, fruttificazione.

Adamo affronta quella voce, riconosce di essere in trappola e confessa: “Mi sono nascosto”. Qui inizia il cammino dell’uomo. Il ritorno decisivo a se stessi è nella vita dell’uomo l’inizio del cammino, il sempre nuovo inizio del cammino umano.

Ma è decisivo solo se conduce al cammino: esiste anche un ritorno a se stessi sterile, che porta solo al tormento, alla disperazione a ulteriori trappole…

Esiste una domanda demoniaca, una falsa domanda che scimmiotta la domanda di Dio. La si riconosce dal fatto che non si ferma al “Dove sei? Ma prosegue “Nessun cammino può farti uscire dal vicolo cieco in cui ti sei smarrito”. Esiste un ritorno perverso a se stessi, che invece di provocare l’uomo al ravvedimento e metterlo sul cammino, gli prospetta insperabile il ritorno e così lo inchioda in una realtà in cui ravvedersi appare assolutamente impossibile e in cui l’uomo riesce a continuare a vivere solo in virtù dell’orgoglio demoniaco, dell’orgoglio della perversione.

A che scopo ritornare in me stesso, a che scopo abbracciare il mio cammino personale, a che scopo portare a unità il mio essere ?

Ecco la risposta “Non per me”. Dunque cominciare da se stessi, ma non finire con se stessi; prendersi come punto di partenza, ma non come meta, conoscersi, ma non preoccuparsi di sé.

Invece di tormentarti incessantemente per le colpe commesse, devi applicare la forza d’animo utilizzata per questa autoaccusa all’azione che sei chiamato ad esercitare sul mondo. Non di te stesso ti devi preoccupare ma del mondo.

Disse un rabbino: “Per quanto tu rimesti il fango, fango resta. Peccatore o non peccatore, cosa ci guadagna il cielo? Perderò ancora tempo a rimuginare queste cose? Nel tempo che passo a rivangare posso invece infilare perle per la gioia del cielo! Perciò sta scritto – Allontanati dal male e fa il bene, volta completamente le spalle al male, non ci ripensare e fa il bene. Hai agito male? Contrapponi al male l’azione buona. (cfr Martin Buber, Il Cammino dell’uomo, ed. Qiqajon , Comunità di Bose)

Davide dopo aver peccato disse al Signore:

Insegnerò agli erranti le tue vie

e i peccatori a te ritorneranno (Sal 51,15)

E in Luca si legge:

Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre (Lc 15,17-20).

Ecco un suggerimento per effettuare un vera formazione permanente:

·        rientrare in se stessi, non per rimanerci, ma:

·        mi leverò e andrò

·        partì e s’incamminò.

Ecco un altro testo che contiene una domanda che potrebbe aiutare nel nostro faticoso cammino verso il cielo, cioè verso la maturazione e quindi il raccolto:

1 Re, 1-15

ELIA SULL’OREB

 

Acab riferì a Gezabele ciò che Elia aveva fatto e che aveva ucciso di spada tutti i profeti. Gezabele inviò un messaggero a Elia per dirgli: «Gli dei mi facciano questo e anche di peggio, se domani a quest’ora non avrò reso te come uno di quelli». Elia, impaurito, si alzò e se ne andò per salvarsi. Giunse a Bersabea di Giuda. Là fece sostare il suo ragazzo. Egli si inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto un ginepro. Desideroso di morire, disse: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri». Si coricò e si addormentò sotto il ginepro. Allora, ecco un angelo lo toccò e gli disse: «Alzati e mangia!». Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia cotta su pietre roventi e un orcio d’acqua. Mangiò e bevve, quindi tornò a coricarsi. Venne di nuovo l’angelo del Signore, lo toccò e gli disse: «Su mangia, perché è troppo lungo per te il cammino». Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza datagli da quel cibo, camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb.

 

L’incontro con Dio

 

Ivi entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco il Signore gli disse: «Che fai qui, Elia?». Egli rispose: «Sono pieno di zelo per il Signore degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi tentano di togliermi la vita». Gli fu detto: «Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore». Ecco, il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna. Ed ecco, sentì una voce che gli diceva: «Che fai qui, Elia?». Egli rispose: «Sono pieno di zelo per il Signore, Dio degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi tentano di togliermi la vita». Il Signore gli disse: «Su, ritorna sui tuoi passi verso il deserto di Damasco; giunto là, ungerai Hazaèl come re di Aram…

 

 

COMMENTO

 

Nel cammino di formazione non possono mancare le delusioni e le amarezze per essere stati fraintesi, o per non aver avuto il giusto riconoscimento per il nostro lavoro, l’essere stati messi da parte, per pregiudizi o per etichettature, per essere stati anche velatamente presi di mira, e quindi ritenuti pecore nere…Oppure aver mietuto fallimenti, padri di nostalgie e di rimpianti…

 

Elia insegna, o meglio il Signore insegna:

alzati e mangia

Su mangia, perché è troppo lungo per te il cammino

Entrò in una caverna per passarvi la notte…

Che fai qui, Elia?

Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore

 

Ci fu un vento impetuoso

Ci fu un terremoto

Ci fu un fuoco

 

Ci fu il mormorio di un vento leggero

 

Che fai qui, Elia?

Su, ritorna sui tuoi passi verso il deserto

 

 

Rifletti, ascolta il mormorio del vento leggero, e poi ritorna sui tuoi passi…
 

L’APPARIZIONE A MARIA DI MAGDALA

 

Maria invece stava all’esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto». Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: «Rabbunì!», che significa: Maestro! (Gv 20,11-16).

 

UN’ULTIMA DOMANDA

 

CHI CERCHI ? 

 

Nella situazione in cui vivo, chi cerco?


P. Alberto Moscatelli, omv