SUPERIORA GENERALE DELLE SUORE ORSOLINE SCGA

00-317 Warszawa, ul.Wiœlana 2; t.0-22/826.55.64 fax 0-22/828.35.85, e-mail: frusjk@post.pl 


 

RELAZIONE DEL VIAGGIO IN TANZANIA

DELLA NOSTRA MADRE E DI SR. ANNA FIDOR

5 X – 6 XI 2008

 

SAFARI NJEMA – DOBREJ PODRÓ¯Y – BUON VIAGGIO...

Questo viaggio si svolgerà sotto il segno di tre lingue: lo swahili, il polacco, l’italiano, a volte anche l’inglese.

A Roma, la prima tappa del viaggio, arriviamo in aereo il 2 ottobre. A tavola, durante la cena, condividiamo a caldo, le notizie della Congregazione. Il giorno dopo la Madre è stata invitata nella comunità dei Fratelli di Taizé (Fra Alois partecipa al Sinodo dei Vescovi sul tema della parola di Dio). Durante la cena, nella sede romana dei Fratelli, trattiamo vari temi, tra gli altri: la Chiesa nei paesi dell’Est Europa e il lavoro delle nostre suore a Taizé (per il quale i Fratelli sono molto grati alla Congregazione). Tocchiamo anche il tema degli Incontri Europei dei Giovani – il prossimo avrà luogo a Bruxelles, il successivo a Poznañ e i Fratelli contano sul nostro aiuto; la Madre, naturalmente, esprime la disponibilità, ma ancora è troppo presto per parlare dei dettagli.

4 ottobre - festa liturgica di San Francesco e onomastico della Madre. La mattina: Santa Messa celebrata dal Mons. Velasio De Paolis, auguri e colazione comune. In un gruppo più numeroso di suore, ci incontriamo invece al pranzo. Contemporaneamente sono in corso i preparativi per il viaggio. La notte partiamo da Roma, in tre (dopo il soggiorno di alcuni anni in Europa, torna in Tanzania Sr.  Febronia), per atterrare ad Addis Abeba, capitale dell’Etiopia, dopo aver superato (in quasi sei ore di volo) quasi quattromilacinquecento chilometri. Il primo contatto con l’Africa, anche se dalle finestre dell’aeroporto; attendiamo circa due ore (spostando le lancette dell’orologio un’ora avanti), e poi partiamo per Kilimangiaro (con un atterraggio a Nairobi). Arriviamo in Tanzania il 5 ottobre, verso le ore 14:00. Al piccolo aeroporto c’è ad attenderci Sr. Rita, superiora del Centro Tanzanese – da questo momento viaggeremo insieme, visitando tutte le comunità nel territorio della Tanzania. C’è anche qualche altra suora e Don Gabriele (un sacerdote che conosciamo, che alcuni anni fa studiava a Roma) conosciamo anche Floriano, l’autista che ci accompagnerà nel prossimo mese. Viaggiando dall’aeroporto, attraversiamo il centro di Moshi, città capitale della provincia dello stesso nome, per giungere alla località Mweka, situata subito dopo Moshi, dove c’è la comunità delle orsoline composta di alcune suore. Sulla strada principale ci attende una piccola folla di bambini e di adulti, vestiti a festa, che salutano gioiosamente e solennemente la Madre, con canti e fiori; poi il corteo a colori si ferma davanti all’entrata della casa. Qui, a loro volta, sono le suore a salutare  la Madre col pane, offrendole la chiave della porta d’entrata; la simbolicità di questi gesti è ovvia. Questo svolgimento della cerimonia di benvenuto sarà caratteristico per ogni luogo, sebbene ogni volta sarà diverso nei particolari.

La sera, un lungo incontro comunitario; prima la preghiera: i Vespri uniti all’obbedienza e l’adorazione del Santissimo. Dopo la preghiera, la cena, seguita da “karibuni” cioè il solenne saluto, la ricreazione allietata da danze e canti e un lungo discorso di una delle suore che racconta la vita e il lavoro apostolico della comunità. Scambiamo anche i doni; le suore ci offrono le kanghe (tipico costume della donna africana), e la Madre: i rosari portati dalla Polonia e le cartoline ricordo del santuario di Sant’Orsola. Un elemento importante dell’incontro ricreativo di questo genere è il dolce (keki) portato solennemente con il canto e consegnato alla Madre, che poi lo distribuisce. Fa gioire il fatto che ci sono tre nuove candidate. La mattina del 6 ottobre, la Santa Messa nella cappella della casa, celebrata da Don Gabriele (è professore di filosofia e vicerettore del seminario diocesano). Nella mattinata visitiamo le nostre proprietà: la casa delle suore e un’altra casa, per gli ospiti (qui ci sono tre camere) e la scuola elementare; per ora soltanto la prima e la seconda classe, nella quale lavorano le suore  (una di loro è preside). C’è anche la scuola materna (due gruppi). I bambini ci salutano con il canto, tutti vestono l’uniforme, estetici maglioncini con cappuccio, prodotta dalle nostre suore di Issuna lavorati a macchina. Le uniformi hanno i colori della bandiera nazionale della Tanzania. Visitiamo le classi, in ciascuna i bambini recitano il saluto di benvenuto oppure cantano delle canzoncine. Nella scuola materna, siamo testimoni di una lezione d’inglese… Poi, davanti all’edificio ha luogo il solenne karibuni da parte della scuola: coro e orchestra dei bambini, naturalmente con il direttore, eseguono prima l’inno nazionale, e poi altri canti e danze. La Madre riceve anche un dono: un’immagine su tessuto, che rappresenta la scuola intitolata a Sant’Orsola (è la patrona di questo centro). La scuola è in via di sviluppo, si vuole con il passare degli anni, ingrandirla con le nuove classi, maggiori. A tal fine sta sorgendo un nuovo edificio di alcuni piani, nel quale ci sarà anche un collegio per i bambini dei dintorni più distanti. La nostra presenza a Kweka, di ormai alcuni anni, è l’effetto della collaborazione con Sig. Cosmas Kweka (fratello di Sr. Grace), il quale ha offerto alla Congregazione un terreno e ha invitato a creare, insieme questo centro educativo. Naturalmente, per tutto tempo continua la riflessione comune sulle ulteriori forme di collaborazione, poiché l’opera si espanderà.

Nel pomeriggio piantiamo nuovi alberi: la Madre – un mango, e noi con Sr. Rita – un avocado. Ancora oltre una decina di questi alberi verranno piantati in varie località (lì dove ci sono le nostre case e comunità) – il vivo e durevole ricordo delle persone è segno di benedizione (a Mkiwa abbiamo ammirato l’albero piantato durante uno dei viaggi di M. Jolanta, come pure a Morogoro). Visitiamo l’orto ben curato e il frutteto di banani… Nei pressi del Kilimangiaro ci sono terreni straordinariamente fertili e ricchi d’acqua; sono terreni dove viene coltivato il caffè (venendo dall’aeroporto abbiamo attraversato le grandi piantagioni di arbusti di caffè), le banane, la canna di zucchero e il riso… Il clima è umido, caldo e dovunque un verde intenso. Lo stesso giorno abbiamo l’incontro con Cosmas Kweka e la sua famiglia, la gita alla vicina costruzione e la comune preghiera.

Il giorno successivo, 7 ottobre, ci rechiamo a Rombo-Leto, distante alcune decine di chilometri. Dobbiamo abituarci al fatto che in Tanzania si viaggia al lato sinistro della strada, legge che è rimasta dopo la presenza degli Inglesi, come anche la lingua inglese, che i bambini studiano volentieri, e che è di obbligo nelle scuole medie e nell’università.

Facciamo un parziale giro del monte Kilimangiaro (a volte appare davanti agli occhi la vetta sempre innevata); lungo la strada si fa commercio di ortaggi: patate, pomodori, cipolle, banane (delle quali ci sono molte specie, anche quelle che si cucinano come pietanze per il pranzo); poco distanti si vedono i grandi teloni, su cui si secca il granturco (base dell’alimentazione in Tanzania) e il riso… La terra ci stupisce perché è rossa – identica polvere si alza dalle ruote delle macchine che ci sorpassano, disturbando a volte la visibilità (fortunatamente, la nostra autovettura è abbastanza ermetica). Piuttosto presto si può osservare che gli autobus sono i veicoli che si muovono con la massima velocità, sorprende la destrezza degli autisti che difatti portano i passeggeri, e spesso bagagli non piccoli sul tetto… Perciò anche, statisticamente il maggior numero degli incidenti è causato proprio dai guidatori degli autobus. Ciononostante sulle strade si nota reciproca gentilezza e benevolenza. Molto spesso sorpassiamo i bambini che camminano sul ciglio della strada, che ci salutano agitando le mani e gioiscono molto se sono notati. Quando il nostro viaggio volge al termine il paesaggio cambia: spariscono i boschi di banane, le terra è secca e l’erba ingiallita. Giungiamo al Centro per Bambini di Cornelio Ngaleku (Cornel Ngaleku Children Centre). Davanti al cancello una vista che commuove: un gruppetto di bambini di pochi anni di età, vestiti di color azzurro e in mezzo ad essi le nostre suore, che tengono in braccio i più piccoli… gioia irrefrenabile, canto, danze per il benvenuto. Nel Centro ci sono oltre quaranta bambini piccoli e in età di scuola materna, il più spesso orfani o semiorfani (sei di essi malati di AIDS). Le storie di alcuni sono davvero drammatiche, che non si ripercuote tanto su di loro perché si sentono amati e si stringono a noi sorridenti. Il Centro è stato organizzato da un Tanzanese abbastanza ricco, per onorare in questo modo la memoria del suo padre defunto, che ha offerto il terreno su cui è stato costruito il Centro. La nascita del Centro è stata possibile grazie ad un sostanzioso aiuto dall’Europa, particolari meriti ha qui una coppia di sposi olandesi, che ormai da tempo lo sostengono finanziariamente. A prendersi cura  dei bambini e al lavoro educativo nel centro sono state invitate le nostre suore.  Secondo lo statuto, nel Centro possono soggiornare i bambini in età di scuola materna, successivamente ritornano dai parenti, il più spesso quelli più lontani, a volte vengono adottati; le suore stanno pensando molto intensamente come assicurare loro il futuro, specialmente agli orfani di entrambi i genitori. Uno dei modi, sembra essere quello di trasferirli alla casa dei bambini a Dodoma, dove vi sono maggiori possibilità per ottenere l’istruzione. Nel Centro, costruito in forma di quadrilatero, ci sono i dormitori e le aule della scuola materna, c’è la cappella, la cucina e l’ambulatorio medico, c’è la lavanderia e il guardaroba, la parte dove abitano le suore e il personale.

Il verde degli arbusti e dell’erba viene mantenuto grazie all’irrigazione artificiale (in Tanzania le acque sotterranee occupano poco più del 6 % della superficie); spesso si vedono delle cisterne per l’acqua, collocate su alti palchi – sono le riserve di acqua per il tempo della siccità… Visitiamo il Centro, naturalmente c’è il solenne karibuni nella grande pergola, collocata al centro del cortile; c’è anche l’incontro con le suore, l’obbedienza e la preghiera, la condivisione di notizie… mangiamo insieme il pranzo composto tra l’altro di banane in umido. Nel pomeriggio, pilotati dal proprietario torniamo a Mweka, per un’altra strada su cui la polvere rosa e l’accidentalità del terreno sono ancor più “imponenti”. Passiamo accanto alla regione Arusha (confinante ormai direttamente con il Kenia) e con sollievo salutiamo i terreni conosciuti degli arbusti di caffè.

L’8 ottobre lasciamo la provincia Moshi. Osserviamo con una certa incredulità, mentre viene caricata la nostra macchina: alcune valigie grandi, sacchi, secchi, grappoli di banane (ciascuno pesa qualche decina di chili), le borse più piccole e i fagotti; viaggeranno con noi anche le tre candidate… Viene dimostrato che tutto è possibile. La mattina, dopo la Santa Messa partiamo verso il sud, nella direzione di Mkiwa. Davanti a noi, oltre 600 chilometri di strada diversificata: oltre 150 chilometri di comoda strada asfaltata, dopo circa 300 chilometri di strada il cui piano stradale lascia tanto da desiderare, sebbene sia una delle due principali arterie nazionali… e di nuovo, alcune decine di chilometri di asfalto, dopo il quale - nell’ultimo tratto – ritornano sabbia e buche. Attraversiamo i territori di Massai, passiamo accanto al museo, nel quale si può vedere (e comprare) oggetti legati allo stile di vita del posto…, ogni tanto si possono notare anche i Massai che pascolano i loro greggi lungo la strada; si distinguono per la loro snella e semplice figura vestita di costumi caratteristici, il più spesso rossi o viola (veniamo a sapere che questa è una di quelle tribù, che coltiva molto le proprie, particolari tradizioni). Il paesaggio cambia ad ogni decina di chilometri circa, è sempre più grigio e secco, sparisce il verde (il miracolo della natura sono i piccoli cespugli, intensamente verdi, che ogni tanto appaiono). I terrapieni di cespugli spinosi, coperti dalla polvere, ricordano il paesaggio invernale coperto di brina, senza neve. Le rocce di granito non permettono di dimenticare che ci troviamo su un altipiano roccioso e ci stiamo movendo nei pressi della Rift Valley. La grande spaccatura geologica (su entrambi i lati si vedono le sagome delle montagne), cosa che si potrà notare ancor più nell’ulteriore viaggio. Circa 20 chilometri prima di Mkiwa, passiamo accanto a Issuna (non abbiamo intenzione di entrarvi, poiché nel nostro programma è prevista una visita più lunga). Si vede, tuttavia, che il nostro autista, Florian, è semplicemente in accordo segreto con le suore, perché appena ci vedono apparire - corrono sulla strada per salutarci… si vede che anche qui i cellulari sono un mezzo efficace di comunicazione. Verso sera arriviamo a Mkiwa. Alla curva, all’inizio di una strada di alcune centinaia di metri che porta alla missione, è schierato un corteo colorato: la “guardia” in divisa, composta dagli alunni, di pochi anni, della scuola, il gruppo delle suore, gli abitanti del circondario… Al ritmico suono dei canti entriamo nella direzione della casa, preceduti dallo striscione Karibu Mama Mkuu  - Salutiamo la Madre Generale; lo striscione si manterrà, sino alla fine del nostro soggiorno, davanti alla porta d’entrata nell’abitazione della Madre. Al cancello della missione il saluto con il pane e con una cesta di frutti e di ortaggi; al posto centrale della cesta, tra  arance, papaie e avocado, fanno bella mostra alcune fragole rigogliose – le suore sono riuscite a farle crescere per salutare la Madre. Salutiamo anche il sacerdote, il nostro cappellano (che ha cura anche della vicina chiesa parrocchiale, dove ogni domenica viene celebrata la Santa Messa). Mkiwa è un villaggio che conta circa 1500 abitanti. Preghiamo prima nella cappella e poi segue il karibuni nel chiostro della casa. Sono presenti anche Sr. Incoronata e Sr. Maria (sorella di Sr. Rita, della Congregazione delle Adoratrici del Preziosissimo Sangue di Cristo), venute da Itigi. Segue la cena e la sistemazione nell’abitazione. Per i prossimi oltre dieci giorni Mkiwa sarà la nostra base.  

Il giorno successivo, 9 ottobre, terminata l’esposizione del Santissimo Sacramento, per le ore 15:00 è stata programmata l’obbedienza nella casa centrale. Nelle parole rivolte in tale occasione alle suore in ogni luogo, sebbene ogni volta un po’ diversamente, la Madre sottolinea a tutte il valore dell’obbedienza nel concreto della nostra vita di ogni giorno, dell’obbedienza che attinge il suo più profondo senso dall’obbedienza salvifica di Gesù; siamo inviate a servire i più bisognosi, senza risparmiare le forze e cercando con coraggio nuove forme di aiuto all’uomo; la nostra vita deve essere donata totalmente a Gesù e al servizio dei poveri…

 Lo stesso giorno visitiamo la missione, composta di oltre dieci fabbricati; tra essi: la casa del noviziato, quella per gli ospiti, le due cappelle, la scuola materna con la piazza dei giochi,  l’ambulatorio, il negozio, la sartoria e il maglificio, la fattoria. Le suore allevano le mucche, capre,  galline, maiali; c’è il mulino (dove viene macinato principalmente il granturco), l’orto, il frutteto e il campo sul quale cresce la manioca. Ci sono file dei container che svolgono principalmente il ruolo di  magazzino (questi container, una o due volte all’anno vengono preparati da un gruppo di volontari dall’Italia, i quali, in vari modi, sostengono sin dall’inizio le nostre missioni). In ogni luogo lavorano le suore; il mantenimento di tutto si unisce prima di tutto con la fornitura di una sufficiente quantità d’acqua, che in parte viene portata da un sistema di tubi di gomma, ma in molti punti bisogna portarla con i secchi.

Il terreno di alcuni ettari, è recintato, e in fondo, passando accanto alla cappella della Madonna di Loreto, arriviamo lungo un vialetto, al cimitero, nel quale riposa una suora, Sr. Pascalina Baraka (morta lo scorso anno, all’età di 29 anni). Ogni morte è un esperienza forte, ma per la giovane missione questa era stata un’esperienza particolare… Le suore visitano spesso la tomba, ricordano molto la defunta nella preghiera (la sera del 21 ottobre siamo andati tutti lì, in una processione orante). Nel pomeriggio: la cerimonia di benvenuto nella scuola materna; essa funziona per tutto il giorno: nella mattinata vengono 85 bambini, nel pomeriggio – 55. Una delle nostre suore lavora anche come insegnante nella vicina scuola elementare.

Venerdì, 10 ottobre, dedichiamo la mattinata per sistemare la documentazione e le questioni riguardanti il personale e quelle di segreteria; fa gioire il fatto che la Congregazione, dopo alcuni anni di pratiche, abbia ottenuto la personalità giuridica in Tanzania

 Distante sette chilometri da Mkiwa si trova un villaggio chiamato Damaida. Le suore hanno intenzione di aprire qui una comunità (già da un certo tempo le suore lavorano lì, venendo a piedi da Mkiwa). Nel pomeriggio andiamo là per vedere questo luogo. La terra è nera, bruciata e screpolata, coperta di erba secca, in un modo fuori dell’ordinario, si presentano cespugli con grandi spine che qui crescono in abbondanza. Giungiamo alla casa che sta sorgendo in questo luogo, ci sarà la scuola materna e l’abitazione per le suore. È l’unico modo per garantire l’educazione ai bambini di Damaida, poiché, a motivo della distanza, certamente non andranno a Mkiwa. Intorno alla casa ci sono alcuni ettari del terreno, ricevuto dalle suore in base alla delibera delle autorità dello Stato, secondo la quale ogni abitante ha diritto di avere in proprietà un pezzo di terra. (Certamente è una forma di sostenere l’agricoltura e di aiuto alla gente). - Coltiveremo qui il granturco, il girasole e i fagioli – dice Sr. Rita. A poca distanza, continuano i lavori intorno al pozzo; sotto il sole cocente, l’operaio procede centimetro per centimetro a scavare la terra (circa 30 centimetri al giorno). Giudicando dal profilo geologico, dopo oltre una decina di metri di penoso e duro lavoro, ci vogliono ancora circa 6 metri e può darsi, che il lavoro venga coronato dal successo. In questa casa ci sarà anche la cappella, probabilmente intitolata alle beata Maria Teresa e a Sant’Orsola, realizzata dai fondi di un membro della famiglia Ledóchowski. Egli si è rivolto alle suore in Canada, dicendo di voler sponsorizzare una cappella dedicata ad entrambe le sante. Le suore hanno suggerito che ciò potrebbe essere in Tanzania. Prevede anche di collocare nella cappella il quadro con l’effigie di entrambe.

Il ritmo di vita a Mkiwa è determinato dal tempo della preghiera e del lavoro. La campana mattutina chiama alla meditazione alle ore 5:45. segue la Santa Messa, e poi le Lodi. Ogni giorno, a mezzogiorno, la comunità si incontra per la recita del rosario, e la sera – all’adorazione del Santissimo, ai Vespri e alla preparazione della meditazione, a voce alta, unita alla preghiera spontanea. Domenica è il giorno “inglese”, il giovedì invece, quello “italiano”, che significa che in questi giorni le suore sfruttano queste lingue nella preghiera comune. Nei giorni che restano, domina il swahili. Ogni venerdì c’è l’esposizione del Santissimo, dalle ore 12:00 alle ore 15:00, unita all’esame di coscienza.

Sabato, 11 ottobre, siamo dirette ad Itigi, distante circa 80 chilometri. All’inizio, la visita all’ospedale dove lavorano Sr. Incoronata ed alcune nostre suore. L’ospedale è infatti, un complesso autosufficiente, situato su alcune decine di ettari di terreno, con il proprio generatore di corrente, la stazione di servizio, la fattoria e le officine, che assicurano un adeguato funzionamento dell’insieme. L’ospedale è gestito dai missionari del Preziosissimo Sangue, può accogliere contemporaneamente alcune centinaia di pazienti. La nostra particolare gioia è il reparto di pediatria, che negli ultimi anni si è riusciti ad ampliare come un padiglione avente più ali, tutto è pensato in modo che i bambini malati possono stare qui insieme alle mamme; c’è la cucina e il refettorio (i pazienti si nutrono per conto loro), ed anche il bagno con il tetto mobile, che si più spostare (quando fa bel tempo le madri preferiscono lavare i figli e fare il bucato sotto il cielo aperto). Di particolare importanza sono le lezioni per le madri, da alcuni anni tenute da Sr. Incoronata, sul tema di una razionale alimentazione. Sono sostenute da lezioni dimostrative: come preparare i pasti, in quali proporzioni … Grazie a ciò – come dice Sr. Incoronata – difatti non ci sono più  casi di morte per denutrizione.  L’ospedale di Itigi è sostenuto in varie forme anche da esperte forze mediche. Attualmente viene realizzato il progetto di due anni di aiuto da parte dell’ospedale romano del Bambin Gesù che consiste in questo che, nell’ambito del volontariato, vengono qui i medici da Roma con contratti di tre mesi. Un aspetto molto importante dell’attività è il reparto di riabilitazione infantile, organizzato recentemente. Questa attività consolida una mentalità fondata sul rispetto per ogni uomo, anche per un bambino malato (nelle tribù, specialmente in quelle nomadi, in cui le persone invalide erano e sono trattate come un ingombro inutile). Dopo aver visitato l’ospedale torniamo alla nostra casa, dove si fa l’obbedienza, e poi anche il karibuni, cantato, con il quale le suore danno il benvenuto alla Madre e raccontano la vita e il lavoro della comunità.

Nel pomeriggio ci rechiamo in un’altra comunità di Itigi, all’ostello che gestiamo qui da alcuni anni. Come sempre, già lungo la strada ci salutano le suore con bambini e con i giovani, poi, cantando andiamo verso la casa. Dopo l’obbedienza e la preghiera in cappella, visitiamo l’ostello. Ci sono quattro sale con letti a castello (ciascuna sala di 16 posti), c’è anche un grande refettorio. Le ragazze pagano poco, principalmente in natura. Portano una quantità stabilita di prodotti alimentari, prima di tutto il granturco, il riso, i fagioli e l’olio. C’è tanta richiesta per i posti nell’ostello; i genitori sono tranquilli, quando la loro figlia abita dalle suore, perché nelle stanze private può capitare di tutto. Dal successivo colloquio con le suore, risulta che i problemi educativi non mancano neanche qui, come ovunque. Durante il karibuni, ogni gruppo ha un suo programma di canto e di danza, ricorrono frequentemente parole di gratitudine perché possono abitare qui e studiare tranquillamente. – Sulla maglietta di ogni alunna si può leggere: Itigi secondary school – education is key to success (Scuola media di Itigi – l’istruzione è la chiave del successo). Qui hanno questa possibilità. La vicina scuola esiste da alcuni anni (per ora ci sono le classi dalla I alla IV) e sarà estesa anche alle classi V e VI (cioè alla possibilità di ottenere il diploma di maturità). In Tanzania, conseguire la scuola media è veramente molto importante e apre la via all’istruzione superiore.

      Dopo i simpatici incontri con la gioventù e con le suore, torniamo a Mkiwa, portando con noi alcune suore – per gli incontri e gli esercizi spirituali annuali (prima delle cerimonie).

Domenica, 12 ottobre, andiamo alla Santa Messa nella chiesa parrocchiale, costruita nelle vicinanze della missione. Le suore hanno cura della chiesa, guidano i canti, curano la pulizia. Nel pomeriggio: la ricreazione con tutta la comunità – proprio per la domenica era stato spostato il solenne karibuni. Ognuno dei gruppi di formazione ha preparato un programma.  Anche la Madre condivide le notizie della Congregazione. La sera: l’adorazione del Santissimo Sacramento e i Vespri – iniziano gli esercizi spirituali di otto giorni, prima delle cerimonie. Nei primi tre giorni li guiderà Sr. Rita, nei rimanenti – la Nostra Madre.

Il lunedì, 13 ottobre, ci rechiamo a Issuna, distante circa 30 chilometri da Mkiwa. È qui dove le suore gestiscono la scuola professionale di taglio e cucito di tre anni. Ci sono oltre 40 alunni. Tutta la comunità è impegnata nell’insegnamento (oltre alle materie professionali ci sono anche quelle generali, tra esse la lingua swahili e l’inglese, l’economia, l’educazione civica ed altre). La fonte del reddito è anche la vendita dei prodotti realizzati nell’ambito del tirocinio, sia i capi d’abigliamento da cucire, come i maglioncini di lana (stiamo vedendo gli effetti del lavoro). La scuola cuce anche su ordinazione, per esempio le divise scolastiche. Al termine della scuola, gli alunni ottengono il diploma statale. Sembra che questo sia una buona preparazione alla professione e ad un’ulteriore istruzione, nonostante il fatto che di fronte alla riforma della scuola che è in atto (il cui scopo è una maggiore accessibilità alle scuole medie non professionali) è possibile che diminuisca il numero degli studenti. Una delle fondamentali difficoltà di questa zona è la mancanza dell’acqua, sebbene ultimamente la situazione sia migliorata, poiché è stata scoperta una sorgente nelle vicinanze (attualmente per prendere l’acqua bisogna percorrere a piedi “soltanto” alcune centinaia di metri – abbiamo visitato il posto anche noi). Bisogna assumersi la fatica di raccogliere nelle cisterne l’acqua piovana – e per lunghi mesi non piove … il problema dunque rimane. Mentre eravamo lì, cadde inaspettata una fitta, ma purtroppo breve pioggia, cosa che all’unanimità è stata interpretata come segno della benedizione divina. Come in ogni luogo, anche qui i giovani hanno preparato il karibuni, e per la loro gioia, nei loro balli si sono inserite anche le nostre suore.

Il karibuni si svolge in ogni luogo secondo un cerimoniale definito: le danze con il saluto, il rendiconto orale della vita della comunità, la consegna dei doni, il discorso della Madre e la consegna dei doni - ai bambini piacciono di più le caramelle (ne abbiamo portato con noi una valigia piena).

15 ottobre ci rallegriamo per le 15 nuove postulanti, la Madre le ha ammesse al postulato dopo la Santa Messa del mattino… Seguono: le foto di famiglia sotto la croce della missione.

16 ottobre, la Nostra Madre assume la guida degli esercizi spirituali. Durante la giornata, per due volte, si incontra con le suore degli esercizi spirituali nell’aula dello studio, nella casa degli ospiti. Il tempo che resta, trascorso in silenzio, è diviso tra la preghiera e l’aiuto nel lavoro, sebbene ridotto. Si nota lo spirito di raccoglimento. Per gli esercizi spirituali, oltre alle suore che si preparano alle cerimonie, vengono anche più di dieci suore di altre comunità.

Fa caldo, ma costantemente tira il vento, dunque percepiamo il clima come amichevole (inoltre la notte il clima è molto più fresco, favorendo il riposo). Le suore “promettono” che a Dar es Saalam, sotto questo aspetto sarà molto peggio. In questi giorni si celebra qui l’anniversario della morte del presidente Nyerere, il primo capo della Tanzania, dopo il ricupero dell’indipendenza. Da quanto racconta Sr. Incoronata risulta che egli godeva grande fiducia da parte della società, che aveva grandi meriti verso il paese, specialmente nel campo della formazione dello stato e dell’unità. Inoltre si sottolinea la testimonianza della sua vita personale – onesta e povera. Era cattolico e c’erano perfino delle voci a favore dell’inizio del processo di beatificazione.

Siamo al corrente delle notizie dal mondo ed anche dalle altre comunità (è il beneficio dell’internet). Venerdì, 17 ottobre, si aggiunge a noi signora la Teresa, un’italiana, venuta la sera da Dodoma. È la conoscente di uno dei missionari, ed è arrivata in Tanzania, per vivere più da vicino la vita e il lavoro missionario in Africa (ed anche le concrete necessità), sarebbe anche disposta ad impegnarsi nell’aiuto (un anno fa ha perso il marito, i figli sono già sistemati). Rimarrà per qualche tempo a Mkiwa. Di professione è insegnante, dunque può darsi che si riuscirà ad organizzare corsi di lingua italiana nell’asilo infantile e per le suore (lo studio delle lingue, specialmente dell’inglese e dell’italiano sembra essere una questione molto importante per un’ulteriore istruzione, ma anche in considerazione di un più ampio accesso alla letteratura spirituale e le possibilità di una maggiore comunicazione all’interno della Congregazione).

18 ottobre, insieme alla Madre facciamo la gita al vicino pozzo, da cui la gente del circondario attinge l’acqua (noi abbiamo il pozzo sul terreno della missione). Sull’altopiano di granito, in un fosso di alcuni metri, sorto in modo naturale, sgorga la sorgente; naturalmente l’acqua che esce è torbida, ma si può usarla; la gente l’attinge nei secchi e la porta nelle proprie capanne. Un elemento inseparabile del paesaggio sono i termitai, che assumono varie forme e a volte raggiungono perfino alcuni metri di altezza. Specialmente sui terreni più secchi le termiti sono fastidiose, la vegetazione e anche gli alberi vengono da esse lentamente distrutti.

19 ottobre, domenica missionaria. Il nostro sacerdote purtroppo è malato, perciò invece della Santa Messa c’è la celebrazione eucaristica, prima nella nostra cappella e dopo nella chiesa parrocchiale. Allo stesso tempo è la giornata degli esercizi spirituali dedicata alla figura di Sant’Orsola. Nel pomeriggio facciamo la proiezione di una presentazione (preparata in occasione della canonizzazione), divenuta l’ispirazione per la condivisione delle riflessioni e ha provocato delle domande. Nella conversazione tocchiamo il mistero della divina volontà (nel contesto della domanda se Madre Orsola aveva pensato di fondare la Congregazione), parliamo degli elementi principali del carisma: penitenza e amore, apostolato del sorriso, impegno nel quotidiano; le suore pongono anche domande dettagliate riguardanti la biografia di Sant’Orsola. È stato uno scambio  molto prezioso che può ispirare.

La sera del 20 ottobre, la Santa Messa, durante la quale sette suore rinnovano la professione. Il cappellano è ancora assente, ma lo sostituisce un altro sacerdote, il quale anche all’indomani celebrerà le cerimonie.

Il 21 ottobre, nella solennità di Sant’Orsola, vergine e martire, quattro suore emettono la professione perpetua. Dopo il discorso e la benedizione della Madre in casa, andiamo in processione in cappella… Il cerimoniale ci è noto da Pniewy. Sr. Digna cura il canto, ci sono le famiglie delle suore, e noi tutte con la Nostra Madre accompagniamo le suore in questo giorno, che è il più importante per loro; ci sono anche i bambini del vicinato (sia in cappella, sia fuori di essa; oggi, a motivo della festa, dalle suore sono sospese le lezioni a scuola). Durante l’omelia il sacerdote parla tra l’altro della grandezza e dell’importanza dei voti, dell’identificarsi con il carisma, del nostro compito che è quello di crescere, ma anche  aiutare gli altri nel cammino verso la santità; bisogna aver il coraggio di confrontarci con la debolezza, bisogna lasciare posto a Gesù, affinché Lui possa parlare per mezzo nostro… Ciascuna delle suore, dopo aver pronunciato la formula dei voti, viene premiata dai partecipanti alla liturgia, con un’ovazione, e alla fine i loro cari mettono al collo delle suore corone decorate e variopinte. La Nostra Madre pronuncia anche parole di fiducia e di incoraggiamento alla corresponsabilità per la vita e la missione della Congregazione. Alla Santa Messa seguono gli auguri e le foto con le consorelle e le famiglie, poi il pranzo e la continuazione della festa. La sera ci rechiamo in processione al cimitero, oggi è l’anniversario dei voti di Sr. Pascalina…

22 ottobre, sin dalla mattina la riunione della Nostra Madre con le responsabili delle comunità e delle opere; sono presenti anche le suore, che nel prossimo futuro assumeranno qualche compito particolare, come per esempio Sr. Febronia (aiuterà Sr. Mary nel lavoro del noviziato). All’inizio, la Nostra Madre sottolinea l’importanza del servizio delle responsabili, che sono il futuro della Congregazione in Tanzania, poiché il domani dipende dalle suore di oggi. La Madre, riportando rispettivi punti delle Costituzioni, parla dell’importanza del servizio delle superiore: esse stesse devono conoscere bene il carisma e viverlo, per poter insieme alle suore nelle comunità realizzarlo nella vita quotidiana. È necessario porsi la domanda: che cosa Dio attende da noi oggi? La nostra risposta deve essere concreta. Le Costituzioni ci insegnano il modo di mettere in pratica il carisma. Ci indicano la strada verso la santità sul modello della nostra Madre Fondatrice. Citando le Costituzioni, la Madre parla anche dei compiti della superiora della comunità, della collaborazione con le suore e con la superiora del centro, degli ambiti di responsabilità: per la dimensione spirituale, quella comunitaria, quella apostolica e quella amministrativa di una comunità locale… La seconda parte della riunione è dedicata alla condivisione delle notizie dalle comunità e alle risposte alle domande, riguardanti tra l’altro, lo stile della nostra vita, le relazioni all’interno della comunità. Le suore chiedono alla Madre l’opinione riguardo a varie situazioni della vita e a vari problemi. Su loro richiesta la Madre illustra il lavoro della superiora generale e del governo.

23 ottobre. Nella mattinata c’è stata la riunione del consiglio allargato, dedicata alla valutazione dello stato in cui trova il Centro Tanzanese e ai piani per il futuro.

      Sembra che entrambi gli incontri, vissuti in un’atmosfera fraterna, abbiano portato molti frutti buoni, molte ispirazioni e piani concreti e risoluzioni da realizzare.

24 ottobre. Visitiamo due comunità. Prima ci rechiamo a Diagwa. Ci è sempre difficile abituarci al paesaggio e a credere che durante il tempo delle piogge i cespugli grigi, secchi e coperti di polvere, che si estendono per chilometri lungo la strada, sono veramente verdi. Nello spazio di molti chilometri continuano gli intensi lavori stradali: stanno sorgendo due vie asfaltate: una dall’ovest verso l’est, e l’altra: dal nord verso il sud; si incrociano nelle vicinanze di Mkiwa.. Questo lavoro essenziale farà sì che le strade accidentate e coperte di polvere, si trasformeranno in autostrade, cosa che senza dubbio si tradurrà nello sviluppo in altri campi. Già adesso si può notare che nei posti dove è stato sparso l’asfalto, in prossimità di città più grandi, il livello di vita si sta alzando. A Diagwa ci salutano decine di bambini di diversi gruppi gestiti dalle suore (lo sappiamo dalle divise che indossano): scuola materna, gruppo missionario, gruppo papale, figli di Maria… Ci attende uno spettacolo; ogni gruppo  ha preparato il karibuni. Ci sono anche i doni e le caramelle per il finale. Nel vicino seminario minore, abbiamo anche un incontro con i sacerdoti, principalmente sul tema della costruzione della nuova casa per le suore e per l’asilo infantile, che procede piuttosto lentamente (visitiamo questi edifici dei quali, dopo alcuni anni, rimangono sempre soltanto le pareti, e nel frattempo le suore abitano in condizioni estremamente povere, e nelle stesse accolgono i bambini, che sono una quarantina). Le suore, nonostante l’intenso lavoro apostolico, coltivano anche oltre una decina di ettari di terra (granturco, girasole, cipolle), allevano gli animali (capre, galline). Partiamo sotto l’impressione della povertà di questo luogo, di riconoscenza verso le suore che lavorano qui. I bambini ci accompagnano fino alla fine della nostra presenza a Diagwa e ci salutano cordialmente.

La seconda comunità che visitiamo lo stesso giorno è Singida, capitale della provincia dello stesso nome. Qui a loro volta, abitano le suore, che stanno completando la loro istruzione, abbiamo anche alcune camere per gli ospiti… Il karibuni è stato preparato dai giovani del gruppo di preghiera della parrocchia (ci hanno atteso per alcune ore). Hanno presentato un programma estremamente esuberante e l’hanno fatto semplicemente in strada, davanti alla casa, attirando l’attenzione di casuali osservatori. In seguito abbiamo visitato la casa e l’orto, per un momento è venuto anche il parroco. La conversazione a tavola è stata dedicata alle questioni riguardanti la Congregazione e la vita della comunità. La sera torniamo a Mkiwa.

Il vento, sempre presente su questo altopiano, è cessato e ormai da alcuni giorni continua questo silenzio nefasto; il mulino a vento è fermo immobile, il che significa che dal pozzo non si attinge l’acqua… le suore hanno ormai cominciato ad usare le riserve accumulate nelle cisterne. Per fortuna, dopo alcuni giorni, tutto è tornato nella norma.

25 ottobre. Ci incontriamo in un gruppo meno numeroso, per discutere le questioni riguardanti il personale e le cerimonie previste per il mese di gennaio. Per motivi pratici, le suore vogliono trasferire gradualmente le cerimonie religiose per i giorni 5 e 6 gennaio. Stiamo preparando e discutiamo il promemoria concernente le formalità unite alla documentazione, specialmente quella riguardante il personale. Domenica, manca il sacerdote, perciò al termine dell’adorazione serale riceviamo la Santa Comunione. La sera dello stesso giorno un evento sensazionale: vicino c’è un serpente! La caccia viene coronata dal successo: vediamo un kifutu (uno dei serpenti più velenosi) disteso sul cemento con la testa fracassata. Una strana impressione…

27 ottobre, visitiamo la successiva comunità, quella di Sukamahela. Abbiamo accettato il lavoro qui, su invito dei missionari del Preziosissimo Sangue, i quali si sono assunti la cura delle persone guarite dalla lebbra, costruendo per loro un villaggio di piccole case. Come dappertutto, ci salutano le suore, i bambini, gli adulti del villaggio. Come sempre ha luogo il karabuni: balli, canti, doni… presso la cappella opera il coro per gli adulti intitolato a Sant’Orsola, anch’esso presenta il suo programma. Segue l’incontro con le suore, il racconto sulla vita e sul lavoro della comunità. La Santa Messa nella nostra cappella c’è circa una volta al mese (nel territorio della parrocchia ci sono 30 cappelle e due sacerdoti, che ci raggiungono quando è il loro turno). Il giorno della Santa Messa è anche quello del ritiro mensile e della confessione. Nelle altre domeniche, secondo il permesso del vescovo, le suore hanno le celebrazioni eucaristiche. Le suore fanno il catechismo ai bambini, preparano la gente ai sacramenti, fanno le visite nelle case. Non ci sono casi di  lebbra, anche i bambini sono sani. Le suore si interessano molto della vita della Congregazione, la Madre dunque trasmette loro le notizie dalle nostre comunità.

29 ottobre, lasciamo Mkiwa e ci rechiamo verso l’est, nella direzione di Dodoma, ci attendono alcune centinaia di chilometri di diverso tipo di strade – per la maggior parte asfaltate, ma anche quelle accidentate. Il paesaggio cambia lentamente; per alcune decine di chilometri attraversiamo la terra dei baobab, alcuni sono davvero giganti, attorcigliati in stranissime forme… su alcuni si vedono dei fiori belli e grandi … Dopo circa due ore e mezzo scendiamo lungo una serpentina nel fondo della Rift Valley; all’orizzonte, da entrambi i lati le catene di montagne e il paesaggio di savana: grandi superfici erbose, in mezzo alle quali ogni tanto appaiono degli alberi. Lungo la strada, di tanto in tanto si incontrano dei piccoli “negozietti” con ortaggi e sacchi di carbone di legna (sfruttato nelle cucine di casa). Arriviamo a Dodoma nel tardo pomeriggio. Prima passiamo il movimentato centro, e poi, all’inizio della strada che porta alla nostra casa, ci salutano le suore e una grande schiera di bambini. Tra loro ci sono due ragazze dall’Austria, venute per alcune settimane per offrire aiuto come volontarie. Veniamo vestite con fazzoletti, con le corone e con le kanghe, e a capo del nostro corteo viene portata su un lungo pennone una piccola bandiera bianco-rossa – un momento commovente… Ci salutano due bambine di tre anni: piccola Orsola e Grace – con fazzoletti bianco-rossi sul capo (non ci lasciano per tutto il tempo dei saluti e della visita). Al cancello la Madre taglia il nastro e tutti entrano nel territorio della casa dei bambini, e poi, nel padiglione di nuova costruzione (grazie all’aiuto materiale degli amici dell’Europa e dell’America); l’ampliamento dello spazio abitabile era stato dettato dalla necessità di separare gli adolescenti ragazze e ragazzi. Attualmente ci sono 51 bambini, di cui 14 sono portatori del virus HIV o malati di AIDS.

Il bambino più piccolo ha un anno e quattro mesi, e la più grande è una ragazza di 18 anni. Visitiamo il refettorio, la cucina, le camere da letto delle ragazze e dei bambini piccoli, la grande cappella-oratorio. Alle ore 19:00, come ogni sera, i bambini si radunano davanti alla statua della Madonna, per la recita del rosario, guidato a turno da loro stessi. È commovente il vedere come i bambini più grandi si occupano di quelli piccoli. Alla recita del rosario segue la cena in comune, nel refettorio, e dopo: il programma artistico – il karibuni eseguito da singoli gruppi. Questa volta domina la lingua inglese. Nei testi cantati colpiscono i numerosi riferimenti al carisma di Sant’Orsola, in modo particolare all’apostolato del sorriso… Chiudiamo la serata consumando il dolce, portato dentro, come sempre, in modo solenne con canto e ballo. All’indomani visitiamo l’ambulatorio tenuto molto bello, l’orto e la fattoria (circa 10 ettari di terreno, mucche, maiali, cani). Camminiamo lungo il viale degli alberi, che all’inizio dell’esistenza della casa piantò Sr. Aniela Bia³a. Faccio le foto a tutti i bambini (tutti sono inseriti nel progetto della cosiddetta adozione a distanza, le foto sono destinate alle “famiglie” in Europa). Nel pomeriggio – incontro con le suore e la nostra attenzione si concentra sui problemi, tra gli altri quello del come garantire ai bambini, che infatti diventano ormai grandi, un futuro degno e stabile. Le suore fanno anche domande sulla Congregazione, sono interessate alla questione delle vocazioni e alle altre opere delle orsoline, simile a questa. Le suore affrontano i problemi educativi che si presentano. E di nuovo parliamo delle questioni fondamentali per la nostra vita: la formazione, la preghiera, l’unione con Dio, il lavoro per i poveri e bisognosi, la missione della Congregazione.

31 ottobre, la mattina, andiamo a visitare la missione dei padri missionari del Preziosissimo Sangue e il P. Timothy ci accompagna a visitare l’imponente centro. Si attuano lì progetti di diversi tipi, di cui due meritano l’attenzione. Il primo è CPPS Mission Water Project, cioè il progetto, attuato sin dall’anno 1976, rivolto alla ricerca d’acqua e la costruzione dei pozzi. Nei pressi di Dodoma e di Singida sono stati costruiti oltre 700 di tali pozzi (tra gli altri quello di Mkiwa). La seconda iniziativa, straordinariamente preziosa, è la scuola elementare in lingua inglese, aperta qui due anni fa. Sono stati costruiti dei padiglioni estetici e spaziosi, nei quali sono sistemate le classi  e tutto il retroterra: gli uffici, la cucina, servizi sanitari… Per ora funzionano l’asilo infantile e la I e la II classe. Dal prossimo gennaio comincerà funzionare la classe III. Il livello dell’insegnamento è alto, la retta è minima, per poter dare l’occasione al più grande numero possibile di bambini di conseguire l’istruzione. È la scuola che frequentano i nostri bambini. Inoltre i padri hanno una scuola professionale e anche a questa sono stati ammessi i ragazzi della nostra casa (con orgoglio mostrano il documento d’ammissione). Siamo impressionate dal genio organizzativo, che ha permesso di progettare un centro di questo genere. Per l’ennesima volta si può affermare che i missionari trasformano in concreto aiuto all’uomo il denaro che ricevono, e ciò nella dimensione sia umana che evangelica.

Nel pomeriggio lasciamo Dodoma e salutate con la frase safari njema (buon viaggio) continuiamo il viaggio verso l’est, per giungere, dopo i 250 chilometri, a Morogoro. Man mano che ci avviciniamo alla città c’è sempre più verde, sono sempre più numerosi piccole cittadine e i villaggi (e il commercio lungo la strada); sempre più numerose le capanne e le case più vicine allo stile occidentale: sono più grandi e costruite in modo più solido, coperte con la lamiera, con tetti obliqui… Ovunque invece si può vedere la stessa immagine: una donna con il bambino sulle spalle, che porta i pesi sul capo, non di rado un sacco di granturco o di riso, un fascio di legna, un secchio d’acqua. Gli uomini portano i pesi più grandi sulle biciclette, che sembrano essere qui il principale mezzo di trasporto.  Raggiungiamo la meta del nostro viaggio, troviamo la nostra casa di Morogoro-Kola. È una casa costruita in forma quadrilatero con il cortile interno. Comprende la cappella, il refettorio e la cucina, le camere delle suore, alcune camere per gli ospiti. Dopo un attimo di saluti, andiamo in cappella per l’obbedienza e per la preghiera, segue la cena e il karibuni. Forse per la prima volta in Africa cominciamo a sentire il disagio della calura, poiché l’umidità dell’aria è molto alta. Inoltre di notte danno fastidio le zanzare, ma si può usufruire della tenda antimosquito, di cui ogni letto è attrezzato. 1 novembre, solennità di Tutti i Santi, andiamo alla Santa Messa nella cappella del vicino convento dei francescani conventuali. Abbiamo una gradita  sorpresa: nella comunità ci sono tre polacchi, con cui parliamo per un momento. Nel pomeriggio ci rechiamo in un’altra comunità, nella parrocchia di Santa Monica; qui: l’obbedienza e un attimo di preghiera, il pranzo comune e il karibuni dei bambini e dei giovani del gruppo degli amici di Sant’Orsola. In seguito visitiamo la chiesa e la scuola materna. Rimaniamo impressionate da una casa, una specie di pensionato, dove abitano i ragazzi della scuola elementare, provenienti dalle località più lontane, praticamente senza alcuna tutela… sembra necessario che ci prendiamo cura di questi bambini (le ragazze abitano in una piccola stanza presso la nostra casa e sono già circondate di cura). Questo ci dà l’ispirazione ad una conversazione su come dovrebbe essere il nostro lavoro per i poveri, che cosa esige da noi il nostro carisma e la nostra consacrazione. Le suore lavorano nella scuola materna e nella scuola elementare, fanno catechismo, ma riflettono a voce alta che cosa ancora possono e devono fare per i bambini…

Facciamo anche il previsto colloquio con il sacerdote, viceparroco della parrocchia cattedrale, il quale ha intenzione di organizzare una scuola media e chiede l’aiuto nella gestione di essa; guardiamo i lavori di costruzione che vanno avanti e ci lasciamo con il proposito di tornare su questo tema, quando i lavori saranno terminati. Nel tardo pomeriggio facciamo ritorno a Kola. Il giorno dopo è la festa di Tutti i fedeli defunti. Veniamo a sapere dai francescani che a Morogoro si trova una piccola necropoli dei polacchi, che venivano dalla Siberia con l’esercito del generale Anders attraverso l’Africa e che rimasero qui ormai per sempre. Con una certa difficoltà riusciamo a trovare questo cimitero (prima prendiamo parte ad una funzione in un altro cimitero, con la partecipazione del vescovo). È un campo di alcune tombe, separato e ben curato… dopo la preghiera torniamo a casa. Nel pomeriggio: l’incontro con le suore. Su richiesta loro, la Madre racconta la vita della Fondatrice, poi segue la conversazione riguardante i particolari della sua biografia, il processo della canonizzazione, la Congregazione, i modi di realizzare il carisma e di imitare la Fondatrice. Chiudiamo la giornata con la preghiera e la cena comune. All’indomani, 3 novembre, partiamo presto la mattina verso Kisawasawa. È l’ultima comunità che la Madre visita durante il suo viaggio. La strada (circa 50 chilometri) passa tra l’altro attraverso il parco nazionale, dove si possono vedere gli animali africani che vivono allo stato selvaggio. Infatti, vediamo le giraffe, le zebre, le antilopi, le scimmie e i cinghiali, faccio perfino le foto, ma è difficile resistere all’impressione che gli animali ormai non sono tanto selvaggi, alcuni posano per la foto (o forse aspettano il panino?). raggiungiamo la meta dopo alcune ore, attraversando le piantagioni di canna da zucchero, di riso, di palme di cocco e di banane, che si estendono per i chilometri. È il beneficio che l’acqua porta con sé. Quando entriamo nel villaggio, ci viene incontro un gruppo di suore con bambini e ci conducono a casa cantando; Ci viene incontro anche il parroco della parrocchia, un sacerdote che ha studiato nel seminario in Italia; sarà anche lui a presiedere alla cerimonia nella sala parrocchiale; è stata una cerimonia eccezionale, indipendentemente dalle esibizioni dei bambini, imponenti come sempre, poi i discorsi del parroco, del capo delle autorità locali, di un rappresentante dei parrocchiani. C’erano abbondanti doni e il rito di vestirci nelle kanghe. In tutti gli interventi spesso appariva un tema, quello della gratitudine per la presenza delle suore e per il loro lavoro. E veramente non c’è in questo esagerazione: le suore insegnano in due scuole elementari e due medie, gestiscono la scuola materna, una lavora nell’ambulatorio, un'altra si occupa della sagrestia e cura la chiesa; hanno inoltre organizzato alcuni gruppi di bambini e di giovani, funziona anche il coro parrocchiale. Insieme ai bambini coltivano l’orto, che è la base del mantenimento di una casa per i bisognosi, costruita dal parroco.

Alla fine del karibuni, la Madre ringrazia per i doni, per la benevolenza verso le suore, parla del carisma di Sant’Orsola, dell’importanza dell’impegno nell’annuncio del Vangelo e nella trasmissione ad altri dell’amore di Dio. Nel pomeriggio il colloquio comune con le suore. Questa volta il tema principale è la comunità. Parliamo dell’apostolato, ma anche dell’importanza di costruire la comunità, della premura per la vita interiore, dell’identità di un’orsolina… Ancora un attimo di colloquio con il parroco e il ritorno a Morogoro (questa volta nel parco nazionale Mikumi riusciamo a vedere gli elefanti, non troppo interessati alle autovetture che passano).

      Il giorno dopo andiamo per la Santa Messa al convento dei cappuccini (questa volta la liturgia è in inglese), e dopo la colazione visitiamo un centro dei salvatoriani (c’è qui l’università, ma vengono anche organizzati corsi di qualificazione di diversi tipi). Visitiamo un centro dei missionari del Preziosissimo Sangue (come sempre magnificamente organizzato), e nel pomeriggio usciamo per una piccola passeggiata nei dintorni, in questo quartiere ci sono alcune scuole, segnalate da tavole-segnali stradali. Il giorno dopo, 5 novembre, dopo la Santa Messa, carichiamo la macchina e partiamo per Dar es Salama, sull’Oceano Indiano, e da lì, nella direzione dell’Europa. All’aeroporto incontriamo ancora un conoscente italiano, Alessandro, da alcuni anni impegnato nel progetto dell’apertura delle stazioni di Radio Maria italiana, nel territorio dei paesi africani.

      Il giorno seguente lasciamo l’Africa. Nel pomeriggio atterriamo a Roma, guadagnando due ore di tempo, perché l’Europa già ha fatto in tempo a rientrare nell’ora solare.

                                                                              testo elaborato da Sr.Anna Fidor