SUPERIORA GENERALE DELLE SUORE ORSOLINE SCGA
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Varsavia, 5 dicembre 2006
Amate Suore,
In questa mia vorrei descrivervi il viaggio in Tanzania, che abbiamo fatto con Sr. Giulia Esposito, dal 30 ottobre al 20 novembre di quest’anno, e parlarvi degli incontri con le Suore che stanno lì.
Come ricordate, prima di questo viaggio, abbiamo avuto a Roma la riunione del consiglio generale, allargato alle superiore dei paesi europei. Uno dei temi della riunione era la questione riguardante il personale nell’Africa e nel Sud America, dove l’anno scolastico volge al termine e le Suore si stanno preparando alle iniziative estive. Abbiamo discusso anche dei preparativi al XV Capitolo Generale (la data, l’elezione delle delegate, la preparazione spirituale), ma di questo vi scriverò in seguito. Tornata dall’Africa ho visitato le case in Italia, specialmente Scauri ed Isernia, e sono stata negli uffici della Sede Apostolica per sbrigare le pratiche della Congregazione (tra l’altro, l’approvazione dei testi liturgici riguardanti Sant’Orsola Ledóchowska) e alla Conferenza dei Superiori Maggiori. L’ultimo giorno di novembre sono tornata a Varsavia.
Questa volta per andare in Tanzania, fino ad Addis Abeba e quindi a Kilimangiaro, abbiamo preso le Ethopian Airlines, trovate da Sr. Giulia. Ciò significa un volo molto più breve (soltanto 7 ore, invece con la Swissair di solito, impiegavamo da 12 a 14 ore!) e un clima adatto sin dall’inizio. L’aereo era strapieno di persone di colore, vi erano tutte le sfumature del colore della pelle, da quella bianca (eravamo una minoranza), al caffelatte, varie sfumature di color marrone fino a quella nerissima. Addis Abeba è infatti ora come un aeroporto di crocevia per i numerosi viaggiatori che si recano in Africa e nella Penisola Araba. Ad Addis Abeba abbiamo aspettato tre ore e poi, ormai velocemente, dopo un volo di due ore, siamo atterrate all’aeroporto Kilimangiaro ai piedi del famoso monte.
Ci attendevano Sr. Rita e Alessandro (volontario italiano che ci aiuta nel lavoro) e dopo i gioiosi saluti siamo partiti verso casa. Devo aggiungere che dalla mia ultima visita queste “case” si sono moltiplicate e perciò anche il programma di viaggio era studiato in modo da visitare tutte e di farlo in un lasso di tempo già prestabilito. Già all’inizio del viaggio abbiamo veduto paesaggi completamente diversi da quelli a cui eravamo abituate. Il maestoso monte, con le nevi eterne, era circondato da una magnifica flora tropicale e da campi coltivati. La giornata era piuttosto piovosa e ogni tanto la cima veniva avvolta da dense nebbie, ma ogni tanto mostrava la propria maestà (specialmente nel pomeriggio e durante la notte).
La prima tappa del viaggio è stata una località di nome Mweka, situata sul versante del monte, all’altezza di circa 1000 metri sul livello del mare, distante oltre dieci chilometri da Moshi, una delle principali città della Tanzania. Il signor Cosmo di Moshi, fratello di una delle nostre Suore, colmo di sollecitudine per i bambini, ha deciso di costruire un centro educativo, nel quale ci siano le scuole, dalla scuola materna e fino a quella media, e perfino – Dio permettendo – una casa per i bambini abbandonati. Ci ha invitato alla collaborazione, preparando per noi una casa e un piccolo lotto di terreno e chiedendoci di gestire per ora la scuola materna. Abbiamo accettato la proposta e, con il consenso del vescovo locale, abbiamo iniziato il lavoro il 30 novembre 2005. Durante la visita a Mweka ci siamo incontrate con i bambini della scuola materna, che hanno preparato per noi un magnifico karibuni (saluto) ed abbiamo ascoltato una lezione fatta con grande disinvoltura da uno dei bambini. Mi sono incontrata anche con le Suore che lavorano in quella comunità. La mia visita in Tanzania ha avuto anche carattere di visita canonica, benché atipica in considerazione della lingua. Ce la siamo cavata in qualche modo, con l’aiuto degli interpreti.
Già il primo giorno sono venuti a farci visita il signor Cosmo con la moglie e i figli, e il giorno successivo i genitori di Sr. Grace, molto gentili. Un sacerdote amico ci ha fatto vedere la parrocchia e il seminario, distanti da noi pochi chilometri. Grazie a ciò le Suore hanno nella loro cappella la S. Messa alcune volte la settimana. Il territorio sul quale abitiamo è molto fertile e abbonda di acqua che scende dalla montagna (anche noi abbiamo un nostro ruscello privato!), c’è ormai un bel orto pieno di fiori e di ortaggi. Intorno a noi molte migliaia di ettari sono occupati dalle piantagioni di caffè.
Il viaggio successivo (con il ritorno notturno a Mweka) l’abbiamo fatto per visitare la nostra più giovane comunità della Tanzania, che esiste dal 15 agosto 2006 e si trova a Rombo – dal lato opposto del monte Kilimangiaro. La distanza è breve, circa 40 chilometri, ma la strada in salita è così faticosa e difficile che abbiamo impiegato oltre due ore. Si dice che anche da qui si vede il Kilimangiaro, ma a causa della giornata nuvolosa, non abbiamo avuto questo piacere.
Qui abbiamo un centro per bambini abbandonati (una situazione completamente nuova in Tanzania), costruito da un facoltoso tanzanese di Moshi, il quale vuole prendersi cura degli orfani. Tutto il centro è stato ideato molto ragionevolmente: alcune case per i bambini (tutti insieme circa 140), fabbricati che assicurano la base economica, la scuola materna, l’ambulatorio medico, la casa per il personale medico e l’abitazione delle Suore. In questo momento ci abitano alcune Suore, i medici (una coppia olandese), il personale infermieristico, quello educativo e quello ausiliare. Il compito delle Suore è il coordinamento del lavoro. Per ora i bambini sono pochi, soltanto otto, ed ognuno ha una storia tragica. Ultimamente la polizia ha portato una bambina di due mesi, trovata semplicemente per strada, probabilmente lasciata là dalla madre. La bambina è stata salvata con difficoltà. Abbiamo anche due gemelli di quattro anni, inseparabili, orfani, contagiati con l’AIDS. Il proprietario del centro volentieri lascerebbe a noi tutto, ma per adesso non ci sentiamo abbastanza forti, per assumere la responsabilità di tutta l’opera. Bisogna attendere ancora.
La fine del soggiorno in questa bella parte della Tanzania è stata la visita fatta all’ordinario della diocesi a Moshi, Mons. Amedeus Msarikie, il quale ha espresso la sua gioia per la presenza delle Suore nella sua diocesi e la speranza che il loro lavoro sia buono e fruttuoso. Noi invece abbiamo ringraziato per averci accolte nella diocesi.
Il 3 novembre abbiamo lasciato Moshi. Man mano che ci allontanavamo dalla città, cambiava anche il paesaggio; da quello pieno di verde e di varietà, siamo passate in un territorio piano, secco (qui sta terminando la stagione asciutta e si attendono le piogge) e monotono nel suo grigiore. Abbiamo attraversato le cosiddette steppe dei Massai, abbiamo visto i loro insediamenti, composti di casupole circolari, fatte di argilla, accanto alle quali si vedeva pascolare un po’ di bestiame (mucche, pecore), il più spesso sotto la sorveglianza dei bambini, anche gli asini e perfino i cammelli. Finita la strada asfaltata è iniziato il minideserto: campi seccati, baobab e grandi ombrelli dell’albero tipico di qui, che il Signore ha dato alla gente dell’Africa, per poter trovare ristoro all’ombra. Dappertutto anche tanta polvere, che verrà lavata soltanto dall’attesa pioggia. Ci siamo fermati per un’ora nella nostra nuova comunità a Singida, esistente dal mese di luglio 2006. Le Suore hanno comprato qui una piccola casa nei pressi della curia vescovile, perché possa servire durante i soggiorni a Singida (è la città, sede della nostra “provincia”) e dei viaggi verso il nord. Ora ci sono due Suore, ma probabilmente ce ne saranno di più, poiché Singida offre anche la possibilità di frequentare la scuola media e di sperare nel lavoro parrocchiale. La casetta, molto modesta, è stata adattata alle nostre necessità e le Suore hanno già fatto in tempo a sistemare l’orto. Qui abbiamo iniziato una serie, questa volta piuttosto numerosa, di piantagioni di alberelli, in memoria del nostro soggiorno.
Verso la sera, ma ancora con la luce del giorno, siamo giunte a Mkiwa. Una parte del viaggio da Singida l’abbiamo avuta molto buona, è stata costruita, infatti, una bella strada asfaltata lunga oltre 20 chilometri. Aggiungo, per ricordare che nell’Anno Giubilare del 2000, la Tanzania si era trovata tra i paesi a cui era stato condonato il debito estero, sotto condizione però che il denaro destinato all’estinzione del debito sarebbe stato investito nella costruzione di strade, di scuole e di ospedali. Si vede che qui ciò è stato preso sul serio. La strada viene costruita da due ditte estere: una cinese, l’altra giapponese.
A Mkiwa, già sulla via principale ci attendevano i cortei d’onore (i bambini, i giovani, le donne del villaggio, e perfino il nostro guardiano vestito da soldato, e due poliziotti), i quali al suono dei tamburi e dei pifferi hanno accompagnato la macchina fino al nostro cancello. Lì le Suore aspettavano, tra loro c’erano Sr. Incoronata e Sr. Mary, che ci hanno dato il benvenuto con il pane e il sale e ci hanno consegnato un’enorme cesta di frutti del nostro orto. Con questi doni ci siamo recati in cappella, per rendere grazie a Dio per il felice viaggio e per le grandi cose che fa per noi e con noi in questa terra.
Nella nostra casa principale di Mkiwa, attualmente abitano circa 80 persone, incluse le candidate e le postulanti. Per quanto riguarda il lavoro non ci sono grandi cambiamenti a Mkiwa. Le Suore hanno una scuola materna (circa 140 bambini), una delle Suore lavora nella scuola locale come insegnante, l’ambulatorio è sempre attivo.
Durante la nostra presenza c’è stato il controllo dei bambini nati nell’ultimo anno (la misurazione, il peso, la verifica dello sviluppo…); sono anche nati due bambini.
Veniva molta gente chiedendo di essere curata. Gli ultimi due anni sono stati molto difficili perché c’è stata poca pioggia e la gente soffre la fame. Ogni giorno le Suore danno il pranzo ai bambini della scuola che abitano troppo lontano per poter tornare a casa durante l’intervallo di mezzogiorno. Ogni giorno viene anche a pranzo un gruppo di donne anziane. Inoltre, come prima, le Suore continuano il corso di cucito per le donne e dirigono alcune associazioni per i giovani. Una volta la settimana i giovani possono venire da noi “al cinema” (per vedere i film dalle videocassette, proiettati sullo schermo del televisore). Funziona ancora un piccolo mulino e poiché quello locale è guasto, vengono numerose persone. Inoltre occorre tenere in ordine l’orto e il frutteto (papaie, banane e altri frutti tropicali), ettari di campi, accudire la mucca (grande, europea), e quasi novanta maiali (allevati per uso proprio e per venderli) e una cospicua mandria di capre, di pecore e di montoni (senza dimenticare una schiera di cani che custodiscono la proprietà specialmente durante la notte). La comunità ha molto da fare! Ogni gruppo in quest’opera ha assegnati i propri compiti e la propria responsabile. Quest’anno 14 postulanti hanno iniziato il noviziato ed insieme al noviziato del secondo anno costituiscono un gruppo numeroso sotto la guida di Sr. Mary. Le professe perpetue (sono ormai oltre quaranta) e le iuniores lavorano ormai in altre comunità. L’insieme è circondato dai fiori; da lontano si vede dunque un insediamento sereno e pieno di colori. Si può dire letteralmente che il deserto (piuttosto la savana) è fiorito.
A Mkiwa è stata già terminata la costruzione degli edifici (tutti insieme sono 14!); attualmente quasi tutti hanno un alloggio decente e comodo, benché molto modesto. C’è anche una casa per gli ospiti, in questo momento abitata soltanto da Alessandro.
A Mkiwa non sono naturalmente mancati il karibuni delle Suore e alcuni incontri dedicati a vari problemi, come anche alcuni colloqui personali. Anche le Suore erano interessate alle notizie di tutta la Congregazione. Ho constatato (anche se ne ero al corrente, ma non me ne rendevo conto), che abbiamo ormai sette Suore (le più giovani fanno il noviziato) provenienti dal Kenia e desiderose che la Congregazione intraprenda il lavoro anche nel loro paese… Abbiamo avuto anche la riunione del consiglio del centro, per discutere i problemi correnti, per trasmettere le notizie della riunione del consiglio generale, per programmare varie iniziative. Abbiamo partecipato alla vita della casa, alle preghiere comuni, all’adorazione del Santissimo Sacramento che le Suore hanno quattro volte alla settimana, e durante la quale possono ricevere la S. Comunione. Qualche volta sono venuti i sacerdoti, nostri amici, e abbiamo potuto partecipare alla S. Messa.
La vita comunque ha i suoi lati anche meno gioiosi. Abbiamo dovuto lasciarci, dopo 15 anni di lavoro, con Baruti, il nostro autista, di cui ho scritto più volte. Negli ultimi anni purtroppo ha dimostrato la sua disonestà e ha dovuto lasciare il posto. Per ora, quando serve, Alessandro il quale ha promesso di rimanere qui per un anno fa l’autista. Alessandro è un italiano, ingegnere, ha 36 anni e da alcuni anni fa parte del Terz’ordine domenicano. È andato in Tanzania come volontario, ha lavorato per due anni all’ospedale di Itigi, e adesso sta da noi. È un uomo buono e nobile di spirito.
La casa di Mkiwa rimane la nostra casa prima e centrale. Qui continua ad abitare Sr. Rita, vigilando su tutto. Qui hanno luogo gli incontri più importanti, le celebrazioni religiose e la celebrazione degli anniversari. Lo stile di vita rimane veramente semplice e modesto, sia nell’alloggio che nel vitto. L’unico segno dei cambiamenti è l’elettricità “pubblica” che non proviene dal proprio trasformatore. Sebbene spesso manchi la luce, tuttavia è un bel passo in avanti nella civiltà. Abbiamo anche accesso all’internet attraverso un’antenna satellitare e la comunicazione tra le comunità tramite i cellulari. Ciò dà un grande senso di sicurezza e accorcia le distanze.
Sulla via del ritorno da Diagwa e da Singida abbiamo avuto un’avventura: abbiamo bucato una gomma della macchina. Si era ormai verso sera, eravamo lontani da casa e piuttosto preoccupati. Alessandro, molto velocemente ha montato la ruota di scorta, solo che purtroppo dopo alcune decine di metri, ci siamo accorti che quella ruota non era efficiente e non era possibile continuare il viaggio. Abbiamo fermato una macchina, i passeggeri della quale molto gentilmente hanno promesso di accompagnare Sr. Mary alla più vicina officina. L’hanno fatto, ma il gommista non aveva le gomme di scorta e ha promesso di raggiungerci. Sr. Mary è andata un’altra volta e con lei sono venuti due giovani, che erano in grado di riparare, però solo le gomme delle biciclette, invece, inesperti di quelle per le macchine, infatti non erano neppure capaci di togliere la gomma. Per fortuna siamo riuscite a telefonare all’ospedale di Itigi e gli autisti di là hanno portato la ruota di scorta. Prima delle ore 21.00 eravamo a casa.
A Mkiwa ci siamo fermate per una settimana, visitando però le case vicine. Già all’indomani ci siamo recati a Issuna. Anche qui abbiamo ricevuto un opportuno karibuni e abbiamo piantato degli alberelli. È la nostra “vecchia” casa, con la scuola di cucito che funziona da tre anni, con il pensionato per le alunne. La scuola si è già conquistata una buona fama, perciò anche gli alunni sono più numerosi. Nel periodo in cui siamo state lì non era possibile vedere la scuola in tutte le sue attività, poiché stava terminando l’anno scolastico e una parte della gioventù era già tornata a casa. La scuola lentamente si ingrandisce. È stato aggiunto un edificio, destinato come ostello per le alunne, e sul raccomandazione delle autorità scolastiche si è dovuto aggiungere ancora un’aula scolastica. Tutta la comunità delle Suore difatti è impegnata nella gestione della scuola. Nutriamo la speranza che tra poco verrà portata la luce elettrica agli edifici scolastici. I conoscenti di Alessandro in Italia, hanno raccolto una buona somma di denaro per l’acquisto di un trasformatore. Però non è risolto ancora il problema dell’acqua.
La visita successiva: l’abbiamo fatta alla comunità di Diagwa via Singida. Alla fine di dicembre del 2005, su richiesta del vescovo di Singida, abbiamo iniziato il lavoro qui. Dovremmo avere la casa e la scuola materna vicino al piccolo seminario in fase di costruzione. Il vescovo vorrebbe creare in questo modo un centro educativo per i ragazzi. Per ora abbiamo due modeste camere nei locali parrocchiali e una grande aula per 80 bambini della scuola materna. La località è grande, ha la sua parrocchia e il sacerdote presente sul posto, ma la strada per raggiungerla è abbastanza difficile. Può darsi che nel futuro le cose miglioreranno. Vi lavorano quattro Suore e guardando i loro volti, sembra che se la cavino bene. Abbiamo fiducia che in due o tre mesi potranno passare nella nuova casa. Il vescovo è molto contento delle Suore e l’unica preoccupazione è quella di aumentarne il numero…
Mercoledì, 8 novembre, da Mkiwi siamo andate a Itigi. Prima ci siamo dirette nella “vecchia” comunità che lavora all’ospedale della missione. La povera Sr. Incoronata, tornata domenica sera da Mkiwa, ha inciampato e si è fratturata una gamba. A causa dell’assenza del medico specialista non si poteva diagnosticare nulla, e la gamba era gonfia e dolente (al suo ritorno, il dottore le ha ordinato di portare l’ingessatura per 4 settimane). Siamo rimaste con le Suore per alcune ore. Abbiamo visitato l’ospedale e alcuni reparti dove lavorano le Suore. Attualmente sono cinque e lavorano nel servizio sanitario (un’infermiera) e in quello amministrativo. Ho avuto l’incontro con le Suore, e nel pomeriggio ci siamo trasferite nella nuova comunità: Itigi-Hostel. L’ostello era stato consegnato per l’uso nel novembre 2005. È destinato alle ragazze che studiano a Itigi, ci sono a disposizione 30 posti. Per ora vi abitano 13 ragazze e contiamo sul reclutamento nel nuovo anno scolastico, che inizierà a gennaio. Nell’ostello lavorano quattro Suore. La casa è quasi rifinita e sistemata. Anche qui ho avuto l’incontro con le Suore e il karibuni eseguito dalle ragazze, e inoltre abbiamo guardato con attenzione il terreno adiacente (anch’esso ormai sistemato).
Venerdì è arrivata a Mkiwa Sr. Incoronata, con la gamba malata, così abbiamo potuto dedicare il sabato alla riunione del consiglio del centro. Sr. Giulia invece si è recata ad Issuna, dove c’è stata la chiusura dell’anno scolastico, la distribuzione delle pagelle e il concorso di moda, preparato dai diplomati di quest’anno. Sr. Giulia come ospite d’onore, ha dovuto dunque prendere la parola e a nome della Congregazione, ha espresso la gioia per lo sviluppo della scuola.
L’ultima tappa del viaggio è iniziata la mattina presto del 15 novembre, ancora prima dell’alba. Per la strada abbiamo fatto una capatina di alcune ore a Sukamahela – il villaggio nel quale, da quattro anni, le Suore si prendono cura delle persone che sono state, nel passato, colpite dalla lebbra. Non è cambiato molto dalla mia visita precedente. Una delle Suore continua a lavorare nella scuola elementare, un’altra nella scuola materna, le due rimanenti hanno cura degli abitanti del villaggio e della cappella. La cappella appartiene alla parrocchia di Itigi, ma il sacerdote viene una volta ogni tanto a distanza di qualche settimana. Siamo arrivate abbastanza presto, ma siamo riuscite a realizzare tutto il programma (il karibuni, l’incontro con le Suore) e abbiamo avuto la possibilità di vedere le persone che vengono dalle Suore per ricevere aiuto. Naturalmente, la notizia del nostro arrivo si è diffusa velocemente e il cortile si è riempito di bambini.
Siamo ripartite per poter giungere prima di mezzogiorno a Dodoma, alla casa degli orfani dei genitori, morti di AIDS. Nella casa prevista per 20 bambini ce ne sono 36… Quasi tutte le camere e i posti, dove si può dormire, sono pieni. Grazie a Dio qui fa sempre caldo, anche troppo, e i bambini possono trascorrere la giornata fuori. La direttrice della casa è Sr. Modesta, che è stata in Europa, perciò alcune Suore nostre la conoscono. Tutta la comunità funziona bene. I bambini crescono e aumentano sempre di numero. Una parte frequenta ormai la scuola. La crescita dei bambini ci ha costretto a prendere la decisione di costruire in fretta un altro fabbricato gemello sullo stesso terreno (tali del resto erano i piani iniziali). La costruzione è finanziata dagli sponsors italiani e sta ormai per terminare. Questo ci permetterà la separazione dei ragazzi dalle ragazze. È stato acquistato un altro pezzo di terreno, per rendere possibile la sistemazione di un orto, poiché quello che c’era fin ad ora è servito alla costruzione. I bambini ci hanno stupito! Ci attendevano ben vestiti alla fine della strada, poi ci hanno accompagnato fino alla casa, hanno cantato molto bene il karibuni. Ci sono state anche le danze e l’orchestra con i tamburi fatti con i barili di olio diesel vuoti. Tutti i bambini erano gioiosi, fiduciosi, si sentivano veramente i padroni di casa. Abbiamo guardato con gioia anche i bambini da noi già conosciuti e ormai cresciuti di statura. La casa è mantenuta dalla cosiddetta adozione a distanza. Tutti i bambini hanno in Italia le famiglie che li adottano. Sr. Giulia era dunque occupata principalmente a fotografare i bambini, per mostrarli alle famiglie che vogliono vedere i loro figli adottivi. Dopo il pranzo solenne siamo partite per Morogoro.
A Morogoro abbiamo due comunità: una, dal 2002, presso la parrocchia di Santa Monica, la seconda, la nostra proprietà, sta sorgendo dalla parte opposta della città, nei pressi della nascente università cattolica. È una casa per 35 persone, costruita come la casa di studio per le nostre Suore e per altre persone, che nel futuro studieranno in quell’università.
L’ultimo viaggio lo abbiamo fatto a Kisawasawa, al sud di Morogoro, dove abbiamo visitato la parrocchia nella quale ci sta invitando il parroco del luogo. È un grande insediamento e di conseguenza una grande parrocchia. Lì dovremmo avere la scuola materna, l’ambulatorio (la gestione, dato che il personale ci sta già) e il lavoro in parrocchia. Forse le Suore si stabiliranno là, già all’inizio dell’anno solare.
Dopo questa visita siamo partiti per Dar es-Salaam, e da lì, nel pomeriggio della domenica 19 novembre, per il viaggio di ritorno a Kilimangiaro, Addis Abeba e a Roma.
Come vedete il centro della Tanzania fiorisce sia per le vocazioni che per le comunità. È davvero un dono di Dio. A volte abbiamo l’impressione che Dio ci porti per mano e scelga Lui stesso i luoghi e le persone, che diventano i suoi strumenti, aiutando le Suore perché possano rispondere a così numerose richieste di aiuto. Davvero grandi cose ci ha fatto il Signore e santo è il suo nome…
Carissime, mi attende la corrispondenza natalizia e altre cose ordinarie. Saluto cordialmente ciascuna di voi. Ricordiamoci a vicenda nella preghiera.
/-/ la madre